domenica 18 giugno 2023

THE POWER: ragazze elettriche

Premetto che ho letto, e mi è piaciuto molto, il libro The Power – Ragazze Elettriche di Naomi Alderman, da cui è tratta l’omonima serie TV di Amazon Prime, in cui all’improvviso tutte le ragazze adolescenti del mondo sviluppano un nuovo organo chiamato skein in originale, e anche EOD (Electric Organ Discharge), alle clavicole che permette loro, un po’ come le anguille, di rilasciare scariche elettriche a piacimento attraverso la punta delle dita. Acquisiscono perciò un grande potere che possono trasferire anche ad altre donne già più mature. Ricordo poco della lettura, che aveva riscosso notevole successo negli Stati Uniti e poco in Italia ma, rilevante ai fini della serie sviluppata dalla stessa Alderman insieme a Raelle Tucker, Sarah Quintrell e Claire Wilson, perché la questione è identica, è che lì dove il libro non è piaciuto la critica più comune era che le donne alla fine, ottenuto il potere, si comportavano come e peggio degli uomini. Non vedo perché dovrebbe essere diverso, le donne sono persone come gli uomini, ma secondo me è un’interpretazione fuorviante nel senso che la conclusione da trarre per me non è “le donne al potere sono come gli uomini”, ma “gli uomini si comportano così ora, non in un ipotetico mondo distopico”: il romanzo, e ora la serie, in linea di massima ci mostra la realtà, solo cambiando il genere sessuale di chi ha il potere. Ci ricorda di continuo che la realtà è una società patriarcale che troppo spesso fa sentire le donne insignificanti e in pericolo.

“Non avevamo mai osato immaginarlo. Un mondo che era stato creato per noi. Dove eravamo noi a dettare le regole. Dove potevamo prendere quello che volevamo. Un mondo dove Dio aveva le nostre sembianze. Dove non avevamo paura. Dove eravamo noi quelle da temere. Quel mondo era sempre stato a portata di mano per tutto questo tempo. Non dovevamo far altro che bruciare il mondo che conoscevamo”. (1.01 – traduzione mia dalla versione originale in cui l’ho guardato. Quella ufficiale potrebbe essere diversa).

Jos Cleary-Lopez (Auliʻi Cravalho, che è la voce della protagonista nel film della Disney Oceania nella sua versione originale), una delle prima a sviluppare questo potere, è la figlia della sindaca di Seattle, Margot (Toni Collette), che presto farà campagna elettorale proprio sul tema dell’EOD, contro Daniel Dandon (Josh Charles, The Good Wife), governatore dello Stato suo rivale, ed è uno dei maggiori fulcri attraverso cui si costruisce la narrazione. È sposata con il dottor Rob (John Leguizamo) che ne ha sempre sostenuto la carriera e le ambizioni. Oltre a Jos, la coppia ha due figli, una bambina, Izzy (Pietra Castro) e un ragazzo adolescente, Matt (Gerrison Machado), che sente la propria mascolinità molto minacciata dallo sviluppo di questo potere da parte delle donne, tanto da sostenere frange estremiste misogine. Ryan (Nico Hiraga), il ragazzo di Jos, pure rivelerà un inaspettato lato di sé.

Roxy Monke (Ria Zmitrowicz) è la figlia illegittima di un ganster, Bernie (Eddie Marsan). Dopo che la madre viene assassinata, lei segue le orme del padre, di cui diventa l’enforcer grazie al proprio potere, nonostante questo non stia troppo bene al fratello maggiore Ricky (Jacob Fortune-Lloyd). Allie (Halle Bush), una giovane donna che sente le voci che attribuisce alla Dea e che in seguito si fa chiamare Eve, grazie alla nuova capacità uccide il padre adottivo che abusava di lei e scappa rifugiandosi in un convento per ragazze che non hanno altrove dove andare. Ad accoglierla è sorella Maria Ignacia (Daniela Vega), suora transgender che a sua volta era stata accolta da Sorella Veronica (Emily Kuroda), madre superiora scomunicata delle Sorelle di Cristo. Tatiana Moskalev (Zrinka Cvitešić), ex-ginnasta e moglie del presidente moldavo, riesce ad avere il potere per trasmissione, e si trova in contrapposizione alla leader di un gruppo di ribelli, Zoia (Ana Ularu), che altri non è se non sua sorella. Tunde (Toheeb Jimoh, Ted Lasso) è un videogiornalista nigeriano che, dopo che l’amica Ndudi (Heather Agyepong) rimane coinvolta in un incidente “elettrico”, decide di lavorare raccontando il mondo che cambia a seguito di questo evento.

“Ogni rivoluzione comincia con una scintilla” (1.01). Sentire Jos che racconta di essersi trovata per caso, per aver perso la cognizione del tempo, fuori di notte da sola, e di non aver avuto paura (1.05), da donna è stato davvero, oso dirlo, elettrizzante. Pensa davvero poter vivere in un mondo in cui non hai paura ad usciere di notte da sola, mi sono detta: che sogno. Questo la serie riesce a fare, che ha di entusiasmante: immaginare un mondo in cui non si viene prevaricate per essere donne e questa è la parte positiva e propositiva, che ricorre attraverso le parole di Tunde che da uomo assiste al riscatto di donne oppresse che si liberano. Un'ondata di manifestanti femmine in Arabia Saudita passa davanti a soldati maschi terrorizzati, un gruppo di schiave del sesso riesce finalmente a fuggire e a correre fuori verso la libertà… Parte della visione utopistica rappresentata viene dal fatto che giovani che hanno questa dote – possiamo vederla come una acquisita consapevolezza, in termini allegorici – la possono trasferire alle più mature. Oltre alla riflessione sul potere e le sue dinamiche, evidentemente, c’è la constatazione di come effettivamente la forza fisica definisca chi può dettare le regole nella società, c’è la metafora narrativa della autodeterminazione, dell’autonomia decisionale e dei limiti al corpo delle donne, dove la proposta rimozione dell’EOD si presta come facile metafora per l’aborto e la contraccezione.

La parte più difficile da digerire è vedere sia la legittima paura nel volto maschile, che è specchio della paura delle donne nella realtà, che la fragilità degli uomini che si sentono intimoriti dall’idea che qualcun altro abbia per una volta quello che loro hanno sempre avuto, amplificazione di quello che succede costantemente nel quotidiano di maschi che si ribellano ogni volta che qualcun altro che non è loro rivendica un ruolo paritario, come se “passare il microfono”, come si dice, come se dare voce ad altri (minoranze sul palcoscenico sociale di ogni genere) minacciasse il loro primato. Questo la serie lo mette in scena molto adeguatamente. Lascia anche a disagio vedere quelle situazioni in cui le donne prevaricano gli uomini con stilemi classici che gli uomini usano costantemente con le donne (come non sussultare quando si vede Roxy che chiede a un uomo grande e grosso di sorridere?). Notevole anche che si intersechino questioni di genere non limitandosi alla binarietà, ma con personaggi trans e intersex, anche se per ora sono per la gran parte visti in prospettiva cisgender, molto poco dalla loro.

Che la serie sia rilevante e ben costruita è indubbio – e almeno durante questa prima stagione, le storie sono in gran parte scollegate - ma non riesce ad avere quella eleganza di “The Handmaid’s Tale” (nonostante qualche tocco ben riuscito come l’immagine di Eve stile “Ultima Cena” di Leonardo) o quella imprescindibilità di visione che la renderebbe più appetibile. Poi, ammetto che come sempre in queste situazioni mi chiedo: quanti uomini la guarderanno? Se è in parte inevitabile che si crei una “guerra fra sessi”, non c’è niente di più distruttivo, tanto più se la si legge come una interpretazione del presente e vorrei assistere almeno a uno sforzo nel costruire un’alternativa che non veda il più forte prevaricare il più debole. Usare violenza o meno è una scelta, e su questo riflette anche la serie, e parte del processo educativo di sé stessi è saperla usare o trattenersi dal farlo (in questo senso c’è un bel colpo di scena nella season finale dal quale ci si domanda come si possa uscirne). Non credo che la finzione debba per forza avere un mandato educativo, ma certo non può sfuggire alla riflessione l’interrogarsi su possibili alternative costruttive. Dopotutto, come ben si intende, il futuro è nelle nostre mani.

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