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venerdì 9 giugno 2017

MASTERS OF SEX: la quarta stagione


Che Masters of Sex abbia chiuso dopo la quarta stagione non sorprende né dispiace, perché, come è stato evidente proprio dall’ultimo segmento, ha detto ormai tutto quello che aveva da dire.

L’arco conclusivo si è aperto con William (Michael Sheen) e Virginia (Lizzy Caplan) che non riescono a stare insieme, ma nemmeno separati, e professionalmente assumono un’altra coppia, tale anche nella vita anche se all’inizio lo tengono nascosto, Nancy Leveau (Betty Gilpin) e Art Dreesen (Jeremy Strong), per riuscire a portare avanti il sodalizio almeno nel lavoro d’ufficio e verso il mondo esterno - perché sono un brand, uno “stile di vita”. Virginia si propone per una rubrica su Playboy (4.01), ma la vogliono solo in coppia con lui, lui arrestato ubriaco viene costretto a seguire degli incontri dell’AA, dove lo prende sotto la sua ala protettiva Louise (Niecy Nash). L’arco si è chiuso poi con i due protagonisti che si ritrovano da un punto di vista emozionale e che si sposano. Si è riusciti, cosa che temevo non facessero, e che suona finto ma è verissimo rispetto alla verità biografica del vero Masters, a introdurre una vecchia fiamma di lui, Dody (Keli O’Hara): da adolescente le si era dichiarato chiedendo di sposarlo mandandole dei fiori in ospedale, dove lei era ricoverata. Lei non li aveva mai ricevuti, lui aveva creduto che lei non fosse interessata, lei che lui l’avesse lasciata: non si sono più rivisti e ciascuno è andato per la propria strada. Nella vita reale, i due, in tarda età, finiscono per sposarsi, e nella finzione se non altro hanno modo di chiarirsi. Si è mostrata così una di quelle situazioni ambigue in cui talvolta ci si ritrova nella vita vissuta: le vicissitudini si sono svolte in un certo modo senza che si riesca veramente a spiegare il perché, anche se a posteriori sembra assurdo e insensato. Provi a dare una spiegazione, ma non ne esce nulla che non sia fumoso e inconcludente. Questo è stato reso bene.

Per il resto questa stagione ha toccato temi anche importanti che poteva approfondire e invece ha trascurato: il rischio che compiere atti intimi dietro a un vetro possa farlo diventare una performance (4.08), il rapporto fra terapeuti e pazienti, tematiche sessuali varie che come professionisti i personaggi incontrano, come può essere il rapporto fra violenza e desiderio (4.03) o i limiti e le aspettative sessuali all’interno delle coppie  - quest’ultima affrontata davvero solo con la coppia di collaboratori Nancy ed Art, in una bella, triste storia di ambizione, manipolazione e insicurezza, e forse un po’ con i genitori di lei. Accenni in queste direzioni per il resto sono diventate occasioni mancate. Alla fine, perfino la necessità da parte dei due sessuologi di proteggere la propria eredità scientifico-culturale è giocata più come un tentativo da parte di Ginny di riavvicinarsi a Bill che come un’autentica esigenza intellettuale.

La serie per il resto si è spesa su temi che già in passato le erano stati cari, ovvero l’emancipazione femminile e la questione omosessuale. La prima è stata affrontata soprattutto attraverso Libby (Caitlin FitzGerald), che partecipa con altre donne a un gruppo di consapevolezza e scopre il senso del “bruciare i reggiseni”, trova il coraggio di chiedere a Bill di gratificarla con del sesso orale come mai avevano fatto durante il loro matrimonio, sempre troppo formale e convenzione, cosa di cui si rammarica, intraprende una relazione con l’avvocato di Bill e si sperimenta anche come figlia dei fiori e come naturista / nudista,  decidendo di tornare all’università per perseguire una carriera giuridica. Il suo personaggio rimane però sempre troppo isolato e le sue esperienze faticano ad avere la risonanza che avrebbero potuto con lei come emblema di un’epoca.

Il tema dell’omosessualità si mostrato prismaticamente con l’editore dei libri della coppia incapace di ammettere la propria tendenza, ma soprattutto con la gravidanza e la successiva morte per parto di Helen (Sarah Silverman), ripudiata dai genitori perché lesbica, e le acrobazie legali messe atto da Betty (Annaleigh Ashford) per riuscire a crescerne il bebè. Dove la serie si è impegnata è nel cercare di rendere credibile una passaggio della vita reale che ha lasciato tutti perplessi e sconcertati. William è sempre stato fortemente convinto che non esistono “devianti sessuali”: lo siamo tutti, dal momento che non c’è una norma. (4.05). Eppure in seguito lui proporrà la terapia di conversione per gli omosessuali, come modalità per “curarli”. Il passaggio fra una posizione e l’altra, che rimane un po’ come una macchia sul suo lavoro, non è mai stato del tutto chiaro come si sia verificato nella vita e la serie ha provato ad abbozzare una sorta di spiegazione di come questo potrebbe essere avvenuto.

Nei punti oscuri o grigi di vite di persone che hanno tenuto molto alla segretezza, la serie riesce a costruire delle ipotesi credibili. Quello che non è riuscita a fare, fuori dalla prima stagione, è stato riuscire ad essere pregnante e rilevante quanto avrebbe potuto. In definitiva sono stati personaggi e storie con cui si è trascorso con piacere il proprio tempo, ma che non dispiace lasciar andare.      

lunedì 12 ottobre 2015

MASTERS OF SEX - terza stagione: famiglia e carriera


Gli autori di Masters of Sex avevano promesso che ogni stagione sarebbe stata diversa dall’altra, e così è stato anche per questa terza, che si è da poco conclusa e che ha però deluso rispetto alle precedenti, pur essendo comunque qualitativamente migliore della maggior parte dell’offerta televisiva. Il motivo principale è che si è scostata dalla loro ricerca sul sesso concentrandosi su relazioni personal-familiari che esulano dalla relazione fra i due ricercatori William Masters e Virginia Johnson (i sempre eccellenti  Michael Sheen e Lizzy Caplan) .
Se la prima stagione si è focalizzata sulla novità delle loro ricerche e la seconda sull’irrobustirsi del loro rapporto personale, questo arco si direbbe sia stato concentrato sulla famiglia, figli e genitori, partendo con un salto temporale che ci ha spostati alla metà degli anni ’60, in corrispondenza con la pubblicazione del loro storico testo “Human Sexual Response”  -  “Siamo noi la rivoluzione sessuale” dice Virginia in conferenza stampa -  e deviando dalla realtà storica dei personaggi per andare sull’invenzione. Alla fine di “Parliament of Owls” (3.01) appare il disclaimer: “Questo programma tratta degli importanti risultati di Masters e Johnson. I figli Tessa, Henry, Johnny e Jenny sono interamente di finzione”. Virginia si  ritrova a gestire una figlia adolescente trascurata e ribelle che chiama in aiuto i nonni ancorati a vecchi modelli di comportamento in cui il solo ruolo della donna è quella di procacciarsi un marito e stare a casa, un figlio che vuole arruolarsi e poi un bebè appena nato, dato che è incinta e partorisce alla fine di 3.02; Bill lega di più con il bambino colpevole di bullismo nei confronti si  suo figlio, dopo che lo minaccia, che non con il sangue del suo sangue, nonostante si ritagli del tempo per fare da viceallenatore.
Meglio ancora, la serie in questo arco mette al centro dei riflettori il difficile rapporto fra vita professionale e personale, fra carriera e famiglia, dove per gli uomini è storicamente squilibrata a favore della prima, e per le donne a favore della seconda – il discorso che fa Bill a Virginia alla fine di “Three’s a crowd” (3.02) in cui la invita a vedersi come una pioniera per le donne che lavorano, conversazione poi ripresa da lei a fine stagione, ne è una prova tangibile. I figli vanno progressivamente in secondo piano. È stato anche un tema importante da affrontare – come impatta la vita di chi è loro vicino quello che i due ricercatori fanno? - ma non ha mai avuto il nitore desiderato. Si  ri-decolla negli ultimi episodi.
Libby (Caitlin FitzGerald) ha una relazione con un vicino di casa, Paul; Virginia si lega ad un investitore della loro clinica un magnate dei profumi Dan Logan, (Josh Charles, che non sbaglia un colpo nella scelta dei ruoli); Bill, contro il parere di Virginia inizia un programma che prevede l’uso di soggetti “surrogati” che li metterà nei pasticci e comincia ad essere geloso del tempo che Virginia passa lontano da lui. Continua ad essere affrontata la “questione omosessuale”, con una sensibilità certamente di oggigiorno, con Betty (AnnaLeigh Ashford) e la sua compagna che vogliono avere un bambino e Baston (Beau Bridges) che comincia una relazione con Jonathan (Rob Benedict). E con Margaret (Allison Janney), che dopo il divorzio cerca di ricostruirsi una nuova vita, si è addirittura provato a parlare di un tema sicuramente poco esporato, quello delle relazioni sentimental-sessuali a tre.
Si è combattuto con onore, ma alla fine della terza stagione, si è un po’ “battuti”, come il protagonista che in apertura dell’ultima puntata si sogna in un ring (riprendendo una metafora pugilistica già utilizzata nel corso della seconda stagione) e in chiusura si ritrova emotivamente sconfitto, solo e desolato. Tenere un buon equilibro fra casa e lavoro è difficile sullo schermo quanto nella vita privata, a quanto pare.

martedì 28 aprile 2015

MASTERS OF SEX: la seconda stagione


Attenzione spoiler. La seconda stagione di Masters of Sex si è tenuta qualitativamente sullo stesso livello della prima – di cui ho parlato estesamente in Osservatorio TV del 2014. Come avevano promesso gli autori però, si è concentrata su aspetti diversi rispetto alla prima, e in particolare sulla relazione, progressivamente sempre più intima, fra i protagonisti principali, William Masters e Virginia Johnson, esaminata in dettaglio, soprattutto attraverso il loro rapporto lavorativo-personale degli incontri clandestini in un hotel ad Alton. La scrittura qui ha raggiunto livelli davvero impareggiabili, e penso in particolare alla puntata “Fight” (2.03) scritta da Amy Lippman (Party of Five), quasi un bottle episode, in cui i due si rivelano l’un l’altra con sullo sfondo il contrappunto di un tanto scontro di boxe che va in onda sullo schermo della TV nella camera d’albergo in cui si trovano, tanto reale quanto metaforico – il tema della mascolinità nello specifico è eviscerato in modo acuto qui.
Nello stesso episodio il “caso medico” di un bimbo nato con organi sessuali ambigui ha reso la puntata ulteriormente pregnante su un altro livello, tratteggiando con pennellate tanto essenziali quanto efficaci la tematica molto attuale della discriminazione e della necessità di giustizia sociale nei confronti delle persone transgender.  Accanto a questa si è continuato ad approfondire quella già toccata nella prima stagione dell’orientamento sessuale. La terapia di conversione di Barton (Beau Bridges) seguita da un frustrato tentativo di fare l’amore con la moglie Margaret (Uallison janney) – doloroso da guardare per la sua violenta autenticità - e il suo successivo tentato suicidio sventato dalla figlia Vivian (Rose McIver) hanno aperto la stagione e veicolato l’uscita di scena di questi personaggi per altri vincoli contrattuali degli attori: Beau Bridges e Allison Janney sono impegnati sul fronte delle sit-com, e Rose McIver è diventata la protagonista di iZombie. Il testimone della famiglia Scully lo hanno raccolto Betty (Annaleigh Ashford) ed Helen (la comica Sarah Silverman in un ruolo drammatico), in una storia lesbica di forzate menzogne che ha danneggiato tutti.   
Il fondo della serie è rimasto quello che Bill ha bene espresso in una intervista per una stazione televisiva: “L’obiettivo è provocare una conversazione sulla sessualità umana che non sia condotta in sussurri fatti sottovoce. Il vocabolario del sesso (…) dovrebbe essere comune. (…) La censura perpetua la vergogna, che a sua volta favorisce l’ignoranza, e l’ignoranza impedisce il cambiamento, per cui è una traiettoria pericolosa ritirarsi intimiditi dal linguaggio del corpo” (2.11) È perfino sorprendente quanto ancora attuali siano le sue parole. E il come parlarne è emerso proprio rispetto al medium televisivo con Bill inizialmente riluttante,  poi comunque impacciato, a spiegare la propria ricerca attraverso un mezzo che, ancora agli esordi, doveva autocensurarsi molto e utilizzare circonlocuzioni e modalità costrittive e antitetiche all’essenza del messaggio che il ricercatore voleva trasmettere.
Questo arco è stato di fatto diviso in due parti, con uno stacco temporale di alcuni mesi fra la prima e la seconda parte della stagione – la prima fase si è chiusa con la morte per cancro della dottoressa DePaul (Julianne Nicholson): l’intenso rapporto fra lei e Virginia è culminato con decisioni difficili da entrambe le parti (Lillian di non continuare la terapia chemoterapica, Ginny di non chiamare i soccorsi quando l’ha trovata morente) che hanno mostrato quanta forzo e rispetto ci fosse in entrambe. E la seconda parte, con il dottor Masters che all’improvviso si è trovato non solo medico e scienziato, ma uomo incapace di avere un’erezione se non masturbandosi, ha spinto i due ricercatori verso una nuova tappa dei loro studi, quella non solo di osservare e descrivere il sesso da un punto di vista fisiologico, ma di cercare delle soluzioni per coloro che soffrono per disfunzioni di varia natura nel campo della sessualità. L’eterodosso approccio di Virginia alla psicologia ha reso giustizia sia a quest’ultima come disciplina autonoma con forti potenzialità che all’ignoranza dell’epoca sull’argomento.
Diverse altre le storie sono state sotto i riflettori: dal dottor Austin (Teddy Sears) che si è visto costretto a cedere alle avance sessuali del suo capo, Flo (Artemis Pebdani);  alle difficoltà fisico-relazionali di Barbara (Betsy Brandt), nuova segretaria, e Lester (Kevin Christy), documentarista del loro lavoro, poi divenuti pazienti; al fratello di William, Francis (Christina Borle, Smash), e l’alcolismo suo (di Francis) e del padre; fino alla storia di scoperta della realtà nera da parte di Libby (Caitlin Fitgerals), che si immagina dispensatrice di buone maniere e saggezza nei confronti della sua giovane baby sitter Coral (Keke Palmer) e scopre un mondo a colori e si impegna accanto al fratello di lei Robert (Jocko Sims) per la causa dell’uguaglianza razziale, su esempio e guida di Martin Luther King. La sua trasformazione è stata graduale e insieme alla maggiore consapevolezza c’è stata anche una certa disillusione: “Forse questa è la chiave, lasciar andare un qualche ideale per vivere la vita che hai, non la vita che pensavi che avresti avuto, per finalmente accettare ciò che è” (2.12).  
Su tutto però brillano sempre loro: William Masters e Virginia Johnson, e il merito è sì della scrittura, e nella regia – si pensi solo anche al significato e alla potenza dell’immagine Bill inginocchiato davanti a Ginny per praticarle sesso orale in “Giants” (2.05) - ma molto anche degli interpreti, sempre eccellenti,  Michael Sheen e Lizzy Caplan.
Il 12 luglio la serie torna con una terza stagione.

martedì 12 novembre 2013

MASTERS OF SEX: impeccabile


Masters of sex è la nuova serie dell’americana Showtime, basata sull’omonima biografia scritta da Thomas Maier, che narra le vicende di due pionieri della sessuologia, William Masters (Michael Sheen), ginecologo e ostetrico, e Virginia Johnson (Lizzy Caplan), ex cantante poi segretaria, che crearono un fortunato  sodalizio studiando un argomento ai loro tempi praticamente radioattivo, un suicidio professionale. La trasposizione televisiva sta raccogliendo critiche entusiaste. E la mia si aggiunge al coro. Ho letto il libro e la serie mi pare impeccabile.
Gli assi su cui la serie si costruisce sono cinque, direi. Primo, la costruzione dei personaggi: lui ambizioso, considerato strano, e quasi ossessionato dallo studiare la sessualità umana; lei affabile e libera e altrettanto interessata all’argomento, ma inizialmente impreparata e perennemente “in debito di formazione” rispetto alle certificazioni ufficiali. Lui sposato con Libby (Caitlin Fitzgerald), che fatica a concepire dei figli; lei con due matrimoni falliti alle spalle e due figli piccoli a suo carico. Secondo, il  loro rapporto: intenso, profondo, complicato e a dispetto della buona quantità di materiale, sotto tanti profili ignoto, cosa che permette alla narrazione un margine notevole per raccontare la propria storia. Terzo: i mores dell’epoca, sulla sessualità che è un vero tabù, ma non solo. Quarto, le tematiche che sono messe in luce da libro: la difficoltà della scienza di superare le barriere dei pregiudizi, di fronte alla materia del sesso; l’importanza della donna in questo studio, sotto più profili. Quinto: la rivoluzione che hanno portato i loro studi che hanno rivelato verità biologiche che ora diamo per scontate e investigato e fugato radicati tabù e pregiudizi in materia di sesso.

E l’autrice della serie, Michelle Ashford, ci offre una chiave di lettura interessante. Il punto focale non è il sesso, ma William e Virginia (o Bill e Ginny, se preferite) che guardano il sesso. E noi guardiamo loro. Io, quanto meno, di certo. Da non perdere davvero. 


giovedì 24 ottobre 2013

MASTERS OF SEX - 1.04: anacronismo estetico

 
Ho trovato anacronistico un commento che il dottor Ethan Hass ha fatto nella puntata “Thank you for coming” (“Grazie per essere venuto/a/i”) di Masters of sex (1.04), scritta dalla brava Amy Lippman, puntata che fra parentesi ha un titolo assolutamente perfetto nel suo uso del doppio senso.
Il dottor Hass (Nicholas D’Agosto) pesa sulla bilancia Libby Masters (Caitlin Fitzgerald) per monitorare come procede la sua gravidanza e dice che è aumentata 11 libbre. Lei è sorpresa perché sulla bilancia di casa le risultavano 16 libbre.  Al che lui commenta: “Mi lasci indovinare: lei è una di quelle donne che modificano la propria bilancia in modo da leggere che sono 5 libbre di più per auto-ingannarsi a perdere peso”. “Come conosce bene le donne”, replica lei.  
Questa conversazione lascia credere che il principio estetico condiviso sia “più magro, più bello”. All’epoca però, una donna con le caratteristiche fisiche di Libby, magra com’è, credo che avrebbe considerato  desiderabile e sentito la pressione sociale ad essere semmai più in carne, non certo più magra. Almeno così mi dicono i racconti delle persone che quell’epoca l’hanno vissuta, così come le numerose pubblicità risalenti a quegli anni (si veda qui o qui, ad esempio).
Questo “errore”, se tale può essere considerato, mi dispiace soprattutto perché credo che sia stata un’occasione sprecata nel ricordare che certi canoni estetici sono sensibili rispetto all’epoca a cui si riferiscono, non universali, tanto più in un momento storico in cui ci si lamenta di come l’ideale di peso per le donne sia irrealisticamente magro.

giovedì 15 agosto 2013

MASTERS OF SEX: il trailer ufficiale


Ecco sotto il trailer ufficiale della serie Masters of sex, tratta dall’omonima biografia scritta da Thomas Maier dedicata ai sessuologi William Masters e Virginia Johnson, che debutta il prossimo 29 settembre sull’americana Showtime.