La
conclusione è stata degna di una tragedia classica, e il cast è di prim’ordine,
ma per il resto, la terza stagione di The White Lotus (HBO, Sky
Atlantic), sempre naturalmentre firmata da Mike White, è stata sottotono rispetto alle precedenti, pur comunque
appassionante.
Ci siamo
spostati in Thailandia e al resort vanno tre gruppi che seguiremo durante la
vacanza. Ci sono tre amiche dai tempi della scuola, Jaclyn Lemon (Michelle
Monaghan), che è diventata una famosa attrice e ha deciso di pagare l’esperienza
alle altre due, Laurie Duffy (Carrie Coon), avvocata a New York recentemente
divorziata, e Kate Bohr (Leslie Bibb), una texana conservatrice. Presto sono
attratte da Valentin (Arnas Fedaravicius), aiutante coach del benessere.
C’è la
famiglia Ratliff: padre Timothy (Jason Isaacs), un ricco uomo d’affari che sta
avendo gravi problemi finanziari di cui non vuole dire nulla agli altri, la
madre Victoria (Parker Posey) amante del lusso e perennemente impasticcata, e i
loro tre figli. Saxon (Patrick Schwarzenegger), il figlio maggiore che lavora con
il padre, sa di essere un ragazzo dalle attrattive non indifferenti ed è sicuro
di sé come seduttore. Piper (Sarah Catherine Hook) è stata la causa del loro
viaggio. Convertitasi al buddismo ha infatti detto di voler scrivere una tesi
di laurea intervistando un monaco locale, quando in realtà la sua intenzione è quella di trasferirsi per un anno a vivere in monastero e ha voluto cogliere
questa occasione per capire se possa andarle a genio; Lochlan (Sam Nivola) è il
figlio più giovane e un po’ timido a cui il fratello maggiore vuole insegnare
come far colpo sulle donne.
C’è poi
una coppia. Rick Hatchett (Walton Goggins), il cui obiettivo non è quello di
rilassarsi nel resort di proprietà dell’ex attrice e cantante Sritala (Lek
Patravadi) ma di affrontare l’anziano marito di lei e co-proprietario, Jim
Hollinger (Scott Glenn), che ritiene responsabile della morte del proprio padre,
ha portato con sè anche la ben più giovane fidanzata Chelsea (Aimee Lou Wood, Sex
Education) che, a dispetto della differenza di età, è genuinamente
innamorata di lui. In loco Rick contatta un vecchio amico, Frank (Sam
Rockwell).
In
trasferta per imparare in Thailandia dal direttore del centro di wellness
Pornchai (Dom Hetrakul) nuove tecniche di massaggio, c’è anche Belinda Lindsey (Natasha
Rothwell), che avevamo già conosciuto perché direttrice della spa del White
Lotus alle Hawaii, che viene poi raggiunta dal figlio Zion (Nicholas Duvernay).
Con sorpresa trova lì Gary (Jon Gries), che riconosce come il vedovo e lei
sospetta l’assassino di Tanya McQuoid con cui in passato era intenzionata a
mettersi in affari prima che quest’ultima si tirasse indietro. Lui, divenutone
l’erede, è ricchissimo e frequenta una giovane donna, Chloe (Charlotte Le Bon).
Al resort, sotto la direzione di Fabian (Christian Friedel) lavorano anche Mook
(Lalisa Manobal, a quanto pare una superstar nel suo Paese), coach del
benessere, e Gaitok (Tayme Thapthimthong), timida guardia di sicurezza che è
innamorato di lei.
SPOILER
PER LA TERZA STAGIONE
Il
percorso più affascinante e forse quello più affine a un tema conduttore di tutte
le stagioni della serie, ovvero quello che il denaro corrompe, è quello di
Belinda e di Piper, che arrivano a delle scelte diametralmente opposte a quelle
con cui hanno iniziato. Piper, che si era vantata di dare poco peso al denaro e
alle comodità, tutta protesa a una vita spirituale, ha conosciuto se stessa
meglio realizzando di essere molto più attaccata alla bella vita di quanto non
credesse; Belinda si considerava integerrima nel non sorvolare sul fatto che si
trova davanti un presunto assassino, anche di fronte alla più grossa somma di
denaro, salvo poi cedere invece e, cosa emotivamente ustionante, la vediamo
fare a Pornchai, con cui aveva fatto progetti di aprire un’attività, quello che
Tanya aveva fatto a lei, noncurante della sua situazione e dei suoi sentimenti.
Davvero caustico, graffiante, corrosivo. E per quest’ultima in particolare
davvero una corruzione dell’io che abbiamo visto sbriciolarsi più gradatamente,
memori anche del suo storico. In fondo, per motivi diversi anche Gaitok
tradisce se stesso, mite e non violento, per conquistare il cuore di Mook che
lo vuole più ambizioso e macho.
La
vicenda più piccante e chiacchierata, e godibile anche perché a tratti giocata
in termini umoristici, è stata quella di Saxon e il fratello Lochlan e il loro
rapporto incestuoso: Lochlan bacia il fratello (3.05) e poi successivamente
Saxon si rende conto con dei flashback di semi-lucidità che quest’ultimo lo ha
masturbato (3.06), e il suo imbarazzo e disgusto, sono stati fulcro di tanta
attenzione. Con il fatto che entrambi erano sotto l’effetto di sostanze in
quello che è partito come un ménage à trois con Chloe ha fatto sì che la
questione diventasse meno “problematica” di quanto non avrebbe potuto
diversamente essere, ma ugualmente è stata significativa, anche perché ha messo
in crisi la mascolinità performativa del fratello maggiore, rivelandone la
fragilità e rendendolo molto più umano e
di spessore di quanto non sembrasse inizialmente, indagando anche questioni di
potere e identità. I tre fratelli Ratliff, mostrati all’arrivo metaforicamente
come le tre scimmiette “non vedo, non sento, non parlo”, sono ri-mostrati come
trio al ritorno con un parallelo ma ben diverso aspetto.
Le tre
amiche, apparentemente legatissime ma poi pronte a sparlare l’una dell’altra
fra loro alla prima occasione in cui una si assenta, è stata una disamina
veritiera di alcune dinamiche femminili, ma concordo con chi ritiene che la
serie non si sia guadagnata attraverso una adeguata costruzione narrativa
quella che è la conclusione finale del loro rapporto, espressa in chiusura di
vacanza da Laurie, durante l’ultima cena al resort, anche se per me rimane vero
almeno per alcuni dei personaggi, e penso in particolare a Timothy, che ha
avuto pensieri intrusivi di suicidio per tutta la stagione. Vista anche
l’ambientazione, uno dei focus è stata la spiritualità. Che cosa ci fa andare
aventi e che cosa è qualcosa a cui ci aggrappiamo come se fosse una religione?
Per tutti i personaggi è qualcosa di diverso. Laurie in un breve monologo dice
che per lei questo qualcosa è stato il lavoro, poi ha creduto lo fosse l’amore,
che si è rivelata una religione dolorosa, successivamente ha sperato che a
salvarla fosse il diventare madre. Alla fine la sua illuminazione è stata
quella di non avere un sistema di credenze, ma si è resa conto – e questa è la
lezione morale ultima della stagione – che non ha bisogno di religione e di Dio
per dare un senso alla propria vita, perché è l’hic et nunc del tempo trascorso
con le persone a cui si vuole bene quello che dà senso, quello che conta.
Il marchio
di fabbrica del ritrovamento di un cadavere nella scene d'apertura, con la
soluzione riservata per la chiusura, rimane un espediente tensivo che funziona,
rinforzato da piccoli dettagli in corso di via che ti fanno immaginare ora
l’uno ora l’altro come possibile vittima. Questa eccitazione immaginativa
rimane un buon propulsore. Ammetto che è stata una delusione la variazione
della musica sui tableaux animati dei titoli di testa. Per il resto visivamente
la serie rimane uno spettacolo, e ti porta in vacanza, ma in quel senso non c’è
dubbio che la satira del capitalismo che mette in scena ̶ dei soldi che non ti rendono meno infelice,
dello stress che non ti fa mai staccare da una tecnologia che porta miseria,
degli eccessi che non riescono ad anestetizzarti, delle apparenze che
nascondono tensioni sommerse, del privilegio di gente che vede gli altri come
persone da fruttare a proprio vantaggio ̶ , riguardano gli americani, e americani in
vacanza appunto. I locali, nel senso delle persone del luogo, per quanto presenti, sono un pensiero
secondario. C’è stato tanto su cui
riflettere in ogni caso, anche sul potere corrosivo dei propri pensieri (penso
a Rick in particolare).
Già ci sono ipotesi su dove potrà essere ambientata la quarta stagione.