venerdì 27 febbraio 2015

Ci lascia Leonard Nimoy: RIP

 
È mancato oggi, a 83 anni, l’attore Leonard Nimoy, che interpretava il signor Spock nello Star Trek originario.
È stato, ed è, una vera icona della televisione. Io ho un passato da trekkie sfegatata e questa è sicuramente una morte che mi addolora. RIP.
Ai suoi fan, una sua frase classica: “vita lunga e prospera”.

martedì 24 febbraio 2015

SATISFACTION: mi ha soddisfatta

 
“Il sesso non è il vero barometro di un matrimonio, la conversazione lo è.” (1.06); “Siamo soli nella vita: l’amore, il matrimonio…è solo una distrazione” (1.06). Questo paio di citazioni, tratte dalla serie Satisfaction, rendono bene qual è il fulcro di interesse della serie: il senso e il ruolo delle relazioni sentimentali nella propria realizzazione personale, la comprensione di che cosa ci dà soddisfazione nella vita e nei rapporti umani, e la ricerca di che cosa realmente vogliamo. Come esplicitano sul sito ufficiale della serie, la domanda che si pongono è: che cosa fai quando avere tutto non è abbastanza? La canzone della sigla d’apertura è la notissima “(I Can Get No) Satisfaction”.  Si risponde attraverso gli accadimenti, attraverso espliciti scambi verbali in proposito, e attraverso conversazioni che il protagonista principale ha con un monaco buddista con cui si confida per avere una guida spirituale.
Neil Truman (Matt Passmore) scopre un giorno per caso che la moglie Grace (Stephanie Szostak) paga uno gigolò, Simon (Blair Redford, Switched at Birth, The Lying Game), per andare a letto con lei. Va in crisi, e all’insaputa della moglie, lo diventa lui stesso, lavorando part-time per Adrianna (Katherine LaNasa), una madame che gestisce un giro di escort maschi.  Neil in questo modo cerca di capire sia se stesso che le esigenze della moglie, perché ci tiene a mantenere e preservare il matrimonio, rendendolo felice. La figlia adolescente della coppia intanto, Anika (Michelle DeShon), sogna una carriera come cantautrice, e certe volte trova più facile confidarsi con la zia Stephanie (Deanna Russo) che con la madre.
Ad eccezione del pilot, la titolazione delle singole puntate comincia regolarmente con tre puntini di sospensione. Idealmente seguono il titolo del programma per poi continuarlo. Soddisfazione… attraverso l’ammissione (1.02), attraverso la competizione (1.03) attraverso la scoperta di sé (1.04), attraverso la partnership (1.05), e via dicendo.
Difficilmente vedremo questo drama ideato da Sean Jablonski sulle passerelle delle premiazioni – potrebbero esserci più chiaroscuri, la recitazione pur buona potrebbe essere più memorabile, le ambiguità relazionali potrebbero essere più marcate, i dialoghi più pregnanti… - ma nondimeno ha una sua dignitosa solidità e una certa schietta onestà nel trattare l’argomento del titolo. E le 10 puntate che hanno debuttato lo scorso luglio sull’americana USA Network affrontano un tema poco battuto, portando una cerca ventata di novità.
Posso dirlo, mi ha soddisfatta, e a sufficienza da proseguire a seguirlo nella seconda stagione. 

venerdì 13 febbraio 2015

GALAVANT: esilarante e un po' scemo

 
Il mio approccio a Galavant è stato più o meno di questo tipo: minuto zero - un musical medievale, speriamo non sia troppo pesante, ma guardiamolo, che così almeno se è un trippone lagnoso lo tiro via dall'elenco delle cose da guardare. Minuto due - sembra buffo. Minuto quattro - colpo di scena, chi se lo sarebbe aspettato? Minuto otto - che ridere, è troppo divertente. Lo guardo di sicuro tutto. Minuto dodici - è fantastico, voglio già rivederlo, e non intendo un'altra puntata, ma proprio questa stessa. Sono conquistata. Minuto venti - ah cavoli, la cosa si fa pure intrigosa. Non vedo l’ora di seguire la prossima puntata.
Ideato da Dan Fogelman, e con le canzoni del compositore Alan Menken e del librettista Glenn Slater, Galavant è appunto un musical sull’omonimo eroe, detto Gal (Joshua Sasse) che, deluso in amore quando la sua amata Madalena (Mallory Jansen) per ragioni di fortune economiche gli preferisce re Richard (Timothy Omudson), si lascia andare. Finché non entra in scena la principessa Isabella di Valencia (Karen David) che si rivolge a lui chiedendogli un aiuto che non vuole dare e che solo una menzogna lo convince a prestare. E lui si mette all’opera, affiancato dallo scudiero Sid (Luke Youngblood).
Un po’ storia Disney, un po’, come ha detto TV Guide, un amalgama di tono e genere fra The Princess Bride, i Monty Pyphon e Once Upon a Time - C’era una volta, questa favola comico-musicale della ABC ha amore, avventura, e divertimento. Anche i personaggi minori, come il cuoco (Darren Evans),  sono uno spasso, e non mancano guest star d’eccezione (John Stamos è un cavaliere che sfida Galavant, Ricky Gervais è il Mago Xanax, Hugh Bonneville un pirata, Anthony Stweart Head il padre del protagonista, Sophie McShera è Gwynne, la domestica di cui è innamorato Chef…). Riesce a mescolare bene humor a tenerezza, e in questo fa davvero faville il regnante in carica, insieme alla sua guardia del corpo numero uno, Gareth (Vinnie Jones). Anche la morale, con un cavaliere che non deve nascondere i propri sentimenti per essere un vero eroe, è apprezzabile e un gradito aggiornamento rispetto ai mores del passato.  
Nei testi della canzoni si son fatti riferimenti meta-testuali, compreso l’ammettere che se torneranno per una seconda stagione (la prima è andata in onda per 8 puntate sulla ABC) dipenderà dagli ascolti. Che dire, speriamo. Autoconsapevole e autoironico, è un po’ scemo a tratti, ma conscio di essere scemo e deliziato dell’essere scemo.
Sotto il video ufficiale che dà inizio alle vicende (non mi odiate se non riuscirete più a togliervelo dalle orecchie). 

lunedì 9 febbraio 2015

GIRLFRIENDS' GUIDE TO DIVORCE e TOGETHERNESS: colpevoli di spreco


 
Girlfriends’s Guide to Divorce (le due foto sopra, puntata 1.04) e Togetherness (le due foto sotto, puntata 1.02), ripetete con me: è immorale buttare via cibo perfettamente commestibile, senza una reale ragione che ne giustifichi lo spreco. Essere arrabbiati (caso uno) o volersi mettere a dieta (caso due) non si qualificano minimamente come tali.  
Questo malcostume, per non dire di peggio, segnalato da me anche in altre occasioni (ad esempio qui, in Homeland), continua.


venerdì 6 febbraio 2015

DOMINION: fragile


Le recensioni erano negative e, forse per le basse aspettative, mi aveva favorevolmente colpito il pilot di Dominion, che poi invece ha deluso, nella prima stagione di soli otto episodi a cui comunque farà seguito una seconda. 
Basata sul film del 2010 Legion, e ideata da Vaun Wilmott, questa serie apocalittico-sovrannaturale ha una premessa intrigante: Dio scompare e la colpa viene data agli esseri umani che lo hanno deluso. Gli angeli, di vario livello, si dividono in due fazioni: quella guidata da l’Arcangelo Michele(Tom Wisdom)  è a favore dell’umanità; quella che segue l’Arcangelo Gabriele (Carl Beukes) invece vuole distruggerla per punirla. A Vega però (un tempo Las Vegas), una delle poche città sopravvissute e ora fortificate, vive il prescelto, il sergente Alex Lannon (Christopher Egan), che ha sul corpo dei tatuaggi che solo lui riesce a leggere con impresse le “parole del Padre” che dovrebbero portare l’umanità alla salvezza. Parallelamente alla battaglia fra le due fazioni, c’è anche un’intensa attività politica a capo della città, che vede come figure di spicco il generale Edward Riesen (Alan Dale, The OC, Lost) e il console David Whele (Anthony Head, Buffy), scaltro amministratore . Il primo è Lord della città e suo comandante militare, nonché padre di Claire (Roxanne McKee), insegnante e sua erede politica, innamorata, ricambiata, del “prescelto”. Il secondo è un potente senatore il cui figlio, William (Luke Allen Gale), promesso e poi sposo di Claire, è il leader spirituale della Chiesa del Salvatore, ma segretamente un accolito dell’Arcangelo Gabriele.   
Il reticolato di base, abbastanza complesso, non regge a causa di una recitazione fiacca, ad esclusione dei due anziani politici – Head e Dale sono sempre convincenti. Il prescelto in particolare manca di carisma, e non si capisce davvero perché lo abbiamo selezionato per il ruolo, se non per il fatto che aveva avuto un ruolo relativamente similare nel rimpianto Kings, dove pure era l’anello debole. Spunti interessanti ce ne sono anche: gli angeli come forze oscure, ad esempio, o il rapporto con il “padre”, tema pregnante della serie, con Dio padre che abbandona l’umanità e il prescelto che è stato abbandonato da suo padre e lui stesso che in finale di stagione (1.08) si vede costretto ad abbandonare il proprio figlio non ancora nato… La sceneggiatura però è fragile e i dialoghi completamente dimenticabili per cui la portata dell’idea, potenzialmente potente, non ne viene sorretta.