venerdì 30 novembre 2012

BUNHEADS: erede di "Gilmore Girls"

 
Amy Sherman-Palladino is back. Dopo il tremendo The Return of Jezebel James, fortunatamente presto cancellato, l’ideatrice di Gilmore Girls sembra finalmente tornata a brillare con una nuova serie che in partenza sembra essere l’erede di quella che l’ha resa famosa: Bunheads - ovvero “cipolle” nel senso di chignon, la pettinatura –, su giovani aspiranti ballerine di danza classica che vivono in una pittoresca cittadina abitata da personaggi eccentrici e parlano con dialoghi pimpanti e velocissimi - solo Aaron Sorkin è capace di altrettanto - ricchi di citazioni culturali di ogni tipo (alte e basse, classiche e pop) che ti fanno ridere quando non ti lasciano a bocca aperta. Suona familiare?  Davvero, è l’erede del celebrato Una mamma per amica, perché di certo ne ha in comune la sensibilità. Molto “al femminile”, anche – davvero pochi gli uomini nel cast (una rarità, di solito) e una cura rara nel dipingere i rapporti fra donne.  
Michelle Simms (Sutton Foster, vincitrice di un Tony Award come miglior attrice per il musical  di Broadway “Thoroughly Modern Mille”) è una ballerina che non trova più lavoro se non come showgirl in spettacoli di Las Vegas non proprio di primissimo ordine. Sull’onda del momento decide di sposare un suo grande ammiratore. Lui la porta nella sua cittadina, Paradise, dove la madre, Fanny Flowers (Kelly Bishop, Gilmore Girls)  ha una scuola di danza, e poi – attenzione SPOILER – muore, subito, proprio alla fine del pilot. Michelle eredita tutto, decide di fermarsi e impara a convivere con la suocera, a cui lascia il diritto di abitare in quella casa che ha sempre chiamato sua, piena di memorabilia di ogni tipo e pittoresche cianfrusaglie.  
Suo malgrado finisce anche per fare amicizia con la donna che era innamorata dell’uomo che lei ha sposato, Truly Stone (Stacey Oristano) -che lavora in una sorta di bazar d’abbigliamento, lo Sparkles - e per diventare una insegnante/sorella maggiore/modello per le giovani allieve ballerine della scuola. Conosciamo Sasha (Julia Goldani Telles), benestante, infelice, con genitori che le rare volte che sono presenti non fanno che litigare; Melanie (Emma Dumont), la più alta del gruppo, di cui si sa poco, che si fa sempre portare in giro dal fratello Charlie; Bettina “Boo”, che non nuota nell’oro e presto comincia a lavorare della locale tavola calda, ha il supporto di una mamma amorevolissima, anche se distratta, e una cotta non ricambiata per il fratello di Melanie;  Ginny (Baily Buttain), che ha lo stesso ragazzo dalla seconda elementare.  
Sono piccole donne moderne. Crescono. E starle a guardare sotto la penna danzante della Palladino è un vero piacere. A gennaio sulla ABC Family la serie torna con nuove puntate che chiudono la prima stagione. Sotto, la sigla.


martedì 27 novembre 2012

L'ITALIA VISTA DAGLI AMERICANI: documentari degli anni '70



È un’acuta analisi quella dell’inchiesta trasmessa da RaiStoria (Canale54) L’Italia vista dagli Americani. Questa serie documentaristica in 4 puntate (più una speciale, attualizzata) di Marco Guarnaschelli, trasmessa in cicli in vari orari, è nata da un’idea di Corrado Augias e risale ben al 1977, ma risulta per molti versi attualissima.

Ci si aprono più livelli di lettura. Alla prospettiva degli anni ’70 rispetto alla propria contemporaneità e al passato, si aggiunge quella nostra rispetto a quell’epoca, con le possibili valutazioni che lo scarto temporale permette. La prima puntata ad esempio si chiude con un’immagine di vari grattaceli americani, simbolo per gli immigrati italiani, ci viene detto, di ricchezza, libertà, felicità. L’ultimo fotogramma ci mostra sulla sinistra il primo piano di una statuina delle Madonna di un cimitero (dopo che si è analizzato come per gli emigranti nostrani i poli di aggregazione in un Paese straniero di cui non parlavano la lingua erano diventati la chiesa cattolica, la famiglia, il lavoro e le attività criminali), e sulla destra le Torri Gemelle. Per noi il senso di quell’immagine è ovviamente ben diverso da quello che poteva essere stato per uno spettatore degli anni ’70.

Attraverso quesiti posti all’elite culturale e alle persone comuni del’epoca, usati come campioni d’opinione, e attraverso una ricostruzione della presenza degli Italiani in USA, si approfondiscono i rapporti Italia-USA, marcati dalla nostalgia di chi ha lasciato la Penisola e influenzati dalle rappresentazioni TV.   

sabato 24 novembre 2012

Scompare a 81 anni LARRY HAGMAN

 
Larry Hagman è scomparso ieri per cancro all’età di 81 anni. Il ruolo che lo ha reso famoso in tutto il mondo è quello di JR in Dallas. L’evento in cui gli sparano è uno dei momenti più visti e ricordati nella storia delle televisione.  Tutt’ora era impegnato nel remake del famoso serial e, secondo quanto riporta l’Hollywood Reporter ha girato sei puntate delle 15 della nuova, seconda stagione, che è previsto debutti negli USA il prossimo 28 gennaio.
Personalmente lo ricordo soprattutto per il suo ruolo dell’astronauta Tony Nelson nella sit-com I dream of Jeannie – Strega per amore (1965-1070). Aveva un talento comico che negli anni più tardi della carriera sembravano aver dimenticato. Come molti attori, aveva cominciato la sua carriera nelle soap opera, in The Edge of the Night – Ai confini della notte.

venerdì 23 novembre 2012

Qual è la peggior serie degli ultimi 12 anni? Per me: PUSH, NEVADA

 

Quali sono i peggiori telefilm, subito cancellati, degli ultimi 12 anni? Se lo chiede Popmatters in un articolo in cui ne sceglie uno per anno:
2010 - Lone Star
2009 - Hank
2008 - Quarterlife
2007 - Viva Laughlin
2006 - Emiliy’s Reasons Why Not
2005 - Who’s Your Daddy?
2004 - Father of the Pride
2003 - Karen Sisco
2002 - Push, Nevada
2001 - Bob Patterson
2000 - The Michael Richards Show
Se devo scegliere io, sicuramente fra questi indicherei Push, Nevada, assolutamente inguardabile, una delle serie più noiose che abbia mai visto. Viva Laughlin ammetto di non averlo visto, anche scoraggiata dalla sua pessima reputazione.
Quarterlife, preceduto da un certo successo online, invece a me non è dispiaciuto affatto, sarà che ho sempre apprezzato i geniali Zwick ed Herskovitz (thirtysomething, Once and Again, My so-called life)– autori televisivi bravi come pochi – che erano dietro a questa serie.
Per il 2003 avrei piuttosto scelto Fearless, il cui pilot è stato ritirato e alla fine non è nemmeno andato in onda (forse per questo lo hanno escluso). Al limite anche The Brotherhood of Poland, New Hampshire – perfetto esempio di come David E. Kelley nel tempo sia andato a male (anche se forse era pur sempre meglio del suo The Wedding Bells del 2007). Ammettono loro stessi che Karen Sisco in fondo non era poi così male,  anche se devo dire che non era il mio genere. Basato sul personaggio interpretato da Jennifer Lopez in Out of Sight, parlava di una poliziotta di Miami sicura di sé, sexy, dinamica e preparata. Nel pilot l’FBI avrebbe voluto metterle i bastoni fra le ruote, ma il suo capo le ha dato invece l’OK per riportare alla giustizia un pericoloso criminale che si era lasciata sfuggire a inizio puntata.  Karen, sul cui nome tutti tornavano (dimenticabile, sbagliato da tutti, oggetto di una canzone) non aveva chiesto scusa, ma un’occasione per riparare. La serie puntava molto sull’azione, con un pizzico di umorismo, ma guardava anche alla protagonista come donna  - ad un appuntamento da cui ha dovuto scappare in fretta e furia per lavoro si è trovata davanti alle domane di quante volte avesse sparato, o quante persone avesse ucciso… L’unico uomo di cui  si fidava era il padre, ormai in pensione, che in passato faceva lo stesso lavoro e che era una guida per lei e la persona con cui si poteva confidare. Sotto il caldo sole della Florida, nella luce accecante, o nelle vitali, ma pericolose nottate,  Karen si muoveva con sicurezza, senza cedimenti, e lo stesso faceva Carla Cugino che la interpretava. Insomma, molto meglio di tante altre serie anche più recenti.
Voi, avete una serie andata male che ricordate come la peggiore in assoluto?  

martedì 20 novembre 2012

666 PARK AVENUE: solo 13 puntate in tutto

 
666 Park Avenue è stata cancellata. Peccato, perché la serie ideata da David Wilcox era in fondo una delle più riuscite di una stagione non brillantissima. Liberamente tratta dall’omonimo libro di Gabriella Pierce, vedeva una giovane coppia, Jane (Rachel Taylor) ed Henry (Dave Annabale, Brothers and Sisters), prendere la gestione di un condominio all’indirizzo 999 Park Avenue, che nell’ombra si legge con il numero capovolto 666, un edificio noto come The Drake, nell’Upper East Side di Manhattan a New York. Come si sa, il numero è sinonimo del maligno e il diavolo, qui il proprietario dell’immobile Gavin Doran, con cui alcuni personaggi facevano dei patti per ottenere in cambio ciò che volevano (diventare un musicista di successo, riavere indietro la moglie morta, per citare gli esempi del pilot), era interpretato con un enigmatico sorriso da Terry O’Quinn (Lost), affiancato da Vanessa Williams nel ruolo di sua moglie Olivia.
Più di qualcuno ha fatto dei parallelismi con American Horror Story, trovando questa in confronto una storia assai debole, quasi parodistica. Il paragone è però per me fuorviante. Sì, c’è di mezzo un edificio dove ci sono accadimenti misteriosi e sovrannaturali, ma questa, di cui ci sono comunque 13 episodi ordinati,  è una serie che, giocata molto sugli sguardi, non è interessata ai mostri e incubi della società, quanto piuttosto ai desideri e alle ambizioni personali e a quello che si è disposti a sacrificare per ottenerli, sulla base del mantra che tutti vogliamo qualcosa. Forse non era imperdibile, ma di certo meglio di altri telefilm che hanno avuto il semaforo verde.

venerdì 16 novembre 2012

REVENGE: rivisita Il Conte di Montecristo

“Prima di imbarcarti in un percorso di vendetta, scava due fosse”. Comincia con questa citazione del 504 A.C. di Confucio, la serie televisiva Revenge (Vendetta, su Deejay TV, lunedì, ore 21.30) ispirata alle vicende de Il conte di Montecristo di Dumas.
Una giovane donna, Amanda Clarke (Emily VanCamp, Brothers and Sisters), assume l’identità di Emily Thorne, per infiltrarsi nelle vite dei membri della ricchissima famiglia Grayson: Victoria (Madeleine Stowe, di cui tutti hanno apprezzato la sottile interpretazione); Conrad (Henry Czerny) a capo dell’impresa di famiglia, la Grayson Global;  Daniel (Josh Bowman), con il quale intreccia una relazione sentimentale; Charlotte (Christa B. Allen) che si scoprirà esserle legata più di quanto non creda. Il suo obiettivo è distruggere Victoria e Conrad e tutti quelli che con loro hanno ingiustamente incastrato il padre David (James Tupper, Grey’s Anatomy), finito in carcere con l’accusa di terrorismo e prematuramente morto. Nel tornare in città rivede un vecchio amico, che sin da bambina si era innamorato di lei, Jack Porter (Nick Wechsler) che insieme al fratello Declan (Connor Paolo, Gossip Girl) manda avanti un umile locale in città. Il suo obiettivo però è solo la vendetta e nulla la può distogliere dal quel proposito. Il solo a conoscere la sua vera identità, e ad aiutarla nei suoi piani, è il miliardario Nolan Ross (Gabriel Mann).
Sono partita tiepida verso questa soap opera serale, ma poi mi sono scaldata, catturata dai numerosi colpi di scena e comunque anche alla cura umana oltre che narrativa dimostrata dall’ideatore Mike Kelley (Swingtown) che ha costruito la storia della prima stagione come il simbolo dell’infinito che è il logo della serie: si va indietro nel tempo, per poi tornare al punto di partenza e andare in avanti. Ho molto apprezzato la scelta (di recitazione, sceneggiatura o regia che sia) di lasciare Emily sempre infelice, con gli occhi perennemente velati di tristezza: riporta alla citazione iniziale.  

mercoledì 14 novembre 2012

SONS OF ANARCHY: feroce, complesso, ispirato all'Amleto


Ispirato vagamente all’Amleto di Shakespeare e con un feeling che ricorda I Soprano e Easy Rider mescolati insieme, Sons of Anarchy (ora su Cielo, venerdì, ore 1.15, con la prima stagione) è un telefilm tosto,  che ha come protagonisti i membri di una gang di motociclette internazionale, i Sons of Anarchy (Figli dell’Anarchia) appunto, che ha un gruppo che opera nella cittadina di Charming, nel nord della California. Sono fuorilegge dediti ad atti intimidatori violenti, corruzione e traffico d’armi da fuoco. Le vendono a bande Afro-Americane che spacciano droga, ed in particolare ai “One Niners”, una gang già protagonista di The Shield, dove ha lavorato come sceneggiatore e produttore esecutivo l’ideatore di questa serie, Kurt Sutter.
 
In realtà poi, questi motociclisti in fiammanti Harley-Davidson vogliono tenere lontana la droga dalla propria città e questo li mette in contrasto con la banda dei Nords, costituita da supremazisti bianchi. Devono vedersela anche con la gang rivale dei Mayans e sono guidati da Clay Morrow (re Claudio, nel parallelismo con l’Amleto, interpretato da Ron Perlman), uno dei 9 membri originari dei Sons of Anarchy, sposato con la vedova di uno dei fondatori, Gemma (la Gertrude della tragedia, con volto di Katey Sagal). Secondo in linea di successione nella gang è il giovane Jax (Charlie Hunnam), che proprio nel pilot diventa padre di un bimbo prematuro, come risultato dell’abuso di droga da parte della madre che lo ha portato in grembo, Wendy  (Drea de Matteo), e che come il principe Amleto “parla” con il padre defunto, in questo caso attraverso dei diari e scritti che questi si è lasciato dietro.
 
Feroce e complesso, ma comprensibilmente difficile da seguire.

martedì 13 novembre 2012

CRISTINA PARODI LIVE: di tutto un po'

Nel Cristina Parodi Live, la padrona di casa ha un appartamento davvero da megastar nel nuovo condominio di La7: lo studio, in tinte sul blu, è gigante e oltre a due megaschermi in cui vedere i più classici filmati di repertorio, ci sono letteralmente grappoli di schermi più piccoli che si calano dal soffitto (simbolo di autoreferenzialità?).
Sul tavolone kitsch di megalustrini, quasi una strada, vengono condotte le interviste e l’ex-mezzobusto di Canale5 vuol fare una meno barbarica Daria Bignardi della situazione. Lo spazio mescola attualità impegnata e disimpegnata, con le interviste flash dei questionari, o quelle del bianco e nero (sugli argomenti di spessore) e del bianco e rosa (più frivole) in cui su 5 o sei notizie del giorno viene messa a confronto l’opinione di due ospiti che hanno trenta secondi per far sapere come la pensano. E poi, qualche tutorial, i grandi perché di Diego Passoni, le incursioni della sorella Benedetta, le news di Luca Bonaccorsi, i confronti con ciò che accade nelle altre nazioni dei “Fratelli d’Italia”…
Di tutto un po’, senza grandi sforzi intellettuali, ma anche senza grandi scivolate negli scandali trash, con buone maniere e cercando di non pestare i piedi a nessuno. 

venerdì 9 novembre 2012

BEAUTY AND THE BEAST: la veria bestia è la serie


Fra i nuovi programmi è probabilmente uno dei peggiori della stagione Beauty and the Beast che in teoria, ma molto in teoria, vuole essere un remake della poetica serie TV degli anni ’80 con lo stesso titolo, “La bella e la bestia”, ma con cui non ha niente a che vedere.
Catherine Chandler (Kristin Kreuk, Smallville) da ragazza ha assistito all’assassinio della madre fuori dal locale dove lavorava come cameriera. Lei stessa sarebbe morta se non l’avesse salvata quella che a lei era allora sembrata una “bestia”. Circa dieci anni dopo lavora come detective della polizia di New York accanto alla collega Tess Vargas (Nina Lisandrello) e incontra un caso che le fa ricordare quello che le è capitato. Presto scopre che a salvarla tanti anni prima è stato Vincent Keller (l’attore neozelandese Jay Ryan). Un ex-medico che si è arruolato nell’esercito dopo la morte del fratello nell’attacco alle Torri Gemelle, questi è ora una sorta di “mutante”, dopo chissà quale intruglio sperimentale i superiori gli hanno iniettato per farlo diventare  a suo tempo una specie supersoldato. Tutti lo credono morto in Afghanistan, ma lui vive nascosto grazie all’aiuto dell’amico J.T. (Austin Basis) e agisce come vigilante.
I protagonisti sono tutti incredibilmente belli nella maniera plasticata, ritoccata e vagamente “confettosa” della CW e la bestia è in pratica un modello dai superbicipiti che di “bestiale” ha solo una lunga cicatrice sul volto, o poco più, e quando si arrabbia “trasforma” lievemente il volto in una specie animale. Nessuno di loro è minimamente credibile in quello che fa: Tim Goodman sull’Hollywood Reporter ha giustamente osservato che le due poliziotte quando arrivano sulla scena del crimine sembra che arrivino su una passerella di moda e che il dipartimento di cui fanno parte sembra quello della Squadra senza un Filo di Grasso. Non si salvano nemmeno il capo Joe Bishop (Brain White) e i medico legale Evan Marks (Max Brown), che completano il cast. La recitazione è abbastanza scadente, ma con il materiale che hanno a disposizione fanno anche troppo.
Dovrebbe essere una storia romantica con elementi procedurali, ma questi ultimi sono solo un pretesto appiccicato lì per la prima, che è forzata e priva di autentica passione. Il bello poi è così sbattuto in faccia che la stessa essenza della storia ne è snaturata. La vera bestia qui è solo il rifacimento di Sherri Cooper e Jennifer Levin, ma non è qualcosa di cui innamorasi nemmeno per sbaglio.  

martedì 6 novembre 2012

Battlestar Galactica: BLOOD & CHROME: sul web da venerdì


 
Secondo quanto riporta l’Hollywood Reporter, debutta questo venerdì sul web, sul canale di YouTube Machinima, il prequel di Battlestar Galactica, Battlestar Galactica: Blood & Chrome, diviso in 10 episodi della lunghezza dai 7 ai dodici minuti che verranno caricati fino a febbraio, per rimanere fino ad aprile. In data ancora da stabilire andrà poi in onda su SyFy.
Questa, da me tradotta, è la sinossi ufficiale: “Il film è ambientato nel mezzo della Prima Guerra dei Siloni. Mentre attraverso il mondo delle colonie infuria la battaglia fra gli umani e le loro creazioni, i siloni , robot senzienti, il dotato pilota da combattimento William Adama (Pasqualino), si trova assegnato a una delle più potenti navi stellari da combattimento della flotta coloniale: il Galactica. Pieno di ambizione e fame d’azione, Adama si trova presto a scontrarsi con il suo co-pilota, l’ufficiale Coker (Cotton), stanco della battaglia. Con soli 47 giorni di servizio rimanentigli, Coker desidera una fine della battaglia almeno quanto Adama ne brama l’inizio”.
Sotto, il promo.   
 

lunedì 5 novembre 2012

CODICE A BARRE: per chi vuole consapevolezza economica

Elsa Gati, anche co-autrice, presenta ogni giorno, con molto polso e senza nascondere la propria posizione sulle questioni, Codice a barre (Rai3, ore 11.00), un programma che ribadisce più volte che vuole essere dalla parte del cittadino, dei suoi diritti e più specificatamente in questo caso dalla parte delle sue tasche. Le questioni economiche e degli sprechi infatti (a cui è dedicata una sezione specifica) sono in primo piano.
Con ospiti in studio e in collegamento, e qualche breve servizio, davanti a un pubblico muto si dibattono i temi più diversi. La conversazione è molto educata, anche perché difficilmente gli interlocutori interagiscono l’uno con l’altro, ma lo fanno in forma indiretta attraverso l’intermediazione stringente della conduttrice. Maghi, veggenti e cartomanti, IMU, ILVA, ricongiungimento dei contributi previdenziali, rimborsi non dovuti dell’iva sulla TIA (tariffa di igiene ambientale, ovvero quella sulla spazzatura) sono alcuni degli argomenti trattati più di recente.
I temi sono affrontati tenendosi in equilibrio fra rigore e semplicità linguistica, obiettivo non sempre di facile raggiungimento, vista talvolta la complessità della materia. Sarebbe sempre utile un utilizzo più estensivo dell’infografica, in queste situazioni, che trattano argomenti ostici, ma i temi vengono visti da angolazioni sufficienti da reiterare le idee senza alla fine renderlo indispensabile. Un programma per chi vuole più consapevolezza economica.