martedì 27 ottobre 2015

SUPERGIRL: energetica e solare, volerà alto


Energetico e solare, il pilot di Supergirl mi ha conquistata, e per due ragioni fondamentali: reinventa la storia della cugina di Superman rimanendo fedele allo spirito del fumetto e riesce ad essere una storia di empowerment femminile esplicita e consapevole ben intrecciata all’azione, senza rifilare un predicozzo. Che questo accada su una rete come la CBS, di regola più conservatrice (nonostante, è vero, The Good Wife), “vecchia” e di mainstream, e che è l’ultima arrivata nel mondo dei supereroi, e non in una rete giovanilistica, è magnifico.
Kara Zor-El, alla distruzione del pianeta Krypton, è una pre-adolescente e viene mandata sulla Terra per seguire e aiutare il cuginetto Kal-El, che è poco più che neonato. Solo che rimane intrappolata in una diversa dimensione spazio-temporale e arriva sul nostro pianeta quando non solo lui è adulto, Clark Kent, ma è già ben noto a tutti per le sue imprese come Superman. Viene adottata (e i suoi genitori adottivi, in una mossa di brillante casting, sono interpretati da Dean Cain e Helen Slater, che hanno interpretato in passato Superman e Supergirl) e vive una vita da persona normale. Ora ventenne (interpretata con grinta, dolcezza e il giusto grado di vulnerabilità da una perfetta Melissa Benoist) lavora come assistente di una magnate dell’editoria, Cat Grant (Calista Flockhart di Ally McBeal, in un ruolo che riesce ad essere allo stesso tempo tosto e venato di lieve umorismo), presso il National City Tribune, un giornale dove presto conosce il fotografo amico di Superman James Olsen (Mehcad Brooks). Vuole di più però, vuole avere la possibilità di realizzarsi nel suo pieno potenziale, e nonostante le iniziali titubanze della sorella adottiva Alex (Chyler Leigh, la “piccola Grey” di Grey’s Anatomy, una abituata a rendere efficace il ruolo di sorella, potremmo scherzosamente dire), una scienziata, decide di utilizzare i suoi poteri a servizio dell’umanità.
Sviluppata per la TV da Greg Berlanti, Ali Adler e Andre Kreisberg, la serie promette avventura leggera, in modo abbastanza tradizionale, e un pizzico di romanticismo. Quello che la rende vincente è, come dicevo in partenza, il tono. Ultimamente gli eroi dei fumetti sono sempre stati molto tormentati e rivisitati con toni piuttosto dark. Qui c’è uno spirito giovanile, ma non infantile, edificante e pieno di promesse a aspettative. Anche il costume tiene le curve morbide e i colori brillanti del passato, rifuggendo da quelle linee spigolose e tonalità cupe che io non ho mai saputo apprezzare più di tanto. In passato ci si lamentati spesso del fatto che la controparte femminile di Superman, il Superuomo,  non fosse una Superwoman, una Superdonna, ma una Superragazza. È sempre stato visto come una forma di sessismo. Qui si è acuti  e brillanti a sufficienza per affrontare esplicitamente di petto la questione di petto. È facile vedere come Kara possa diventare il modello per molte giovani donne di adesso e come la serie possa avere successo. Supergirl volerà alto.  

lunedì 19 ottobre 2015

WET HOT AMERICAN SUMMER: FIRST DAY OF CAMP: esilarante e nostalgica


Forse basta il lunghissimo elenco di star che hanno deciso di partecipare al progetto ideato da David Wain e Michael Showalter per Netflix che fa capire quanto riuscito sia Wet Hot American Summer: First Day of Camp: è come se ci fosse una raccolta firme che ne suggella la qualità. Non c’è nulla, assolutamente nulla, che non sarebbero disposti  a fare per strappare una risata, con quella cosciente innocente noncuranza che ha fatto il successo di film come “Una pallottola spuntata”.

La serie, in otto puntate, è il prequel del cult Wet Hot American Summer, commedia di scarso successo interpretata in gran parte degli stessi attori ora invecchiati e in qualche caso diventati nel frattempo famosi. Se si è disposti a sospendere l’incredulità di vedere un personaggio morire e reincarnarsi in una lattina di verdure cotte (1.03) che parla attraverso il coperchio di sopra che si alza e si abbassa, allora si ha lo spirito adatto per godersi quest’esilarante storia che sa costruire una autentica vicenda di avventura, azione, adolescenza e romanticismo, parodiando tutti i tropi del genere e facendoli a brandelli con partecipata simpatia. All’inizio è spiazzante vedere uomini e donne mature, per la gran parte quarantenni se non di più, interpretare degli adolescenti, ma una volta che si è percepito il tono assurdo e demenziale, ma allo stesso tempo dolce e consapevole, si rimane deliziosamente trascinati anche se, come me, non si fosse visto il film.

Siamo nel 1981 a Camp Firewood, un campo estivo dove le vite dei giovani assistenti si mescolano alle prime esperienze e le prime cotte e rivalità amorose di ragazzini che vi si recano per trascorrere un’estate. Si vive una vita in un’estate, si formano amicizie. Suzie (Amy Poehler) e il suo innamorato segretamente gay Ben (Bradley Cooper) preparano con i ragazzi  un musical alla Dirty Dancing, Electro City, su un ragazzo che arriva a New York per poi finire sulla sedia elettrica. A selezionare il cast li aiuta una stella del teatro (John Slattery) e per i ruoli principali vengono scelti Andy (Paul Rudd) e Katie (Marguerite Moreau) che si innamorano anche fuori dal set, anche se questo manda su tutte le furie il ragazzo di lei, Blake (Josh Charles) a che si trova nel campo rivale di Tiger Claw, frequentato dall’elite WASP. Coop (Shawalter), innamorato di Donna (Lake Bell), se la vede soffiare dall’israeliano Yiron (Wain). Victor (Ken Marino) vorrebbe perdere la sua verginità, e lo stesso Neil (Joe LoTruglio). Lindsay (Elisabeth Banks), una giornalista di un giornale rock, si intrufola nel gruppo per scrivere sotto copertura  il pezzo della vita su uno scomparso musicista rock. Il capo del campo Beth (Janeane Garofalo) e l’assistente capo dei ragazzi Greg (Jason Schwartzmann) vengono coinvolti in una vicenda che ha a che vedere con rifiuti tossici e assassini, pirateria informatica e tribunali, con tanto di coinvolgimento del presidente Reagan (ancora Shawalter, in un doppio ruolo d’attore oltre che di ideatore).

Le vicende sono un susseguirsi ed intrecciarsi di gag memorabili, curate nei dettagli e con risonanza metatestuale. Nel cast anche Jon Hamm, Kristen Wiig, Christopher Meloni, David Hyde Pierce, Molly Shannon e numerosi altri volti noti. Non è solo una parodia, ma l’applicazione di una specifica sensibilità comica ad una collaudata premessa narrativa. Una satira gustosa e nostalgica, da citare e rivedere.

lunedì 12 ottobre 2015

MASTERS OF SEX - terza stagione: famiglia e carriera


Gli autori di Masters of Sex avevano promesso che ogni stagione sarebbe stata diversa dall’altra, e così è stato anche per questa terza, che si è da poco conclusa e che ha però deluso rispetto alle precedenti, pur essendo comunque qualitativamente migliore della maggior parte dell’offerta televisiva. Il motivo principale è che si è scostata dalla loro ricerca sul sesso concentrandosi su relazioni personal-familiari che esulano dalla relazione fra i due ricercatori William Masters e Virginia Johnson (i sempre eccellenti  Michael Sheen e Lizzy Caplan) .
Se la prima stagione si è focalizzata sulla novità delle loro ricerche e la seconda sull’irrobustirsi del loro rapporto personale, questo arco si direbbe sia stato concentrato sulla famiglia, figli e genitori, partendo con un salto temporale che ci ha spostati alla metà degli anni ’60, in corrispondenza con la pubblicazione del loro storico testo “Human Sexual Response”  -  “Siamo noi la rivoluzione sessuale” dice Virginia in conferenza stampa -  e deviando dalla realtà storica dei personaggi per andare sull’invenzione. Alla fine di “Parliament of Owls” (3.01) appare il disclaimer: “Questo programma tratta degli importanti risultati di Masters e Johnson. I figli Tessa, Henry, Johnny e Jenny sono interamente di finzione”. Virginia si  ritrova a gestire una figlia adolescente trascurata e ribelle che chiama in aiuto i nonni ancorati a vecchi modelli di comportamento in cui il solo ruolo della donna è quella di procacciarsi un marito e stare a casa, un figlio che vuole arruolarsi e poi un bebè appena nato, dato che è incinta e partorisce alla fine di 3.02; Bill lega di più con il bambino colpevole di bullismo nei confronti si  suo figlio, dopo che lo minaccia, che non con il sangue del suo sangue, nonostante si ritagli del tempo per fare da viceallenatore.
Meglio ancora, la serie in questo arco mette al centro dei riflettori il difficile rapporto fra vita professionale e personale, fra carriera e famiglia, dove per gli uomini è storicamente squilibrata a favore della prima, e per le donne a favore della seconda – il discorso che fa Bill a Virginia alla fine di “Three’s a crowd” (3.02) in cui la invita a vedersi come una pioniera per le donne che lavorano, conversazione poi ripresa da lei a fine stagione, ne è una prova tangibile. I figli vanno progressivamente in secondo piano. È stato anche un tema importante da affrontare – come impatta la vita di chi è loro vicino quello che i due ricercatori fanno? - ma non ha mai avuto il nitore desiderato. Si  ri-decolla negli ultimi episodi.
Libby (Caitlin FitzGerald) ha una relazione con un vicino di casa, Paul; Virginia si lega ad un investitore della loro clinica un magnate dei profumi Dan Logan, (Josh Charles, che non sbaglia un colpo nella scelta dei ruoli); Bill, contro il parere di Virginia inizia un programma che prevede l’uso di soggetti “surrogati” che li metterà nei pasticci e comincia ad essere geloso del tempo che Virginia passa lontano da lui. Continua ad essere affrontata la “questione omosessuale”, con una sensibilità certamente di oggigiorno, con Betty (AnnaLeigh Ashford) e la sua compagna che vogliono avere un bambino e Baston (Beau Bridges) che comincia una relazione con Jonathan (Rob Benedict). E con Margaret (Allison Janney), che dopo il divorzio cerca di ricostruirsi una nuova vita, si è addirittura provato a parlare di un tema sicuramente poco esporato, quello delle relazioni sentimental-sessuali a tre.
Si è combattuto con onore, ma alla fine della terza stagione, si è un po’ “battuti”, come il protagonista che in apertura dell’ultima puntata si sogna in un ring (riprendendo una metafora pugilistica già utilizzata nel corso della seconda stagione) e in chiusura si ritrova emotivamente sconfitto, solo e desolato. Tenere un buon equilibro fra casa e lavoro è difficile sullo schermo quanto nella vita privata, a quanto pare.

sabato 10 ottobre 2015

BRAINDEAD: un thriller comico dagli autori di "The Good Wife"

 
Come informa l’Hollywood Reporter, per questa prossima estate (2016) sono stati ordinati direttamente 13 episodi di BrainDead (Celebralmente Morto/i), la nuova serie dalla mente di Robert e Michelle King, già ideatori di The Good Wife.
Si tratta di un thriller comico-satirico in cui protagonista è un membro dello staff di Capitol Hill (ovvero del Campidoglio, sede del Congresso, il parlamento USA), Laurel, interpretata da Mary Elizabeth Winstead, che si rende conto che gli alieni hanno mangiato il cervello di vari onorevoli e di diversi suoi colleghi.
Se non fosse che ho degli autori (nella foto) estrema stima sarei estremamente perplessa dalla premessa. Ma visto che appunto di loro si tratta, semplicemente non vedo l’ora.
La serie rientra nel pacchetto dell’accordo fra CBS e Amazon di trasmettere le serie in esclusiva streaming su Prime Instant Video.

giovedì 8 ottobre 2015

CODE BLACK: caos e cliché


Ambientato all’Angels Memorial Hospital di Los Angeles, Code Black  (sull’americana CBS dal 30 settembre) esordisce con in sovrimpressione la spiegazione di che cosa si intenda con questo termine: si ha un codice nero quando “l’afflusso di pazienti è così elevato, che non ci sono risorse a sufficienza per trattarli”. E si procede nel dire che nel pronto soccorso di un ospedale medio questo accade cinque volte all’anno, in questo ospedale accade fino a 300 volte all’anno.
Il solito assortimento appena abbozzato di nuovi residenti in medicina  - Angus (Harry M. Ford) che fatica a credere in se stesso; Christa (Bonnie Somervile), la vecchia del gruppo, cosa che devono dirti altrimenti non te ne accorgeresti; Mario (Benjamin Hollingsworth); Malaya (Melanie Chandra) – vengono accolti dalla “mamma”, il capoinfermiere Jesse (Luis Guzman), ma presto fanno la conoscenza anche di “papà”, la dottoressa anticonformista Leanne Rorish (una sempre magnifica Marcia Gay Arden, premio Oscar per Pollock), la solita severissima professionista che non tollera imprecisioni e che al primo errore ti manda via. Ha fatto da mentore al dottor Neal Hudson (Raza Jaffrey) che ora però la giudica più imprudente e pericolosa: “Tu sei il medico che vogliono; io sono il medico di cui hanno bisogno”, lo apostrofa trionfante lei.
Basato su un documentario dallo stesso titolo del 2014 di Ryan McGarry, il programma ideato da Michael Seitzman ne riprende anche un po’ le caratteristiche. La nota dominante è il caos, con sangue ovunque e oggetti di qui e di là e inquadrature che non riescono ad essere chiare e pulite.  La potremmo vedere come una versione aggiornata di ER, ma senza la rivoluzione estetica portata dall’ormai storico programma ospedaliero. Vedere persone che aspettano e medici che corrono e gridano, e casi clinici a mala pena abbozzati, forse è realistico abbastanza da ricordare la vita reale, ma non abbastanza da costituire un racconto sufficientemente avvincente, specie se lo stile concitato si trascina dietro la debolezza narrativa di storie sdolcinate e strappalacrime e prevedibili cliché.

martedì 6 ottobre 2015

BLOOD AND OIL: debutto tiepido


È stata accolto in modo tiepido dal pubblico il debutto della soap opera del prime-time Blood and Oil, una sorta di Dallas che incontra Revenge.
Una coppia di giovani sposi in bolletta, Billy (Chance Crawford, Gossip Girl) e Cody (Rebecca Rittenhoouse) Lefever, lui ambizioso giovanotto disposto a qualunque lavoro e lei farmacista, lasciano la Florida in cerca di fortuna per trasferirsi in North Dakota, dove c’è stata una esplosione economica legata alla più grande scoperta petrolifera in quelle regioni degli Stati Uniti. Fanno centro molto presto e costruiscono un’alleanza con il magnate Hap Griggs (Don Johnson, Miami Vice), sposato in seconde nozze con Carla (Amber Valletta), sua partner in affari e esperta di Wall Street. Hap rivede se stesso in Billy, mentre disdegna invece il figlio Wick (Scott Michael Foster), che giudica uno sbruffone crasso e viziato, che non si fa scrupolo a festeggiare l’uccisione di un alce sacra ai Nativi Americani.  Hap lo diseredita e  questi è intenzionato a farla pagare al padre.
Sebbene abbia avuto un pilot anche dignitoso, questo progetto firmato da Rodes Fishburne e Josh Pate è tutto soldoni, sesso, potere, atteggiamenti macho da far west e intrighi. Passi che non vi siano grande accuratezza storica o spessore, perché non è chiaramente quel genere di programma, ma c’è davvero poco al di là di un melodrammone preconfezionato e finto dai dialoghi abbastanza piatti.    

domenica 4 ottobre 2015

QUANTICO: una godibile serie pop-corn


Quantico, la nuova serie dell’americana ABC, è stata ri-battezzata da qualcuno come “Grey’s Academy”, ovvero come una sorta di Grey’s Anatomy ambientata nell’accademia dell’FBI di Quantico, in Virginia. Non c’è dubbio che i parallelismi con la serie di Shonda Rhimes ci siano eccome, compreso la protagonista principale che va a letto nel pilot con qualcuno che si ritrova subito dopo sul posto di lavoro come avevano fatto a suo tempo Meredith e Derek. Le atmosfere tutte ricordano i programmi usciti dalla scuderia di Shondaland, che si tratti degli ambienti che evocano in qualche caso quelli del Seattle Grace o i colpi di scena alla Scandal o le aule e gli argomenti trattati che richiamano quelli di How to Get Away with Murder, da cui si prende anche la struttura narrativa sdoppiata in passato e presente e l’assistente dalla direzione della divisione di addestramento delle reclute Miranda Shaw (Aunjanue Ellis) che richiama Annalise Keating.    
Ideato da Joshua Safran (Gossip Girl, Smash), Quantico non perde tempo. Introduce i propri personaggi con poche pennellate precise e nette, pone le basi di rapporti fra le persone di cui facilmente si vede il potenziale da esplorare e lancia una storia di terrorismo adrenalinica e coinvolgente, che non può non richiamare Homeland, ma che promette di essere svolta sicuramente con meno spessore e serietà, ma con una sua gustosa leggerezza.
Alex Parrish (l’attrice Priyanka Chopra, che è stata Miss Mondo ed è una superstar di Bollywood) è una recluta dell’FBI che diventa la prima sospettata di un attacco terroristico avvenuto a New York e, se vuole scagionarsi, deve cercare di scoprire chi dei suoi compagni, conosciuti 9 mesi prima all’inizio del corso addestramento di 20 settimane, sia in realtà il colpevole. C’è il fascinoso Ryan (Jake McLaughlin) con cui aveva fatto sesso, la bellezza del sud Shelby (Johanna Braddy), il gay Simon (Tate Ellington), il mormone Eric (Brian J. Smith), la musulmana Nimah (Yasmine al Massri), il “raccomandato” Caleb (Graham Rogers). A tenerli sotto controllo è l’agente speciale Liam O’Connor (Josh Hopkins), un istruttore che ha degli errori passati da farsi perdonare.
Il pilot è pieno di energia e promette una serie pop-corn molto godibile.

venerdì 2 ottobre 2015

THE PLAYER: scommetto contro




L’amoralità della premessa di The Player, che ha debuttato lo scorso 24 settembre sulla NBC, non mi pare così poco plausibile una volta che si accetta il presupposto: un gruppo di miliardari dediti al gioco ha ideato un programma che riesce a prevedere i crimini e scommettono sulla loro riuscita o meno. Per questa ragione hanno bisogno di un giocatore, il player del titolo, su cui o contro cui fare le proprie puntate. Colui che viene nominato in questo ruolo ha un’investitura a vita.   
Gli scommettitori sono invisibili e piazzano i propri pronostici via ologramma. Mr Johnson (Wesley Snipes) è il Pit Boss, il direttore di sala del casinò, che recluta un esperto di sicurezza, Alex Kane (Philip Winchester), per essere il loro giocatore. L’ex-moglie Ginny (Cara Buono), con cui si stava riappacificando e che lo ha sempre spinto ad essere un uomo migliore e a combattere per la giustizia, viene ammazzata – o forse no? Lui crede che possa essere ancora viva e intende scoprirlo. Accetta per questo il ruolo in quella che ogni settimana diventa una feroce corsa contro il tempo. Ad aiutarlo con ogni possibile strumento richieda c’è Cassandra King (Charity Wakefield), che fa da “banco” e ha nel suo passato un legame con Ginny di cui lui è all’oscuro.
Questo progetto ideato da John Rogers e John Fox ha le caratteristiche di un adrenalinico action-movie che è meno interessato alla credibilità di quanto non sia alle testosteroniche acrobazie, esplosioni, corse automobilistiche, docce di proiettili, e a tutto l’armamentario del genere.
Scommento contro la sopravvivenza della serie.