Black
Mirror, dopo una virata verso un Red Mirror (ne avevo parlato qui),
con la settimana stagione è tornata quella di prima, con mia soddisfazione. Gli
episodi sono tutti scritti da Charlie Brooker, in qualche caso accostato da
altri sceneggiatori. Tecnologia, vita digitale e intelligenze artificiali sono
perciò al centro delle vicende. Forse non dice nulla di particolarmente
originale, ma è una solida stagione. Segue un’analisi episodio per episodio.
ATTENZIONE
SPOILER
COMMON
PEOPLE – GENTE COMUNE
Tristissima
e graffiante, disperata e accusatoria, la prima delle nuove puntate, “Common
people” (7.01) è una caustica denuncia della mercificazione della salute e
della medicina che impone costi sanitari proibitivi alla gente che, persone
comuni appunto, non possono sostenerle se non rinunciando alla propria dignità
e umanità. Gli esseri umani non sono visti come tali, ma come abbonati di
servizi che ti succhiano sempre di più con la promessa di qualcosa di sempre
migliore, con il risultato di offrirtelo sì, ma di rovinarti la vita nel
frattempo. Siamo in un prossimo futuro in cui sono api robot ad impollinare i
fiori. Una giovane insegnante, Amanda (Rashida Jones), che con il marito Mike (Chris
O'Dowd), che lavora come saldatore, sta da tempo cercando di avere dei figli,
ha un malore ed entra in coma a causa di un tumore al cervello. Mike viene
approcciato da Gaynor (Tracee Ellis Ross) della Rivermind, che gli parla di una
nuova tecnologia capace di risanare la moglie. Clonano la parte del cervello
che poi le asportano, che viene rimpiazzata da tessuto sintetico. Dal back-up
del loro server, poi, ritrasmettono in modalità wireless i dati della funzione
cognitiva al cervello della donna, dietro pagamento di un canone mensile. La
copertura geografica è limitata e Amanda è costretta a dormire molto, ma il
marito si sobbarca volentieri turni extra di lavoro pur di tenere in vita la
moglie. A poco a poco, il piano della Rivermind ha delle funzioni sempre più
sofisticate a un prezzo sempre più alto a cui ci si può abbonare, diversamente,
Amanda si ritrova a pronunciare frasi pubblicitarie di cui non è consapevole
nel bel mezzo della conversazione, ad esempio promuovere una marca di cereali
al miele quando parla delle api ai propri studenti, o suggerire un lubrificante
mentre fa sesso col marito e altre cose ancora più problematiche, tanto che le
costano il lavoro. Ed è costretta a dormire sempre di più. Pur di far
sopravvivere la moglie, Mike fa ogni tipo di lavoro e comincia a far soldi un
Internet prestandosi alle sfide più umilianti (tipo bere la propria urina,
usare una trappola per topi sulla propria lingua o togliersi un dente in
diretta). La situazione diventa sempre più insostenibile: per avere un figlio
dovrebbero pagare una cifra ulteriore. Un anno dopo sono allo stremo: Mike, su
richiesta della moglie, la soffoca con un cuscino mentre lei promuove
l’ennesimo prodotto. La denuncia di un mondo che dà un prezzo ad ogni cosa, di
come questo diventi sempre più alto e insostenibile dalla gente comune non
potrebbe essere più esplicito e tagliente.
BÊTE NOIRE – BESTIA NERA
Una
brillante creatrice di nuovi cibi al cioccolato, Maria (Siena Kelly), si vede
assumere nella sua azienda una vecchia compagna di scuola, Verity (Rosy McEwen),
che lei ricorda come una tipa strana, una nerd del computer che veniva
pesantemente bullizzata e isolata. All’improvviso Maria inizia a notare che
nella sua vita ci sono piccoli eventi che sono diversi da come lei li
ricordava, anche se avrebbe giurato di che la sua versione fosse quella
corretta e di avere ragione. Ad esempio era convinta di aver mandato una mail
con una specifica indicazione e non era così, o ricorda il nome di un locale
con una lettera diversa…La situazione peggiora e lei si rende conto che dietro
c’è Verity, che vuole vendicarsi degli abusi subiti da ragazza, finché non
scopre che lei riesce a cambiare la realtà attraverso una serie di computer collegati a un suo
pendente, sintonizzando le frequenze a una delle realtà parallele in cui quei
che lei dice è sempre stato vero. In questo modo la realtà è qualunque cosa lei
voglia. L’episodio, pur con il suo fascino e la sua inquietudine nel mostrare
qualcuno la cui realtà e verità cambiano in modo non riconoscibile, alla “Ai
confini della Realtà”, minando le certezze sulla propria sanità mentale, è la
più irreale delle puntate, soprattutto nelle estreme conseguenze in cui la si
vede arrivare, tuttavia riflette sulla manipolazione delle informazioni, poiché
ci si trova in una sorta di deep fake portato alle estreme conseguenze, oltre
che su come le cattiverie e le maldicenze che si è costretti a subire non te le
scrolli di dosso facilmente rimangono anche se diventi “imperatrice
dell’universo”.
HOTEL
REVERIE (titolo invariato in italiano)
Un’attrice
di successo che ama i vecchi film che le fanno sognare l’amore, Brandy Friday
(Issa Ray), accetta di partecipare a un remake di un grande classico romantico che
adora, “Hotel Reverie”, non sapendo esattamente a che cosa va incontro, nel
ruolo della protagonista che nell’originale era un uomo. Quello che rende
speciale la produzione è che le riprese non sono tradizionali, ma immergono la
sua coscienza in una quinta dimensione facendo sì che le sue sinapsi di
interfaccino con la storia che per i personaggi del film è una realtà vera e
l’unica che conoscono. Inizialmente tutto procede per il meglio, finché una
serie di incidenti di percorso non la costringono ad andare fuori copione e a
rivelare la situazione alla protagonista femminile della storia, Dorothy (Emma
Corrin), con cui vive un’autentica storia d’amore. Se non chiude però con le
battute finali del copione originario, lei rischia di rimanere intrappolata
della realtà della pellicola per sempre. La puntata, malinconica e delicata e
con una certa tensione, riflette su un tema che già in passato è stato trattato
dalla fantascienza (penso ad esempio a Star Trek: TNG) ovvero quello della
possibilità di una coscienza dei personaggi di finzione, confinati dalla storia
in un ruolo ma passibili di una propria identità, e della possibilità che una
simile situazione si verifichi ora che abbiamo l’intelligenza artificiale.
PLAYTHING
– COME UN GIOCATTOLO
Un
talentuoso ma timido recensore di videogiochi, Cameron Walker (Lewis Gribben)
sottrae l’ultimo progetto di un famoso ideatore (Will Poulter, The Bear)
di nuovi games, dal titolo “Thronglet”. Da anziano (Peter Capaldi) viene
arrestato, o meglio fa in modo di farsi arrestare, come presto si scopre, e
racconta la sua storia a un poliziotto e una psicologa che lo interrogano
rispetto all’omicidio di un uomo di cui non conoscono l’identità che è stato
trovato a pezzi in una valigia. Spiega così di aver sviluppato un profondo
legame con le creature digitali del videogioco, con cui riusciva a comunicare
grazie all’utilizzo di droghe che il defunto gli procurava. Quando questi le
aveva uccise per puro divertimento, lui che curava amorevolmente queste
creature, per le quali si era anche fatto impiantare nel cranio una porta cerebrale per ospitarli dentro di sé, aveva
reagito con violenza uccidendolo. Il suo obiettivo di farsi arrestare ora, era
di permettere ai Thronglets di prendere il controllo del server centrale del
governo attraverso le telecamere di sicurezza e riprogrammare la mente umana.
La puntata, in cui si possono leggere dei riferimenti biblici (la mela del
paradiso terrestre, Caino e Abele), indaga la violenza dell’umanità come
specie, e anche in questa prospettiva ci si interroga sull’apprendimento delle
intelligenze artificiali. Il protagonista sviluppa una coesistenza simbiotica
con degli esserini digitali, che imparano tutto da lui e da quello che lui
immette loro. Mimano il comportamento sociale umano. Se vedono violenza,
imparano violenza. Che cosa stiamo insegnando alle intelligenze artificiali con
cui noi interagiamo ogni giorno?
EULOGY (titolo invariato in italiano)
Un uomo
maturo, Philip (Paul Giamatti) viene a sapere della morte di un suo vecchio
amore, Carol, una donna con cui ha perso i contatti da tempo e che da ragazzo
lo ha fatto molto soffrire, quando viene contattato da Eulogy, una compagnia
che realizza dei funerali di esperienza immersiva, grazie alla condivisione dei
ricordi delle persone che avevano conosciuto la defunta in vita. Lui ha fatto
di tutto per dimenticare, compreso eliminare il volto dell’amata da tutte le
foto che li ritraevano insieme. Grazie all’aiuto di un avatar, The Guide (Patsy
Ferran, Miss Austen), cerca di ricostruire quella parte del proprio
passato, ripercorre quando era accaduto finendo anche per rileggere gli eventi
in una nuova luce. Nel più lirico e nostalgico degli episodi di questa
stagione, si affronta il tema della memoria, del valore dell’essere ricordati e
di quello che ci spinge a conservare le nostre tracce mnestiche o a volerle
cancellare, sulla necessità o meno di dimenticare, sul valore delle foto per
come riportano in vita sentimenti ed esperienze passate e di come
ricostruiscono per noi realtà lontane, sulla possibilità di riesaminare il
passato con occhi nuovi, propri e di altri, e sull’appropriatezza di condividere
aspetti della vita più o meno privati. Una puntata delicata, eppure incisiva,
fatta anche di rimpianti. E poi, più che dalla puntata da un evento che troppo
spesso si verifica nella vita reale, un monito: assicuriamoci che i messaggi
rilevanti di vita che siamo convinti di aver trasmesso a qualcuno, siano davvero
stati ricevuti – anche se non c’entra, come ho ripensato alla vita reale di
William Howell Masters a questo proposito (che si era dichiarato al suo grande
amore, si era creduto respinto quando lei in realtà non aveva mai ricevuto il
suo messaggio).
USS
CALLISTER: INTO INFINITY - USS CALLISTER: INFINITY
Sequel dell’episodio della quarta stagione USS Callister, che partiva da una rivisitazione parodistica di Star Trek, questo “Into Infinity” vede l’equipaggio della USS Callister intrappolato nel videogioco Infinity. Per sopravvivere, guidati da Nan (clone di Nanette) Cole (Cristin Milioti), vivono come pirati digitali che rubano ai milioni di utenti della vita reale il necessario per non essere cancellati. Per loro non è una vita virtuale da cui possono staccarsi a piacimento, è la vita reale. Per sfuggire da questa situazione intendono anche hackerare i server per ottenere uno spazio tutto loro. Attraverso Walt, il clone rigenerato del CEO James Walton (Jimmi Simpson), che scoprono essere vivo, e che nella sua controparte reale vuole in realtà eliminarli, vogliono raggiungere il cuore di Infinity dove chiedono alla versione digitale dell’ideatore del gioco Robert Daly (Jesse Plemons), morto nella vita reale, di fondere le loro coscienze con quelle del loro mondo reale. Lui, pur vedendosi come un eroe, è uno psicotico disperato di contatti che cerca di ottenere con la forza quando viene respinto. Aveva creato cloni digitali senzienti di persone reali, una tecnologia in sé fuorilegge, con l’obiettivo di abusare di loro. Messa alle strette dall’ennesimo tentativo di abuso, per salvarsi la vita, Nan lo uccide e si attiva l’autodistruzione del gioco, ma non prima che i suoi compagni siano stati copiati nella sua testa. Ricca di suspense e colpi di scena l’episodio si apre anche alla possibilità di un ulteriore sequel, esamina un tema caro a questa stagione che è quello della identità e della coscienza delle creature virtuali, ponendosi interrogativi etici sulla natura della vita digitale e sulle sue potenziali conseguenze, compreso il diritto alla vita della creature virtuali. Come ben argomentato su Nocturno in un notevole pezzo, si affrontano anche i temi della depressione, dell’isolamento, della misoginia e della cultura incel.