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giovedì 8 marzo 2018

THE MARVELOUS MRS. MAISEL: una scoppiettante commedia



Ha meritatamente vinto il Goden Globe come miglior commedia nell’ultima edizione del premio la serie The Marvelous Mrs. Maisel (Amazon), la più recente creazione di Amy Sherman-Paladino (Gilmore Girls, Bunheads), che porta molti dei segni distintivi della sua sceneggiatura.

Siamo nel 1958, a Manhattan, New York. Miriam “Midge” Maisel (una sfolgorante Rachel Brosnahan, House of Cards) è una giovane casalinga di estrazione privilegiata, sposata con due figli, che sostiene le aspirazioni del marito Joel (Michael Zegen, Boardwalk Empire) a diventare un cabarettista. Quella con il talento per la stand-up comedy però è lei e, quando lui la tradisce con la sua segretaria, lei finisce per sfogarsi sul palco del Gaslight Cafè e per attirare l’attenzione di Susie (Alex Bornstein, Gilmore Girls) che lavora lì e che vuole lanciarne la carriera diventando la sua manager. Separata dal marito, Midge, che si confida con la migliore amica Imogene (Bailey De Young, Bunheads), torna a vivere con i suoi genitori, Rose (Marin Hinkle, Speechless) ed Abe  Weissman (Tony Shalhoub, Monk), dispiaciuti per i guai sentimentali della figlia.

Impeccabile dei costumi e nell’ambientazione, questo dramedy offre, come è tradizione per questa autrice, un dialogo veloce, spumeggiante e scoppiettante, ricco di riferimenti, anche se in questo caso forse più arcani del solito perché sono riferiti a un'epoca ormai distante, e più difficili da cogliere per l’italiano medio perché fortemente intrisi di cultura ebraica. Protagonista è una giovane donna volitiva, entusiasta, piena di energia, con un complicato rapporto con una madre molto più inserita in società e attenta a quello che la gente dice e pensa (come era per Gilmore Girls).

I punti di riferimento narrativi qui sono essenzialmente due, e si contendono la scena a pari merito. Uno è la quello della comicità, di come sia un’arte che richiede talento, ma anche tanto studio, sacrificio e dedizione per affinarsi, per capire che cosa funzioni e che cosa no, per comprendere il tipo di “persona” (se è necessaria) che funziona sul palco, per saper leggere il pubblico che si ha dinanzi, il contenuto che colpisce meglio nel segno e il ritmo da usare. Si incrocia anche Lenny Bruce (qui interpretato da Luke Kirby). L’umorismo è sottile e vivace e i due binari della comicità della serie e di quella della protagonista che cerca di essere tale si mantengono in un equilibrio ben riuscito.

Un’altra colonna portante è l’essere donne - le situazioni della vita quotidiana riverberano nelle routine comiche proposte - e in particolare la denuncia del fatto che alle donne è richiesto sempre di essere diverse da quelle che sono. La protagonista è iperconsapevole, per non dire ossessiva, del suo look (la vediamo prendesi quotidianamente le misure delle gambe: caviglia, polpaccio, coscia…), le mogli non si mostrano mai al naturale nemmeno davanti ai loro mariti (e vale tanto per Midge quanto per sua madre), nemmeno all’interno del proprio matrimonio possono essere se stesse. Sul palco, nel corso di un monologo scritto da Daniel Palladino in 1.07 (“Put that on your plate / Mettilo sul piatto”), criticando la famosa comica Sophie Lennon (Jane Lynch, Glee) che ha incontrato poco prima, si esprime in modo esplicito questa misoginia sociale

Perché le donne devono fingere di essere qualcosa che non sono? Perché dobbiamo fingere di essere stupide quando non siamo stupide? Perché dobbiamo fingere di essere inermi, quando non siamo inermi? Perché dobbiamo fingere di essere dispiaciute, quando non abbiamo nulla di cui dover essere dispiaciute? Perché dobbiamo fingere di non avere fame, quando abbiamo fame. 

C’è disillusione rispetto alle aspettative (nel matrimonio anche). E, con il personaggio di Susie, molto arrabbiata e un po’ “butch”, si presenta anche un modello alternativo di essere donna negli anni ’50, un modo che raramente viene messo sotto i riflettori. Le canzoni vintage fanno da perfetta colonna sonora e la serie cresce con il passare degli episodi. È benvenuta una confermata seconda stagione.

martedì 29 novembre 2016

GILMORE GIRLS: A YEAR IN THE LIFE: magico


È stato perfetto, assolutamente perfetto, il ritorno su Netflix di Gilmore Girls, conosciuto in Italia con il titolo infantilizzante di Una mamma per amica, in quattro puntate speciali che hanno preso il nome di “A Year in the Life” (Un anno nella vita), “Di nuovo insieme” in italiano. Il lancio è stato il 25 novembre. La serie originaria, che aveva debuttato nel 2000, era durata 7 stagioni, ma l’ideatrice Amy Sherman-Palladino aveva lasciato, per dispute contrattuali, alla fine della sesta, e non ha potuto terminarla come aveva sempre pensato. Questa è stata l’occasione per il suo riscatto e per mettere sulla bocca dei personaggi quelle famose ultime quattro parole che ha detto di avere avuto presenti da sempre e che sono diventate una specie di piccolo mistero della serie. Non le rivelerò. Hanno chiesto hai fan di fare una solenne promessa di non farlo, e tengo fede all’impegno. Dico solo che le ho trovate appropriate, perché chiudono un po’ il cerchio, così come questi quattro nuovi appuntamenti (di 88 - 122 minuti) si aprono al gazebo dell’immaginaria Stars Hollow dove sono ambientate le vicende, e lì si chiudono. Si comincia con “Inverno”, poi “Primavera”, “Estate” e “Autunno”, la prima e l’ultima scritte e dirette dall’ideatrice, la seconda e la terza da Daniel Palladino, il marito da sempre coinvolto nella produzione come sceneggiatore/regista/produttore esecutivo.

Due precisazioni, prima di procedere. La prima è che ho seguito questa nuova tranche in originale, come ho fatto sempre in passato (pur avendo anche seguito molte puntate in italiano, occasionalmente). E ho scelto di non usare i sottotitoli italiani perché, anche a causa della velocità del dialogo, usarle le due lingue contemporaneamente sarebbe stato insostenibile. Se perciò la versione nostrana abbia in qualche modo alterato, e in che modo, il prodotto, non sono in grado (almeno in questi momento) di valutarlo. La seconda è che sono una fan della serie, e come tale ho cercato di gustarmela, ma come critica e come studiosa di media ho partecipato anni fa a una raccolta di saggi critici pubblicata dalla Syracuse University Press intitolata “Screwball Television: Critical Perspective on Gilmore Girls”, curato da David Scott Diffrient e David Lavery. È un progetto di cui vado fiera, e che sicuramente caldeggio a chi è in grado di leggere in inglese. Lì ho analizzato l’utilizzo a doppia lama dell’impianto liturgico e ritualistico della narrativa televisuale, una struttura per ragioni varie (incluso il formato) in gran parte scardinato nel revival, ma presente nel substrato della memoria dello spettatore, e rilevante nella visione: ora qui, in ogni caso, non mi soffermerò su questo.

Si erano lasciate le protagoniste principali che si dicevano un temporaneo addio. Mamma Lorelai (Lauren Graham) salutava la figlia Rory (Alexis Bledel) che aveva deciso di unirsi alla campagna elettorale di Obama. Si riprende con Rory che torna a casa brevemente a trovare la madre, e c’è un magnifico scambio iniziale, fortemente metatestuale, in cui le due donne osservano come sembra che siano passati anni da quando non si sono viste. Rory è ora laureata a Yale in giornalismo (ma non ha ancora una laurea specialistica, scopriamo poi), e sta cercando di sfondare come scrittrice. Ha pubblicato un pezzo per il New Yorker e sta cercando un ingaggio permanente in qualche rivista di successo. Lorelai vive con Luke e continua a condurre il suo bed & breakfast, il Dragonfly Inn. Il vero cambiamento riguarda anche fortemente nonna Emily (Kelly Bishop): è rimasta vedova. Edward Herrmann, che interpretava nonno Richard, è scomparso l’ultimo del’anno del 2014. Acutamente, i personaggi non tornano per il funerale, ma come nella vita reale, già del tempo è passato da quel momento che viene però ricordato e i cui effetti si sentono tutt’ora. La puntata è stata dedicata all’attore scomparso e il palpabile lutto è autentico, un po’ anche per noi spettatori. Io specificatamente poi ammetto di non aver potuto far a meno di pensare all’improvvisa scomparsa questa scorsa estate di David Lavery, uno dei due curatori del libro di cui sopra, a cui ero legata d’amicizia e che pure era ormai nonno. Che non fosse qui a vedere il ritorno delle ragazze Gilmore ha aggiunto una nota di tristezza.

Si è riso e si è pianto molto in queste quattro stagioni (atmosferiche, non televisive), per le bizzarre situazioni che sempre hanno caratterizzato la vita di questa confettosa cittadina del Connecticut, e per i momenti di crisi della propria vita e di perdita di orientamento, il senso profondo di questo revival, ritengo. La vera sensazione però è stata quella di un grande forte abbraccio per la gioia di aver rivisto tanti voti noti e amati, perché c’erano tutti, assolutamente tutti, ed è stato fantastico. Ovviamente Lorelai e Rory e Luke (Scott Patterson) e Emily; naturalmente i ragazzi ora uomini che negli anni si sono contesi il cuore di Rory: Dean (Jared Padalecki, Supernatural), Jess (Milo Ventimiglia, This is us) e Logan (Matt Czuchry, The Good Wife), con uno studiato equilibrio nella presenza di ciascuno, con scambi adeguati alla natura del loro rapporto - con chi finirà Rory, ci si è sempre chiesti: il risultato finale a me soddisfa; una fugace apparizione di Sookie (Melissa McCarthy, un po’ in forse inizialmente, visto il successo avuto successivamente dall’impegnatissima attrice), con magnifiche torte e riferimenti agli esordi; ma anche Michel (Yanic Truesdale) sempre snob e supponente; Paris (Liza Weil, How to get away with murder) arrabbiata e dittatoriale; Kirk (Sean Gumm), con l’ennesimo nuovo lavoro; Lane (Keiko Agenas), con la sua musica e un orecchio per l’amica; Taylor (Michael Winters), con i suoi progetti di miglioramento della città e le sue riunioni cittadine (e un musical!); la rigida Mrs Kim (Emily Kuroda), e un’istantanea apparizione del mai-visto-prima Mr Kim; Doyle (Danny Strong) la cui carriera nella finzione è quella dell’interprete nella realtà; la studiosissima April (Vanessa Marano, Switched at Birth); Miss Patty (Liz Torres), Jackson (Jackson Bellevile), Babette (Sally Struthers), Christopher (David Sutcliffe), Gypsy (Rose Abdoo), Caesar (Aris Alvarado), Francie (Emily Bergl, Men in Trees), Mitchum (Greg Henry), il preside della Chilton (Dakin Matthews), Paul Anka il cane e molti altri ancora. Alla fine perfino Richard. E le strade, i negozi, il gazebo…Che tripudio. Ogni momento è stato un ricordo, un piacere, una gioia, quasi da far mancare il fiato. Fino alla canzone finale che ci ha accompagnato negli anni come sigla, “Where you lead” (e la cantante che la interpreta, Louise Goffin, che fa una comparsa del ruolo della sorella del menestrello ufficiale della città).

A questa sensazione di sorpresa continua si sono aggiunti i numerosi cameo. Ci sono stati attori che hanno avuto ruoli nella serie Bunhead, sempre ideata da Amy Sherman-Palladino e con Kelly Bishop nel cast: Sutton Foster (Younger), Julia Goldani Telles (The Affair), Bailey De Young, Stacey Oristano. Ci sono stati attori Parenthood, del cui cast faceva parte Lauren Graham nel ruolo di Sarah Braverman. Ecco Mae Whitman, che interpretava la figlia di Sarah, Jason Ritter che interpretava un suo innamorato, Peter Krause che interpretava suo fratello ed è il suo compagno nella vita…  In qualche caso, magari questi attori recitano solo in una scena, ma la testa dello spettatore è come una pallina di flipper. Ci sono varie guest star (si veda qui e qui).  Alex Kingston (ER) ha un ruolo ricorrente, Christian Borle (Smash) partecipa al musical, Ray Wise (Twin Peaks) è un vecchio amico di Emily… Carolyn Hennesy, che qui ha il piccolo ruolo di Toni, del gruppo delle Figlie della Rivoluzione Americana a cui partecipa Emily, è un’attrice nota per il ruolo dell’avvocatessa Diane Miller in General Hospital, Nancy Linary, che qui interpreta Martha dello stesso gruppo, pure viene da lì e a venire presa in considerazione per unirsi a loro è una giovane donna interpretata da Julie Berman, la prima Lulu adulta di General Hospital. Nella serie originaria c’erano menzioni a questa soap. Che sia quello il collegamento? In più, ora come allora i riferimenti diretti e le citazioni alla cultura colta e pop sono costanti e sbalorditivi. Come non elettrizzarsi a sentire il “cinque per cinque” di Buffy, citata anche in un’altra situazione (in una esilarante battuta di Paris), o non sorridere che venga citato Narcos, che appartiene al carnet di Netflix. Intossicante. Tutto con dialoghi recitati alla velocità delle luce, da sempre cifra stilistica della serie.

La critica che è in me non ha visto tutto perfetto. Si è stati narrativamente solidi e qualcosa di nuovo si è anche detto, ma c’è stata qualche titubanza nella carburazione e c’è stata qualche rara sbavatura. Ammetto di avere anche qualche altra perplessità. Nondimeno, la fan che è in me è rimasta completamente e profondamente appagata. Voglio di più, voglio nuovi episodi. La chiusura si apre a nuovi scenari. Amy Sherman-Palladino (si veda THR, ma attenzione che è un articolo con spoiler) non ha escluso la possibilità, ma prima voleva vedere come sarebbero andate queste puntate. Sembra che, genericamente parlando, siano andate molto bene. Ora lei è impegnata con un nuovo pilot per la Amazon, The Marvelous Mrs Maisel, e anche una buona parte del cast è impegnato in altri progetti. Da qualche parte Scott Patterson ha ipotizzato la concreta fattibilità di un ritorno periodico in questa stessa modalità, se non proprio la ripresa di una serie vera e propria. Incrociamo le dita. Gilmore Girls: A Year in the Life è stato magico.

giovedì 29 agosto 2013

Video di addio per BUNHEADS


La ABC Family quest’estate ha deciso di cancellare Bunheads, dopo una sola stagione, notizia che ho accolto con rammarico, anche perché era davvero un bel programma – tanto che l’associazione dei critici televisivi l’aveva scelto quest’anno come miglior programma per i giovani .

Amy-Sherman Palladino (Gilmore Girls), l’ideatrice, ha deciso di salutare i fan con un video- balletto, di cui lei stessa è regista, in cui si esibiscono le protagoniste. Il video è disponibile su IMDb, a questo link. Se siete fan della serie, non perdetelo. Io mi sono commossa. Bella l’immagine finale, con la stessa Palladino sulla sedia da regista, con indosso uno dei suoi iconici cappelli.

venerdì 30 novembre 2012

BUNHEADS: erede di "Gilmore Girls"

 
Amy Sherman-Palladino is back. Dopo il tremendo The Return of Jezebel James, fortunatamente presto cancellato, l’ideatrice di Gilmore Girls sembra finalmente tornata a brillare con una nuova serie che in partenza sembra essere l’erede di quella che l’ha resa famosa: Bunheads - ovvero “cipolle” nel senso di chignon, la pettinatura –, su giovani aspiranti ballerine di danza classica che vivono in una pittoresca cittadina abitata da personaggi eccentrici e parlano con dialoghi pimpanti e velocissimi - solo Aaron Sorkin è capace di altrettanto - ricchi di citazioni culturali di ogni tipo (alte e basse, classiche e pop) che ti fanno ridere quando non ti lasciano a bocca aperta. Suona familiare?  Davvero, è l’erede del celebrato Una mamma per amica, perché di certo ne ha in comune la sensibilità. Molto “al femminile”, anche – davvero pochi gli uomini nel cast (una rarità, di solito) e una cura rara nel dipingere i rapporti fra donne.  
Michelle Simms (Sutton Foster, vincitrice di un Tony Award come miglior attrice per il musical  di Broadway “Thoroughly Modern Mille”) è una ballerina che non trova più lavoro se non come showgirl in spettacoli di Las Vegas non proprio di primissimo ordine. Sull’onda del momento decide di sposare un suo grande ammiratore. Lui la porta nella sua cittadina, Paradise, dove la madre, Fanny Flowers (Kelly Bishop, Gilmore Girls)  ha una scuola di danza, e poi – attenzione SPOILER – muore, subito, proprio alla fine del pilot. Michelle eredita tutto, decide di fermarsi e impara a convivere con la suocera, a cui lascia il diritto di abitare in quella casa che ha sempre chiamato sua, piena di memorabilia di ogni tipo e pittoresche cianfrusaglie.  
Suo malgrado finisce anche per fare amicizia con la donna che era innamorata dell’uomo che lei ha sposato, Truly Stone (Stacey Oristano) -che lavora in una sorta di bazar d’abbigliamento, lo Sparkles - e per diventare una insegnante/sorella maggiore/modello per le giovani allieve ballerine della scuola. Conosciamo Sasha (Julia Goldani Telles), benestante, infelice, con genitori che le rare volte che sono presenti non fanno che litigare; Melanie (Emma Dumont), la più alta del gruppo, di cui si sa poco, che si fa sempre portare in giro dal fratello Charlie; Bettina “Boo”, che non nuota nell’oro e presto comincia a lavorare della locale tavola calda, ha il supporto di una mamma amorevolissima, anche se distratta, e una cotta non ricambiata per il fratello di Melanie;  Ginny (Baily Buttain), che ha lo stesso ragazzo dalla seconda elementare.  
Sono piccole donne moderne. Crescono. E starle a guardare sotto la penna danzante della Palladino è un vero piacere. A gennaio sulla ABC Family la serie torna con nuove puntate che chiudono la prima stagione. Sotto, la sigla.


martedì 10 aprile 2012

BUNHEADS: a giugno la nuova serie di Amy Sherman-Palladino


L’11 giugno debutta sull’americana ABC Family Bunheads (Teste con lo chignon, potremmo dire, Ballerine cioè, o come tradurrei io per rimanere fedele allo spirito del titolo, Cipolle)  la nuova serie TV ideata da Amy Sherman-Palladino, già autrice di Gilmore Girls - Una mamma per amica. Protagonista è Michelle (Sutton Foster, vincitrice di due Tony Awards, i premi più prestigiosi nel mondo del teatro), una ballerina diventata showgirl a Las Vegas che, in seguito a un periodo negativo, decide impulsivamente di sposarsi e si trasferisce in un sonnacchioso paesino costiero della California, Paradise, dove finisce per insegnare nella scuola di danza della suocera Fanny (Kelly Bishop, nonna di Rory e madre di Lorelai in Gilmore Girls), la Paradise Dance Academy.
La Palladino ci ha dato la magnifica serie sopracitata, ma in seguito anche il terribile The Return of Jazebel James, cancellato dopo pochissimi episodi. Incrocio le dita per questa serie che pare mirata soprattutto alle ragazzine (modelli di vita e girl-power), ma che vista l’autrice mi aspetto con molto spessore e scilinguagnolo. L’ambiente lo conosce: sua madre era ballerina e pensava avrebbe avuto lo stesso destino lei stessa – ha dichiarato di essere stata a lungo una “cipolla”. Per chi conosce GG, come non ricordare poi la mitica Miss Patty?
Sotto il promo lungo.