venerdì 28 febbraio 2014

IL XIII APOSTOLO: la seconda stagione

 

Dopo il bilancio positivo della prima stagione (“Il prescelto”), Il XIII Apostolo ha continuato ad appassionare anche nella seconda stagione (“La rivelazione”). Le storie si sono fatte più esplicitamente sovrannaturali - una per tutti l’apparizione del demone Baal (2.04) - ma non è dispiaciuto. Si perdonano eventuali ingenuità facilmente ridicolizzabili anche grazie a una recitazione molto solida praticamente da parte di tutti – ha fatto eccezione per me Rebecca (Miriam Giovanelli), l’assistente universitaria di Gabriel, che si scopre poi essere figlia del nemico storico Serventi (Tommaso Ragno), il cui modo di parlare mi è sempre sembrato un po’ forzato. Il suo personaggio però, com’era in realtà prevedibile, muore alla fine della stagione, così come Jacopo, il suo fidanzato.   
Accanto alla storia autoconclusiva dell’episodio su cui indagano come sempre i due protagonisti, il sacerdote Gabriel (Claudio Gioè) e la psicologia Claudia (Claudia Pandolfi) – un guaritore (2.01), una suora con le stimmate (2.02), l’apparizione ai genitori di un ragazzo in coma (2.03), possessione (2.05), psicocinesi (2.06), visioni (2.07), vampiri (2.08), un neonato creduto morto ma rapito da una setta satanica (2.10)… - c’è la storia dell’arco, che riprende a un anno dalle vicende precedenti e nelle ultime due puntate prende il sopravvento su tutto il resto. Gabriel, in questa stagione decide di lasciare la chiesa per il timore di essere colui il quale ne porterebbe la sconfitta, come diceva la profezia. E decide di abbandonarsi al suo amore per Claudia.
Il rapporto romantico fra i due protagonisti è stato costruito in modo molto convincente e coinvolgente: conservano entrambi la propria identità e intelligenza, rimanendo prima di ogni cosa amici. In un ribaltamento di prospettiva rispetto alla tradizione favolistica de La Bella Addormentata nel Bosco e affini, lei lo bacia mentre lui è steso sul suo letto di morte e con questo lo risveglia (2.02). Lui ricambia il favore in chiusura, quando lei muore e lui la salva andandosela a prendere nell’aldilà, come ha fatto in passato grazie ai suoi poteri: un bacio la riporta in vita. Quando finalmente lui lascia la Chiesa e consumano sulla spiaggia la loro passione (2.08), il regista di tutta la serie, Alexis Sweet, è riuscito a regalare una scena (la si può rivedere qui) appassionata e dolce, non troppo casta ma nemmeno volgare, con un montaggio che ha adeguatamente giustapposto momenti di prima, durante e dopo. L’effetto è stato romantico, ma non sdolcinato.   
La morte di Clara Antonori (Imma Piro), la madre di Gabriel, è stata anticlimatica e ben poco efficace, ma la parte avventurosa è stata ben costruita: a poco a poco è emerso che gli omicidi che si immaginavano collegati a Serventi, sono stati in realtà perpetrati da un ordine segreto, di origine antica e guerriera, come un cancro all’interno della Chiesa, che si liberava degli eretici e dei nemici della Chiesa uccidendoli e marchiando le vittime con un loro simbolo. È venuto alla luce, in un passaggio forse in questo caso un po’ frettoloso, il lato oscuro di Isaia (Stefano Pesce) che è diventato un templare dell’ordine. Già nella prima stagione aveva avuto un cedimento, ma fin’ora era rimasto il miglior amico di Gabriel. Così lo si è posizionato strategicamente come suo rivale per la terza stagione.
La lotta spirituale dei personaggi è diventata molto fisica ed espressivamente corporea. Nel caso di Gabriel le sue parti buona e cattiva si sono combattute e, se lo scarso controllo della parte cattiva, ha allontanato momentaneamente Claudia, spaventata, in chiusura la parte nobile ha prevalso: ha risparmiato l’amico dichiarando che preferisce saperlo pronto ad uccidere lui che saperlo morto.
La sicurezza di un prosieguo, le cui riprese dovrebbero cominciare in autunno, giustifica il cliffhanger finale (2.12): Gabriel viene eletto all’unanimità a capo del nuovo direttorio, ma sceglierà di guidarlo tornando in seno alla Chiesa o deciderà di rimanere accanto a Claudia, incinta di lui? Già si freme per le nuove puntate.

venerdì 21 febbraio 2014

HOUSE OF CARDS: serie politica post-speranza

 

È probabilmente il cinismo la nota distintiva di House of Cards, la serie politica che lo scorso hanno ha segnato il debutto di Netflix (il colosso di video on demand e DVD spediti per posta) nel campo della produzione seriale, con le puntate della stagione (13) lanciate contemporaneamente nello stesso momento, ideale per gli amanti del binge watching, pratica che ha i suoi punti di forza.
House of Cards, basata sull’omonima apprezzata serie britannica, che ammetto di non aver visto, è sviluppata da Beau Willimon, che nel 2003 ha lavorato alla campagna per le presidenziali di Howard Dean e ha avuto una nomination all’Oscar per l’adattamento de “Le idi di marzo” sulla base di una sua opera teatrale. Si lascia alle spalle l’idealismo alla Aaron Sorkin di The West Wing, di funzionari colti e coinvolti, guidati da un presidente- pater familias di un’era post-Clintoniana liberale, e in questo senso ha scritto bene il New York Times, quando ha detto che il programma “non è un cri de coeur, ma una fredda dissezione del panorama post-Obama (o post-l’Obama-che-molti-speravano-di-aver-votato), post-speranza. È una visione del governo americano non come vorremmo che fosse, ma come segretamente abbiano paura che sia”. Il tipo di atmosfera e di visione della natura umana sono più alla Boss e alla Damages, i titoli che vi sono più affini, a partire dalla concezione della sigla.  In questo senso non c’è niente che non si sia già visto, e per questo forse la critica non si è lanciata in lodi sperticate, ma l’eccellenza della recitazione, della regia, della sceneggiatura e della messa in scena in genere e l’attenzione al dettaglio lo rendono comunque un programma d’alto livello.     
Protagonista è Francis Underwood (Kevin Specey), un onorevole del South Carolina a cui non viene data la poltrona di Segretario di Stato che gli era stata promessa e che per questo intende mettere in atto la sua personale vendetta. Della sua scalata al potere, senza scrupoli, ci rende partecipi rompendo le tre dimensioni e parlando direttamente in camera, novello Riccardo III. Non è la prima volta che si vede uno stratagemma del genere, ma grazie alla bravura dell’attore, queste confessioni a latere non sono dirette a un ascoltatore altro che non vediamo, ma hanno il potere di far sentire lo spettatore un personaggio stesso della narrazione. Nelle sue ambizioni Francis – che manipola la stampa a suo vantaggio, passando informazioni a una ambiziosa giovane reporter, Zoe (Kate Mara) che si porta a letto; che usa per i propri fini un padre aspirante governatore con problemi di alcol e droga alle spalle, Peter Russo (Cory Stoll); che mente e macchina perché la riforma sull’educazione lo conduca lì dove vuole arrivare - è sostenuto da una moglie, Claire (Robin Wright, in un ruolo che le è meritatamente valso il Golden Globe) che gli è anima gemella e complice, una sorta di Lady Macbeth.
La serie è la storia di un matrimonio, di ambizione, di rapporti sociali, di rapporti di lavoro, di che cosa si è disposti a sacrificare per ottenere ciò che si vuole, di equilibri fra interessi, di confini fra verità e menzogna, di mass media, di social media, di politica, di ripicche, di sesso, di amore, di piccinerie, di rimpianti, di immagine e sopra ogni cosa, di potere, la vera “ossessione” dello show,  per usare la parola utilizzata da Adam Sternbergh sul sopracitato articolo del NYTimes. È una serie oscura che è “una sorta di manifesto artistico, uno che riconosce la politica come un palco su cui più profonde verità umane vengono costantemente rivelate”. E un luogo dove “‘Tutte le relazioni sono transazionali” (…) Anche l’amore. L’amore potrebbe essere la relazione più transazionale di tutte”.
Come thriller la serie funziona alla perfezione, e la nota dominante di spietato cinismo – che pure avevo trovato invece eccessiva in Boss - non dispiace, forse anche perché è contemperata dal fatto che, sebbene i personaggi principali siano freddi e impassibili nel perseguire i propri obiettivi, si intende bene che non tutti sono così e molti vengono annientati da questo modo di fare. La serie riesce a brillare anche in alcuni dettagli narrativi apparentemente senza seguito: penso a Claire che ha a fare jogging in cimitero e viene rimproverata da una donna lì per rendere omaggio ai defunti, o nella scena in cui un senza tetto le getta a terra del denaro, o ancora in quella in cui fa visita in ospedale ad un poliziotto sul letto di morte che le dichiara il suo inconfessato amore. Momenti intensi.
Lo scorso 14 febbraio è uscita la seconda stagione della serie, già rinnovata per una terza.

lunedì 17 febbraio 2014

PENNY DREADFUL: il trailer

 
Ecco sotto il trailer della nuova serie horror che debutterà il prossimo 11 maggio sull’americana Showtime, intitolata Penny Dreadful, ideata da John Logan e con Sam Mendes come produttore esecutivo.
Che cos’è un “penny dreadful”? Come spiega il blog della produzione, erano delle pubblicazioni di fiction dell’Ottocento che uscivano in edicola ogni settimana e che avevano contenuti raccapriccianti, legati all’occulto, il crimine e il sovrannaturale. Alcuni degli archetipi della letteratura sono ispirati a dei penny dreadful, come il Dracula di Bram Stoker che ha preso spunto dal racconto “Varney the vampyre”. John Logan dichiara che quello che fa sono appunto dei penny dreadful, solo televisivi e non cartacei.
Storie originali si mescoleranno a personaggi classici come Frankenstein, Dorian Grey o Dracula.  

venerdì 7 febbraio 2014

CFP di Ol3Media: MEDIA & SPORT

 
Ecco, sotto, il nuovo Call for Papers per Ol3Media.
CFP Ol3Media 2014: Media&Sport
Per il prossimo numero, l’e-journal Ol3Media (http://host.uniroma3.it/riviste/Ol3Media/Home.html) cerca saggi sul tema dello sport in relazione con nuovi e vecchi media e come fenomeno che va oltre la specifica prestazione sportiva. Il volume vuole offrire una panoramica sullo sport in relazione agli aspetti sociali, economici, culturali, di esposizione mediatica dei singoli atleti, di organizzazione e marketing di particolari eventi, il tutto sempre nell’ottica comunicativa. Si può trattare di atleti e atlete che hanno imposto la loro figura in maniera riconoscibile e personale anche oltre lo sport, di particolari eventi sportivi come Olimpiadi per il loro aspetto anche sociale e politico, di film o serie tv che trattano di argomenti o personaggi sportivi, dell’utilizzo dei social network da parte di società e atleti. Sono ben accetti saggi monografici o trasversali che tocchino più personaggi e temi contemporaneamente.
Alcuni personaggi e temi, proposti solo a titolo indicativo:
Serie tv
Basketball (CJ E&M - 2013)
Luck (HBO – 2011)
Come un delfino (Canale 5 -2011)
Necessary Roughness (USA Network - 2011)
Hellcats (CW - 2010)
Eastbound and Down (HBO – 2009)
Break it or make it (ABC Family - 2009)
Friday Night Lights (NBC - 2006)
The Champion (Mediacorp Channel 8 - 2004)
Playmakers (ESPN - 2003)
Footballers wives (ITV – 2002)
Sports Night (ABC - 1998)
Coach (ABC – 1989)
La Gang degli Orsi (CBS -1979)
The White Shadow (Fox-MTM – 1978)
 
Film
Di nuovo in gioco (Robert Lorenz – 2012)
L’arte di vincere (Bennett Miller – 2011)
Invictus (Clint Eastwood – 2009)
The Wrestler (Darren Aronofsky – 2008)
Semi-Pro (Kent Alterman – 2008)
Match Point (Woody Allen – 2005)
Friday Night Lights (Peter Berg - 2004)
Dodgeball. Palle al Balzo (Rawson Marshall Thurber – 2004)
Million Dollar Baby (Clint Eastwood – 2004)
Wimbledon (Richard Loncraine – 2004)
Seabiscuit (Gary Ross – 2003)
Sognando Beckham (Gurinder Chadha – 2001)
Dodgeball (Donald Bull – 2001)
Il sapore della vittoria (Boaz Yakin – 2000)
Ogni maledetta domenica (Oliver Stone – 1999)
Varsity Blues (Brian Robbins – 1999)
The Boxer (Jim Sheridan – 1997)
Febbre a 90° (David Evans – 1997)
Jerry Maguire (Cameron Crowe – 1996)
L’Albatros – Oltre la tempesta (Ridley Scott – 1996)
True Blue – Sfida sul Tamigi (Ferdinand Fairfax – 1996)
The Fan (Tony Scott – 1996)
Ragazze Vincenti (Penny Marshal – 1992)
Point Break (Kathryn Bigelow – 1991)
Otto uomini fuori (John Sayles – 1988)
Le Grand Bleu (Luc Besson – 1988)
Ultimo minuto (Pupi Avati – 1987)
Over the Top (Menahem Golan – 1987)
Bull Durham (Ron Shelton – 1988)
Il colore dei soldi (Martin Scorsese – 1986)
Il migliore (Barry Levinson – 1984)
Karate Kid (John G.Avildsen – 1984)
Fuga per la vittoria (John Huston – 1981)
Momenti di gloria (Hugh Hudson – 1981)
Un mercoledì da leoni (John Milius – 1978)
Rocky (John G.Avildsen – 1976)
Rollerball (Norman Jewison – 1975)
Quella sporca ultima metà (Robert Aldrich – 1974)
Lo spaccone (Robert Rossen – 1961)
 
Biopic
Rush (Ron Howard – 2013) su Miki Lauda e James Hunt
42 (Brian Helgeland – 2013) su Jackie Robinson
The Fighter (David O.Russell - 2010) su Micky Ward
Senna (Asif Kapadia – 2010) su Ayrton Senna
Cinderella Man (Ron Howard – 2005) su James J.Braddock
Il maledetto United (Tom Hooper – 2009) su Brian Clough
Ali (Michael Mann - 2001) su Muhammad Ali
Dogtown and Z-Boys (Stacy Peralta – 2001) sullo Zephyr Skating Team
The Babe (Arthur Miller – 1992) su Babe Ruth
Toro Scatenato (Martin Scorsese – 1980) su Jack La Motta
Lassù qualcuno mi ama (Robert Wise – 1956) su Rocky Graziano
L’idolo delle folle (Sam Wood – 1942) su Lou Gehrig
 
Programmi sportivi
La domenica sportiva
Novantesimo minuto
Quelli che il calcio
Studio Sport
Regia e stile (anche grafica e simili) di particolari eventi sportivi (pugilato, finale di mondiali di
calcio, Olimpiadi etc.)
Oltre lo sport
Saggi su personaggi che hanno portato la loro fama oltre lo sport, positivamente o negativamente: David Beckham, Cristiano Ronaldo, Tiger Woods, Vinnie Jones, Lance Armstrong, Maradona, Jesse Owens, Mike Tyson, OJ Simpson, Tony Hawk, Joe DiMaggio, Martina Navratilova, Marco Pantani, Magic Johnson.
I saggi scelti saranno pubblicati nel numero del 2014 di Ol3Media, online in autunno, disponibile in pdf e in formato ottimizzato per IPad su ITunes. Le proposte, unitamente ad una breve biografia dell’autore (5/6 righe), dovranno pervenire entro il 30 aprile 2014 mentre i saggi accettati dovranno essere conclusi ed inviati entro il 1 luglio 2014 per l’editing necessario. I saggi possono essere in italiano o in inglese. Se l’inglese non è la lingua madre dell’autore, si chiede la cortesia di accertarsi che il saggio proposto sia scritto in un inglese corretto.
La lunghezza dei saggi dovrà essere intorno alle 2000/3000 parole. Sono graditi collegamenti ipertestuali ad altri siti, video, foto. Immagini jpg della grandezza massima di 200 kb possono essere inviate per l’inserimento nel saggio. Eventuali ulteriori indicazioni verranno inviate agli autori dei saggi scelti.
Per informazioni e l’invio delle proposte: ol3media@uniroma3.it e barbaramaio@osservatoriotv.it