lunedì 30 gennaio 2012

SAG AWARDS: i vincitori

Sono stati consegnati ieri gli Screen Actors Guild Awards 2012, ovvero i premi dati dagli attori iscritti al sindacato che li rappresenta - ovvero tutti, perché diversamente non possono lavorare - ai propri pari.  Di seguito trovate la lista dei vincitori relativa alla sezione della televisione:
Miglior ensemble in un drama : Boardwalk Empire
Miglior ensemble in una comedy: Modern Family
Miglior attore in un drama: Steve Buscemi, Boardwalk Empire
Miglior attrice in un drama:  Jessica Lange, American Horror Story
Miglior attore in una comedy: Alec Baldwin, 30 Rock
Miglior attrice in una comedy: Betty White, Hot in Cleveland
Miglior attrice in un film per la TV o miniserie: Kate Winslet, Mildred Pierce
Miglior attore in un film per la TV o miniserie: Paul Giamatti, Too Big to Fail

Premio alla carriera (lifetime achievement):  Mary Tyler Moore


Per la completa lista dei vincitori, rispetto anche al cinema, si veda qui.

domenica 29 gennaio 2012

PLUSHENKO e KOSTNER vincono gli europei di pattinaggio di figura su ghiaccio


Ieri Evgeni Plushenko (per la settima volta) e Carolina Kostner hanno vinto, rispettivamente nella categoria maschile e femminile, il titolo europeo di pattinaggio artistico.  Sotto le loro esibizioni nel programma libero, da una televisione russa. 




giovedì 26 gennaio 2012

ALCATRAZ: sentenza sospesa


Alcatraz è, come è ben noto, l’isoletta di fronte a San Francisco nota come The Rock, nonché la famosa prigione da cui nessuno è mai evaso. “Il 21 marzo 1963 Alcatraz è stata ufficialmente chiusa. Tutti i prigionieri sono stati trasferiti fuori dall’isola. Solo, questo non è quello che è successo. Per nulla”. Così dice la sigla del nuovo telefilm Alcatraz – dal 16 gennaio su Fox negli USA e dal 30 gennaio su Fox in Italia – pompatissima produzione di J.J. Abrams (Felicity, Alias, Lost, Fringe, Person of Interest), qui pure autore del tema musicale, ideata da Elizabeth Sarnoff (Lost), Steven Lilien e Bryan Wynbrandt.
A pronunciare quella frase (nella mia traduzione), è l’agente federale Emerson Hauser (Sam Neill) che, spoiler, a quell’epoca era un secondino della prigione e ha visto che cosa è successo veramente: tutti i carcerati sono inspiegabilmente scomparsi. Ora ricompaiono, nemmeno invecchiati di un giorno, e pronti a saldare qualche vecchio conto e ad ammazzare a destra e a manca secondo un piano misterioso che Hauser ha intenzione di scoprire. Cerca perciò di catturarli e di riportarli in un Alcatraz dotato di tecnologie allo stato dell’arte costruito sotto la vecchia prigione. Nel farlo si avvale dell’aiuto primario di una poliziotta, Rebecca Madsen (Sarah Jones), cresciuta dopo la morte dei genitori dallo zio Ray (Robert Forster), ex-guardia di Alcatraz, e dal dottor Diego Soto (“coso”, Jorge  Garcia, Lost), proprietario di un negozio di fumetti di cui è un gran fan e autore di un libro sul carcere e la sua storia, su cui un grande esperto. Entrambi devono lavorare sotto segretezza. Hauser si avvale anche di un tecnico di laboratorio, Lucy Banerjee (Parminder Nagra), che ci riserva presto un colpo di scena (1.02).
La trama si muove su due binari, il presente con il ritorno di questi prigionieri e le loro azioni criminali e il tentativo dei “nostri eroi” di catturarli, e il passato, con  flashback alla Lost al 1963 e al 1960 (per ora) in cui vengono ricostruite le loro vicende, prevalentemente all’interno della prigione e con il direttore Edwin James (Jonny Coyne) e la guardia EB Tiller (Jason Butler Harner). I passaggi di tempo vengono “annunciati” dal rapido, quasi sfocato, movimento delle sbarre che vengono fatte scorrere come a chiudersi. Di Lost si sentono anche gli echi nella musica (non per niente fra i compositori c’è Michael Giacchino) e nell’attenzione ai numeri. Nel pilot il primo carcerato a ricomparire è Jack Sylvane (Jeffrey Pierce) – prigioniero numero 2024: ad un certo punto infila una chiave in un armadietto e la telecamera è ben attenta a farci notare che c’è stampigliato sopra un numero otto, ad esempio.
Per il resto, per ovvie ragioni la mente corre alle fiction carcerarie (Prison Break, Oz) e a me ha rimandato echi di Persone Sconosciute - Persons Unknown con qualche sfumatura de Il Prigioniero, anche se quello che la serie ricorda in maniera più diretta è Fringe. Alla stessa maniera infatti ha un “caso della settimana” autoconclusivo, e una mitologia di tipo cervellotico-fantascientifico che si costruisce sull’arco, il primo destinato ad attrarre il più ampio pubblico possibile, il secondo destinato ai fan accaniti. Purtroppo almeno al debutto mostra anche le stesse debolezze di Fringe, che per una buona metà della prima stagione è sembrato una cretinata, salvo poi acquisire una sua brillante e coinvolgente identità in seguito, quando si è concentrato sulla storia continuata.  Qui è lo stesso, e il giudizio rimane un po’ sospeso, anche perché non aiutano situazioni un po’ trite, personaggi piatti e dialogo non certo memorabile. La critica nella media è stata tiepida, con anche qualche feroce stroncatura – una per tutti quella di Marco Goi su Pensieri Cannibali – ma, forse per le basse aspettative nonostante la forte promozione, il debutto non mi è dispiaciuto. Come per Fringe, penso serva più tempo per vedere come sviluppa il potenziale che decisamente c’è.
Sotto, un promo.

martedì 24 gennaio 2012

SENTIERI a rischio di cancellazione su Rete4



Per ora si tratta solo di una voce, ma una di quelle che potrebbero presto essere confermate: Rete4 avrebbe intenzione di cancellare la messa in onda di Sentieri, perché l’acquisto sarebbe diventato troppo oneroso. E i fan stanno insorgendo e un blog dedicato alla storica soap opera, lo Springfield Journal Blog, ha lanciato una specie di campagna, con tanto di spot caricati su YouTube (uno anche con la voce di Lella Costa, doppiatrice del personaggio di Reva, sotto), invitando i fan a scrivere alla rete televisiva per continuare la messa in onda fino all’ultima puntata.

Guiding Light negli Stati Uniti ha chiuso i battenti nel 2009 il che significa che c’è una fine e per l’Italia sarebbe fra circa 700 puntate. Essendo che va in onda da una trentina d’anni, avendo debuttato su Canale5 in quella che allora era la Fininvest, sembra un vero tradimento degli spettatori non mandare in onda le puntate fino in ultimo quando ne mancano in fondo ancora così poche. GL, come è sinteticamente chiamata, non è mai stata trattata troppo bene, negli anni. Le puntate a volte erano di pochi minuti, a volte di più di un’ora, presentate in modo davvero disfunzionale. Una caratteristica del genere è finire con un colpo di scena sospeso che viene ripreso all’inizio della puntata successiva (alla Omero-maniera). Talvolta dopo la fine si attaccava l’inizio della puntata successiva per poi troncare lì, con il risultato di avere in pratica due scene doppione appiccicate e riprendere senza un vero collegamento poi: osceno. Cancellarla dal palinsesto sarebbe un’ennesima mancanza di rispetto per il pubblico. Se siete contrari alla cancellazione, scrivete a Rete4 per dirlo.

lunedì 23 gennaio 2012

MY NAME IS EARL: quando fare ammenda è divertente


Italia 2 (ore 16.55) ripropone la sit-com del 2005 My name is Earl chiusasi nel 2009 dopo 4 stagioni. Per quello che ho visto, questa sit-com è divertente e tenera insieme. La premessa  la spiega a voce la sigla ad ogni nuova puntata: “Avete presente quel tipo di soggetto che fa una bastardata dopo l’altra e ad un certo punto si meraviglia che la sua vita fa schifo? Bene, quello ero io. Ogni volta che mi capitava qualcosa di buono, qualcosa di cattivo era in agguato dietro l’angolo. È il karma. Ecco perché ho deciso di cambiare. Ho fatto una lista di tutte le mie cattive azioni e da allora cerco di rimediare agli errori che ho commesso. Mi sto solo sforzando di essere una persona migliore. Il mio nome? Earl!”.

Ecco che il nostro Earl, ladruncolo fannullone interpretato da Jason Lee, è alle prese con la sua lista: ho rubato una caramella, ho finto di essere morto per mollare una ragazza, ho avvelenato col fumo passivo, ho fatto pipì sull’auto della polizia… Fare ammenda è più complicato e divertente di quanto non ci si possa immaginare, e anche inaspettatamente dolce. Ad aiutarlo e a mettergli i bastoni fra le ruote c’è una manica di “sfigati” un po’ tonti: il fratello Randy (Ethan Suplee), la sua ex Joy (Jaime Pressly), la cameriera Catalina (Nadine Velazquez), e “Gamberone” (Eddie Steeples), gestore di un locale.

Far ridere pare sia diventato sempre più difficile e già My name is Earl si merita una menzione per aver schiodato il genere dalle ambientazioni medio-borghesi da cui ultimamente non lascia la presa. Earl sarà anche un sempliciotto, ma di certo non lo si potrà dire dell’ideatore Greg Garcia (Aiutami Hope!) e del suo umorismo.

venerdì 20 gennaio 2012

HOUSE OF LIES: consulenti manageriali dai metodi discutibili


Nulla è immorale se ti fa ottenere ciò che vuoi: sembra questa la cinica logica che muove i personaggi di House of Lies (Dimora di menzogne), la nuova serie di Showtime basata sul libro House of Lies: How Management Consultants Steal your Watch and then Tell you the Time (Dimora di Menzogne: Come i Consulenti Manageriali ti Rubani l’Orologio e poi ti Dicono l’Ora), di Martin Kihn, più realistico di quanto non si sia disposti ad ammettere, come afferma candidamente l’autore in un’intervista. Protagonista è Marty Kaan (Don Cheadle), che dirige una squadra di consulenti manageriali dai metodi discutibili di cui fanno parte Jeannie (Kristen Bell, Veronica Mars), Clyde (Ben Schwartz, Parks and Recreation) e Doug (Josh Lawson). Nel pilot architettano una strategia per far sembrare un vero benefattore a contatto con le sofferenze della gente il capo di un’impresa senza scrupoli che ha mandato sul lastrico e ridotto a senzatetto più di qualcuno. Il lavoro del team è stato a rischio perché uno dei dirigenti ha scoperto che la moglie aveva avuto molta più soddisfazione da una sveltina in bagno con una spogliarellista - che Marty aveva trovato in uno strip club e che faceva passare per la sua consorte - che con lui.  A dispetto di tutto però ce la fanno.

La prima volta che incontriamo Marty è sul letto completamente nudo accanto a una donna che poi scopriremo essere la sua ex Monica Talbot (Dawn Olivieri), una collega, pure completamente nuda, e in una vaga posizione 69. Lei è svenuta e nemmeno una secchiata d’acqua riesce a svegliarla, per cui lui la riveste in fretta e furia per non farsi beccare dal figlio Roscoe (Donis Leonard jr), un bimbo che si veste con abiti femminili e nel musical della scuola aspira alla parte di Sandy in Grease: è alla ricerca di una attenzione positiva, commenta al figlio il nonno (Glynn Turman) del piccolo, uno strizzacervelli in pensione. House of Lies, in puro stile Showtime e un gusto licenzioso alla Californication o Shameless anche, non va tanto per il sottile e usa tinte forti (la secchiata d’acqua ad esempio a me ha un po’ disturbato, forse perché non ero avvezza al tono del programma) e temi anche controversi. Il travestitismo infantile non è la prima volta che viene affrontato in TV (si pensi di recente a The Riches, o alla sensibilizzazione che si fa in proposito in programmi come Today), ma non è nemmeno l’argomento più gettonato e assodato del mondo.

Stilisticamente è interessante, perché utilizza come suo segno distintivo il fermo immagine che ghiaccia in un fotogramma i personaggi e che consente degli a latere di Marty che rompe la quarta dimensione rivolgendosi allo spettatore. Nella presentazione iniziale all’azienda che li ha assunti, ad esempio, si ferma a illustrarci con dei cartelli le tecniche che sta per usare (lusingare il cliente, chiedere a loro che cosa pensano, usare un gergo indecifrabile) prima di riprendere con la scena, e il normale flusso di immagini. Cogliere il tono, in bilico fra serio e faceto, è l’aspetto più difficile per un dramedy che un po’ come in Dirt, ideato come questa serie da Matthew Carnahan, non si fa problemi a mostrare il marcio e le bassezze impiegate in certi ambienti di lavoro, anzi li abbraccia con gusto e ne fa il proprio fulcro. Non posso dire di essere rimasta folgorata, ma i nomi dei coinvolti (fra le guest star anche Richard Schiff di The West Wing e Greg Germann di Ally McBeal, ad esempio) mi convincono a dare fiducia alla serie che spero riesca a mostrare un po’ di umanità dentro al suo  sardonico involucro.

giovedì 19 gennaio 2012

UNA VITA DA VIVERE: R.I.P.


Lo scorso venerdì 13, 2012, la soap One Life To Live (OLTL) – Una vita da vivere ha chiuso definitivamente i battenti sulla ABC, dove aveva debuttato il 15 luglio 1968. Già quando ho scritto sull’annuncio della cancellazione, lo scorso aprile, attraverso le parole del comunicato stampa ci si è potuti rendere conto della portata della perdita. La soap è stata ideata dalla pioniera del genere Agnes Nixon che, per l’occasione, ha fatto un piccolo cameo comparendo nella penultima puntata (giovedì 12), nel ruolo di Agnes Dixon, ideatrice di una soap nella soap, Fraternity Row, a cui dà l’addio in occasione della sua fine – la quintessenza del metatesto. Sniff. 

Nella puntata finale Bo (Robert S. Woods) e Nora (Hillary B. Smith) diventano nonni, Vicki (Erika Slezak) e Clint (Jerry VerDorn) scoprono che Jessica (Bree Williamson) è la figlia biologica di Clint, Todd (Roger Howarth) dice a Blair (Cassie DePaiva) che la ama e fanno l’amore, ma il loro incontro romantico è interrotto da John McBain (Michael Easton) che arresta Todd per l’assassinio di Victor Lord jr (Trevor St. John). Solo che… colpo di scena… Victor è vivo e prigioniero di Allison Perkins (Barbara Garrick). Sotto vedete questo momento: l’ultimo minuto dopo 44 anni di messa in onda e più di 11.000 puntate all’attivo.

È stato di recente annunciato che per i popolarissimi Todd e Blair non sarà la fine: entrambi i personaggi (e attori) entreranno a far parte di General Hospital e con loro anche John e Starr (Kristen Alderson).

Addio Llanview.  


mercoledì 18 gennaio 2012

Basta con la dicitura "DONNE E BAMBINI": è degradante




Ieri sera, nell’edizione delle 20.00 del TG5 (su Canale5, ovviamente), è andata in onda la registrazione di una telefonata fra il comandante della capitaneria di porto di Livorno De Falco e il comandante della Costa Concordia Schettino. Il primo ordinava al secondo di tornare sulla nave e comunque di mobilitarsi per assicurarsi quale fosse la situazione e che tutti i passeggeri fossero in salvo, senza venir meno alle proprie responsabilità. Non c’è dubbio che qui il “buono della situazione” in questa telefonata sia il comandante della capitaneria di porto. Sopra c’è il video con la telefonata (anche se il video non è quello del TG5, la telefonata è la stessa).

Ad un certo punto (intorno a un minuto e quindici nel filmato) il comandante della capitaneria di porto dice a Schettino che c’è gente che sta scendendo e quello che gli comanda è: “sale sulla nave e mi dice quante persone e che cosa hanno a bordo. Chiaro? Mi dice se ci sono bambini, donne, o persone bisognose di assistenza. E me ne dice il numero di ciascuna di queste categorie”. Che pugnalata, che tristezza, che rabbia. Le donne inserite insieme ai bambini e alle persone bisognose di assistenza. Che schifezza. Come mi sono sentita insultata. Dico “Bambini, uomini o persone bisognose di assistenza” io? Non direi proprio.

Forse l’espressione fa parte del codice marinaro? Forse, non lo so. Così anche fosse, sarebbe ora anche passata che venisse cambiato. E in ogni caso è una cosa che sento ancora e ancora in questo genere di situazioni: giornalisti e persone varie ripetono la nenia di “donne e bambini”. Un conto è il caso in cui dicono “donne incinte”, perché evidentemente si tratta di persone in una situazione delicata e di vulnerabilità, ma diversamente non è una formulazione che ha ragione di esistere, ma solo il retaggio di maschilismo e paternalismo. Davvero, se non mi macchiassi della stessa orribile violenza verbale userei “uomini e bambini” per far capire quanto degradante è. Sentirlo così di frequente mi fa venire da piangere, anche per l’impotenza con cui si è costretti a sopportare che venga perpetuata una simile visione discriminatoria. In quanto obliqua e sottile è anche più pericolosa. E sentirlo da “un buono” mi dispiace di più.  Le parole hanno un peso. Le parole sono azioni, come bene dimostra questa situazione. 

martedì 17 gennaio 2012

Il GOVERNO non si elegge, mai: è nella Costituzione


Alla giurista che è in me viene l’orticaria tutte le volte – tante, troppe – che sento frasi del tipo “questo governo non è eletto dal popolo”, e se non pensassi che è solo una strumentalizzazione tendenziosa costringerei tutti i giornalisti e i politici che la pronunciano a frequentare un corso di base di diritto. Hai voglia gli insegnanti a rimarcare che dire che l’Esecutivo è eletto è un errore grave. Piaccia o non piaccia il governo, in Italia, non viene eletto, mai, sicuramente non dal popolo, ma nemmeno dai rappresentanti del popolo che costituiscono le camere. Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio che se accetta l’incarico si presenta poi al Legislativo con la sua squadra per la fiducia. Il parlamento può darla o no, e se alle forze politiche non piace il governo al potere non fanno altro che togliere la fiducia e farlo così cadere. Questo non è un fine ragionamento giurisprudenziale, è l’ABC sulle istituzioni dello Stato. 

lunedì 16 gennaio 2012

GOLDEN GLOBES 2012: il monologo di Gervais



Ricky Gervais ha aperto i Golden Globes dicendo “dove ero rimasto?”, viste le polemiche che hanno accompagnato la sua conduzione lo scorso hanno, ma che gli anno meritato il bis in quest’edizione. Il suo stile abrasivo e la voglia di pestar qualche piede si è vista anche in quest’occasione. Sopra c’è il monologo introduttivo. TV Blog ha fatto anche una traduzione sintetica delle battute più riuscite

GOLDEN GLOBES 2012: i vincitori



Sono stati consegnati ieri sera di prestigiosi Golden Globes, di cui a dicembre vi avevamo annunciato le nomination. Ecco di seguito i vincitori:

Miglior drama 

"Homeland"

Miglior comedy 

"Modern Family"

Miglior attrice - drama 

Claire Danes, "Homeland"


Miglior attore - drama 

 Kelsey Grammer, "Boss"

 Miglior attrice - comedy 

Laura Dern, "Enlightened"

Meglior attore - comedy

Matt LeBlanc, "Episodes"

Miglior miniserie/film

"Downton Abbey"


Miglior attrice - miniserie/film

Kate Winslet, "Mildred Pierce"

Miglior attore - miniserie/film

 Idris Elba, "Luther"

Miglior attrice non protagonista - serie, miniserie or film per la TV

Jessica Lange, "American Horror Story"

Miglior attore non protagonista - serie, miniserie or film per la TV

Peter Dinklage, "Game of Thrones"

La cerimonia, presentata da Ricky Gervais, ha premiato anche il cinema (The Descendants, The Artist. Gorge Clooney, Meryl Streep, Jean Dujardin, Martin Scorsese, Woody Allen, Octavia Spencer, Michelle Williams, A Separation, The Adventures of Tintin, “Masterpiece”, Ludovic Bource, Christopher Plummer). Qui trovate la lista in dettaglio.

Devo dire che sono molto soddisfatta dei risultati televisivi.  Con la categoria miglior attore sarei stata soddisfatta con chiunque avesse vinto, ma dopo aver visto le ultime due puntate di Boss non ho avuto dubbi che il vincitore sarebbe stato Grammer. Come miglior attore per musical o commedia ero molto indecisa fra Johnny Galeki e Matt LeBlanc, ma quest’ultimo ai tempi di Friends è stato un po’ trascurato ed in Episodes è stato magnifico, per cui alla fine penso sia stata la scelta migliore, e Galeki avrà tempo di rifarsi. La mia impressione è sempre che i Globi d’oro premino i più famosi (non si corrono grandi rischi) e, in TV, se qualcuno ha connessioni con il cinema è favorito. Quest’anno è la situazione, ad esempio, di Laura Dern o Jessica Lange, tanto per citare un paio di esempi. In ogni caso, se sono meritati, come nei due casi appena citati, ben vengano.

venerdì 13 gennaio 2012

UN LIBRO SI SUICIDA ogni volta che...


Entertainment Weekly (Oct 7, 2011) ha segnalato questa immagine come una che ha colpito il bersaglio. La condivido perché è davvero spassosa, e applicabile a molti programmi televisivi, volendo.
Dice:
un libro si suicida
ogni volta che guardi Jersey Shore.

martedì 10 gennaio 2012

UNIQUE SWEETS: tanti dolci, nemmeno una caloria


“Ne mangiamo un’altra?” ho detto per errore a mia sorella invece di “Ne guardiamo un’altra?”, riferendomi a una puntata della serie del Cooking Channel “Unique Sweets”. Penso che il lapsus sia significativo. Il programma, che con puntate di circa venti minuti porta a scoprire le leccornie di vari locali, panifici e pasticcerie in giro per gli Stati Uniti, è così goduriosa da saziare, perfino. Guai a mangiare mentre lo si guarda, si avrebbe la sensazione di non gustare quello che si vede. È la quintessenza di quello che si chiama food porn, pornografia cibaria: in questo caso si tratta sempre di dolci, mostrati in tutta la loro lussuriosa decadenza, in una zuccherosa, burrosa, caramellosa festa per gli occhi ancora prima che per il palato.

La prima serie, di 13 puntate, è stata dedicata a quelle torte in crosta che gli americani chiamano pie (1.01), ma anche a quelle che chiamano cake (1.03), ai dolci da colazione (1.02), alla cioccolata (1.09), ai biscotti (1.05), ai classici rivisitati (1.04), ai dolci esotici (1.12), a quelli con la frutta (1.13) e a molto altro ancora. La seconda stagione, appena cominciata, ha debuttato con i doughnuts (2.01).

Cuochi, pasticceri ed esperti di cucina commentano il tour che ha alcuni ingredienti essenziali: l’indicazione di luogo e nome del locale (nella prima stagione si va soprattutto a San Francisco, Seattle e New York e verso la fine anche in Florida); l’incontro con il pasticcere o il proprietario di detto locale; e poi l’illustrazione di alcune specialità, commentate con osservazioni sul gusto e sulla texture del prodotto e sulla filosofia dietro al concetto. In qualche caso, mentre si osserva il procedimento, viene spiegata anche la ricetta: alcune si trovano sul sito, insieme all’indicazione dei locali.
Ti insegna anche a parlare in modo nuovo dei dolci, questo programma, ti insegna ad osservarli con occhio critico, a scoprire gli Stati Uniti anche attraverso di essi e, in qualche caso, anche a riscoprire attraverso occhi americani la nostra cultura dolciaria. Apre prospettive vedere come si diano scontate cose diverse: si dà per assodato che chiunque abbia mangiato uno s’more, ad esempio, e poi si assiste alla spiegazione di che cosa sia quello strano inusuale dolce che si chiama profiteroles.

I più golosi non devono perdersela, vale la pena. Sotto, un assaggio. 


lunedì 9 gennaio 2012

Jorge Volpi: siamo "HOMOFICTICIOS"


Lo scrittore Jorge Volpi, in occasione dell’ultima edizione della Fiera Internazionale del Libro di Guadalajara, e della presentazione del suo più recente testo “Leer la mente: El cerebro y el arte de la ficción” (Alfaguara, 2011), ovvero “Leggere la mente: il cervello e l’arte della narrativa”, ha espresso alcuni concetti che condivido e che mi stanno molto a cuore.
Come riporta un articolo de El Nuevo Dia, dopo aver ammesso che da bambino ha scoperto il gusto della lettura grazie alla televisione, ha continuato dicendo che ritiene un grande errore presentare la narrativa letteraria come superiore alle fiction – ricordo che il significato di “fiction”corrisponde all’italiano “narrativa” – della televisione, del cinema, del teatro, della danza, dei videogiochi… “Sono equivalenti. Quando entriamo in un testo entriamo in un mondo di immagini tanto potente quanto quelle del cinema e della televisione”.
Negare inoltre alla finzione narrativa un altro ruolo al di là di quello di intrattenere è una grave ingiustizia perché non riconosce la necessità umana di raccontare storie e di raccontarsi per comprendere se stessi e il mondo circostante, cosa indispensabile per l’evoluzione umana: “Il nostro cervello non distingue le immagini che vengono dalla finzione e quelle che vengono dalla realtà. Ugualmente nella realtà utilizziamo strumenti che sono propri della finzione. Siamo ciò che leggiamo e ciò che vediamo”. Riflettendo sull’importanza dell’immaginazione come strumento aggiunge: “grazie alla finzione abbiamo accesso ad altre coscienze e solo così possiamo conoscere l’altro e noi stessi perché l’io e il tu si confondono, i personaggi della finzione e quelli reali diventano allo stesso modo reali”. E ancora: La narrativa non è il rifugio dal caos. Non è una fuga, è una forma per comprendere quello che gli altri hanno già vissuto e hanno già immaginato”.
L’intellettuale messicano si è anche soffermato sull’idea che proprio il fatto di creare narrativa/e ci distingue dagli animali. “È provato che dedichiamo approssimativamente cinque ore al giorno alla narrativa e cinque minuti al sesso. Siamo una specie che preferisce riprodursi nella narrativa che nella vita reale. Siamo l’unica specie che produce narrative su se stessa”.Per questo suggerisce di chiamarci “homoficticios”.
La fiction, la narrativa, nei libri e al cinema come in televisione, ci insegna insomma ad essere umani.

giovedì 5 gennaio 2012

IL TREDICESIMO APOSTOLO: un X-files spirituale all'italiana


Vista la premessa similare, mi ha necessariamente ricordato subito il telefilm americano del 2003 Miracles “Il Tredicesimo Apostolo – Il prescelto”, serie di Pietro Valsecchi in sei serate (con due puntate ciascuna), che ha debuttato ieri su Canale5  in prima serata, in cui Claudio Gioè e Claudia Pandolfi sono una sorta di Mulder & Scully de noialtri (lo stesso Miracles era definito una specie di X-Files spirituale) sullo sfondo di una Roma in cui ci sono manifestazioni esoteriche e paranormali su cui i loro personaggi sono chiamati a indagare.

Gabriel Antinori (Gioè, Il capo dei capi) è un gesuita docente di Storia delle Religioni che da bambino in una specie di stato di trance si è buttato giù da un tetto, e la madre è morta nel tentativo di salvarlo. Dopo l’incidente è stato in coma per un mese e tutt’ora ha incubi sull’accaduto e un edema mai riassorbitasi a causa del trauma celebrale subito. È stato cresciuto dallo zio, il cardinale Demetrio (Luigi Diberti, Tutti pazzi per amore), membro del Collegio Direttorio della Congregazione della Verità, per cui ora Gabriel lavora sul campo nella verifica di fenomeno, origine e natura di questi eventi inspiegabili a tinte sovrannaturali. Lui stesso sembra avere particolari poteri. Claudia Munari (Pandolfi, Distretto di Polizia, I liceali) è una psicoterapeuta autrice di un testo intitolato “I falsi profeti – Tra magia e tecnologia nel nuovo millennio” (1.02). Crede poco a dare un significato religioso a manifestazioni che solo apparentemente non hanno una spiegazione razionale. Cresciuta in collegio è una donna decisa e professionale, molto autosufficiente, ma anche un po’ sola.  Entrambi cercano di mantenere la mente aperta.

Tra i due si crea presto una forte intesa (lei prova anche a baciarlo in 1.02 e la tensione erotico-emotiva fra i due è destinata a crescere) mentre insieme cercano di venire a capo dei misteri ad ogni puntata diversi: bambini che levitano (in “Gemelli”, 1.01) e riescono a manovrare sciami di api, solo parzialmente spiegati con un’alta concentrazione di ferro nel sangue dei piccoli e la scoperta di esprimenti segreti sull’elettromagnetismo condotti al tempo del fascismo; emolacria (in “Anatema”, 1.02), dove il lacrimare sangue di una ragazza, un successivo suicidio  di un’altra e altri eventi in un collegio religioso femminile vengono collegati a dei disegni che sono come delle maledizioni verso le persone ritratte, con il proposito di rendere concreto ciò che è disegnato e un collegamento al mito delle tre moire… Una figura misteriosa (per ora, con un po’ di fantasia un po’ alla Fringe), che si muove in Rolls Royce, è quella di Serventi (Tommaso Ragno), che li segue e cerca di scoprire quello che può su questi fenomeni. Come scrive TVBlog: Per lui, in un testo del filosofo Giordano Bruno si nasconde una profezia secondo la quale la Chiesa un giorno sarà distrutta ed inizia a pedinare Gabriel per capire come portarla a compimento”.

Atmosfere un po’ dark e misteri vagamente alla Dan Brown (e, visto anche il titolo, alla Michel Benoît?) rendono originale per i nostri schermi questo programma con la regia di Alexis Sweet. Riesce a non risultare risibile, impresa solo apparentemente da poco. e tiene la tensione nelle storie anche lì dove sono solide, ma non proprio eccezionali. Calibrato bene è anche l’equilibrio fra la storia autoconclusiva del singolo episodio e quella ad arco della fiction tutta che è fortemente personale, ma anche legata al plot vero e proprio. Gli attori poi, se escludo la giovane assistente donna di Antinori, sono tutti navigati e molto convincenti. E, cosa non da poco, si riesce a utilizzare l’abusato setting religioso in un equilibrismo perfetto: senza servilismo nei confronti della chiesa cattolica, senza essere offensivi, senza pestare i calli a nessuno. Si segue con gusto.

mercoledì 4 gennaio 2012

PRIMARIE dei Repubblicani: la politica come reality


Negli USA sono cominciate le primarie del Partito Repubblicano. Chi ne uscirà vincitore sarà lo sfidante ufficiale del presidente Obama nelle prossime elezioni presidenziali. Mitt Romney, ex governatore del Massachusetts, moderato e accusato un po’ di essere una banderuola per proporre ora per opportunismo politico idee opposte a quelle che sosteneva qualche tempo fa, è il favorito; Newt Gingrich, ex speaker della Camera, acuto intellettuale ma terribilissimo ultra-conservatore che fra le sue proposte include quella del ritorno al lavoro minorile, sembra in discesa; e infelici gaffes, la famosa “oops” in primis, hanno minato le buone prospettive del Governatore del Texas Rick Perry; la favorita del Tea Party Michele Bachmann, che crede nel “dominionismo” (visione teocratica con la Bibbia come interpretata dai cristiani alla base delle leggi secolari), fa perfino rivalutare, in prospettiva, Sarah Palin – cerco di rimuovere il fatto che me la sono perfino sognata quest’estate;  Jon Huntsman, con credenziali diplomatiche, è il nome meno citato; Ron Paul, ex-ginecologo e veterano delle campagne presidenziali con crescenti favori, è il più indipendente di tutti; Rick Santorum, in forte ascesa, è ben noto da tempo anche a chi non segue la politica soprattutto per le sua note posizioni omofobe che hanno portato il famoso attivista Dan Savage, che ha una popolarissima rubrica di sesso, a lanciare una campagna contro di lui: ha invitato i suoi lettori a trovare una definizione per “santorum” che è poi diventato un neologismo per indicare “la schiumosa miscela di lubrificante e materiale fecale che talvolta è il prodotto secondario del sesso anale”. Savage ha anche promosso la definizione in modo che fosse il significato che più risultava online dai motori di ricerca. Qualche scappatella extra-matrimoniale di troppo ha seppellito ogni possibilità per Herman Cain che si è ritirato ancora prima delle feste; così come si sono ritirati ancora prima delle primarie Tim Pawlenty e Gary Johnson.

Se ho fatto un piccolo riassunto dei politici in corsa come una che segue le vicende con un occhio sì e uno no, e che riceve le notizie in proposito più come eco che per attento interesse politico, almeno a questo punto della campagna, è per riportare un’osservazione che ho trovato davvero interessante che hanno fatto Terry Gross e David Bianculli a Fresh Air nella puntata del 20 dicembre. Osservavano come, per la prima volta, i dibattiti e l’esposizione politica dei candidati del GOP sono stati narrativamente costruiti e vissuti dal pubblico come una sorta di reality, come una specie di “Survivor”, dove sopravvivere è il sopravvivere delle tue opportunità di carriera politica. Entrambi i giornalisti notavano come questo ha permesso conoscere gli aspiranti sfidanti di Obama in modo molto più “familiare”. Non sapevano valutare se questa svolta della politica americana fosse da valutarsi positivamente o meno: da un lato infatti ha fatto sì che il grande pubblico si interessasse genericamente di più alla politica e quindi venisse a contatto con le idee che i singoli candidati proponevano in modo più diffuso di quanto non sarebbe stato diversamente difficile, allo stesso tempo però c’era la sensazione di una spettacolarizzazione indebita e di rendere troppo “gioco” importanti decisioni che poi hanno impatto sulla vita del Paese.

martedì 3 gennaio 2012

TUTTI PAZZI PER AMORE: la terza stagione


“Segui il mio ragionamento”, come dice sempre Ema (Brenno Placido): Tutti pazzi per amore non si trovava affatto in una situazione facile all’esordio della terza stagione, per la confermata assenza definitiva di grandi beniamini del pubblico e colonne portanti delle vicende. Niente più Neri Marcorè: il suo Michele dopo essere morto nella prima stagione era già stato tenuto nella storia dall’aldilà, ma non poteva continuare all’infinito, e con lui se ne è andata anche Paola Cortellesi, la voce dall’Aldilà; niente più Alessio Boni: dopo la nascita del nipote Michelino il suo tenero e divertentissimo ornitologo Adriano Ventoni se ne era tornato fra i monti; niente più Giuseppe Battiston e Carla Signoris che nei ruoli dei mitici dottor Freiss e della signorina Carla come tuttologo e presentatrice ideali commentavano e spiegavano tutto ciò che accadeva nelle vicende; la prematura scomparsa di Pietro Taricone ha poi chiaramente seppellito ogni possibilità di rivedere Ermanno. Insomma, c’era un bel po’ di cui preoccuparsi, e invece la serie se l’è cavata egregiamente.

La lacuna maggiore è stata probabilmente proprio la dimensione metatestuale – e non “mestruale” come si è sbagliata una volta Maya, corretta da Rosa – che poteva essere rimpiazzata maglio, magari sfruttando la rivista “Tu donna” per cui le protagoniste lavorano. Peccato anche per i numeri musicali, fatti, era lampante, all’insegna della ristrettezza economica. Eccellente il commento sul sunto de “nelle puntate precedenti” e riuscito il rischioso stratagemma di far corrispondere ad ogni puntata una singola giornata, consecutive. C’è stato qualche passo falso di trama – inverosimile la vicenda di Paolo (l’incredibilmente espressivo Emilio Solfrizzi), che erroneamente credeva di dover morire, e sprecata se si pensa che a sfruttare meglio l’idea ne poteva uscire una cosa alla “Non mandarmi i fiori” con Rock Hudson e Doris Day; abusato lo stratagemma più trito delle soap opera di Elisa che ha mentito fingendosi incinta per tenersi l’uomo che amava...

La cornice familiare sono rimasti Paolo e Laura (Antonia Liskova) e i figli con le coppie ormai assodate di Cristina (Nicole Murgia) e Raoul (Gabriele Rossi), con lei che aspetta un bebè e che cerca di mantenersi con i lavoretti più improbabili, ed Emanuele e Viola (Claudia Alfonso), con lui gelosissimo dell’amicizia con l’artista francese Jean Claude (Alan Cappelli) della sua fidanzata. Il cuore umoristico-romantico, sempre dal tempismo comico ineccepibile e davvero perfetta, è stata Monica (Carlotta Natoli) che, con le sue fantasie d’amore dalla notte dei tempi (nella preistoria, nell’antica Roma, nel Risorgimento) per il pediatra Gianpaolo (Ricky Memphis), Gianpollo nel passato, ha fatto ridere e sognare allo stesso tempo, e tenere per lei che per coronare il suo sogno doveva superare l’ostacolo del fatto che lui era il promesso sposo della cugina Elisa (Martina Stella), temporanea assunta al giornale con il vezzo di ripetere tutto tre volte e tutta perfettina perfettina perfettina. La Natoli è riuscita ad avere un’intesa perfetta con tutti i partner che le sono stati affiancati nella varie stagioni, risultando immancabilmente la parte da non perdere. Questa chiaramente non è solo fortuna, ma talento vero.

Prevedibile, ma gradevole, Rosa (Irene Ferri) con il suo amore più giovane e la madre di lui che cerca di mettere loro il bastone fra le ruote; da manuale la variazione su uno stesso tema per Maya (Francesca Inaudi) che per la temporanea assenza di Elio (Corrado Fortuna) deve trattenersi dal far sesso, impresa per lei davvero titanica; attesi nei loro buffi e teneri siparietti tanto le zie Sofia e Filomena (Ariella Reggio e Pia Velsi), quanto il trio Capone (Adriano Pantaleo) – Merloni (Paolo Merloni) – Valentini (Paolo Setta), assistenti al vivaio, dove ha cominciato a lavorare anche un’amica di Laura, Eva (Anita Caprioli) che si invaghisce della madre di Raoul e Viola (Lucrezia Lante Della Rovere). E poi ci sono i piccoli tocchi che rendono la serie un vero spasso, come la svolta emo della piccola Nina (Laura Calgani) che dal fidanzatino riceve in dono un gatto nero che lui la invita a chiamare Angoscia, o in alternativa Agonia o Patema, perché l’animale è parente di Strazio e Persecuzione, o come gli spermatozoi di Paolo, mostrati a fumetti, mentre sonnecchiano beati, mentre si lanciano per la fecondazione, mentre con tanto di cannocchiale aspettano che Laura dica finalmente a Paolo di essere incinta.  

L’anello debole per me sono stati Stefania (Marina Rocco) e Giulio (Luca Angeletti) che, impegnati in una guerra domestica che nemmeno Clelia (Piera Degli Esposti) e Mario (Luigi Dilberti) sono riusciti placare, con lei che vuole spendere e spandere al di là delle sue possibilità, e lui che vuole tenersi in ristrettezze senza alcuna concessione al buon gusto, hanno finito in molte occasioni per essere più sgradevoli che esilaranti, nonostante l'atteso lieto fine. La recitazione di lei non mi ha mai conquistata, e se è brava a sufficienza da riuscire a far risultare credibile un viscerale trasporto quasi amoroso per un coperchio per la tazza del cesso che le aggrada esteticamente e vuole a tutti i costi tenersi, non lo è invece abbastanza da riuscire ad elevare materiale sopra le righe così volatile come è quello di Tutti Pazzi Per Amore.

La serie è andata forte in ogni caso: ha la particolarità per cui il confine fra realtà e immaginazione è molto labile e non sempre la prima è più importante della seconda, anzi, quest’ultima è quella che più di ogni cosa sa rivelarci la verità su chi siamo e chi vorremmo essere. Anche in questa stagione è stata una cifra estetica abbracciata con gusto, con forza, con speranza. Il finale con tutti che, in tenuta da spiaggia, cantano “Azzurro” e si allontanano poi in pulmino ha il sapore di una fine definitiva, ma spero non lo sia, perché già aspetto con desiderio una nuova stagione.

Sotto, la sigla.

lunedì 2 gennaio 2012

Le 10 migliori coppie delle soap nel 2011 secondo DAYTIME CONFIDENTIAL


Daytime Confidential ha scelto quelle che giudica le 10 migliori coppie dell’anno nelle soap. Eccole qui sotto.

1. Victor (Trevor St. John) e Tea (Florencia Lozano), OLTL
2. Shawn (Sean Blakemore) e Carly (Laura Wright), GH
3. Deacon (Sean Kanan) e Nikki (Melody Thomas Scott), Y&R
4. Billy (Billy Miller) e Victoria (Amelia Heinle), Y&R
5. Ted (Michael E. Night) e Dixie (Cady McClain), AMC
6. Tina (Andrea Evans) e Cord (John Loprieno), OLTL
7. Steve (Scitt Reeves) e Olivia (Lisa Locicero), GH
8. David (Tuc Watkins) e Dorian (Robin Strasser), OLTL
9. Liam (Scott Clifton) e Hope (Kim Matula), B&B
10. John (Drake Hogestyn) e Marlena (Deidre Hall), DAYS

Naturalmente, per il meglio e il peggio dell’anno rimando al loro podcast (prima parte e seconda parte).

domenica 1 gennaio 2012