venerdì 20 gennaio 2012

HOUSE OF LIES: consulenti manageriali dai metodi discutibili


Nulla è immorale se ti fa ottenere ciò che vuoi: sembra questa la cinica logica che muove i personaggi di House of Lies (Dimora di menzogne), la nuova serie di Showtime basata sul libro House of Lies: How Management Consultants Steal your Watch and then Tell you the Time (Dimora di Menzogne: Come i Consulenti Manageriali ti Rubani l’Orologio e poi ti Dicono l’Ora), di Martin Kihn, più realistico di quanto non si sia disposti ad ammettere, come afferma candidamente l’autore in un’intervista. Protagonista è Marty Kaan (Don Cheadle), che dirige una squadra di consulenti manageriali dai metodi discutibili di cui fanno parte Jeannie (Kristen Bell, Veronica Mars), Clyde (Ben Schwartz, Parks and Recreation) e Doug (Josh Lawson). Nel pilot architettano una strategia per far sembrare un vero benefattore a contatto con le sofferenze della gente il capo di un’impresa senza scrupoli che ha mandato sul lastrico e ridotto a senzatetto più di qualcuno. Il lavoro del team è stato a rischio perché uno dei dirigenti ha scoperto che la moglie aveva avuto molta più soddisfazione da una sveltina in bagno con una spogliarellista - che Marty aveva trovato in uno strip club e che faceva passare per la sua consorte - che con lui.  A dispetto di tutto però ce la fanno.

La prima volta che incontriamo Marty è sul letto completamente nudo accanto a una donna che poi scopriremo essere la sua ex Monica Talbot (Dawn Olivieri), una collega, pure completamente nuda, e in una vaga posizione 69. Lei è svenuta e nemmeno una secchiata d’acqua riesce a svegliarla, per cui lui la riveste in fretta e furia per non farsi beccare dal figlio Roscoe (Donis Leonard jr), un bimbo che si veste con abiti femminili e nel musical della scuola aspira alla parte di Sandy in Grease: è alla ricerca di una attenzione positiva, commenta al figlio il nonno (Glynn Turman) del piccolo, uno strizzacervelli in pensione. House of Lies, in puro stile Showtime e un gusto licenzioso alla Californication o Shameless anche, non va tanto per il sottile e usa tinte forti (la secchiata d’acqua ad esempio a me ha un po’ disturbato, forse perché non ero avvezza al tono del programma) e temi anche controversi. Il travestitismo infantile non è la prima volta che viene affrontato in TV (si pensi di recente a The Riches, o alla sensibilizzazione che si fa in proposito in programmi come Today), ma non è nemmeno l’argomento più gettonato e assodato del mondo.

Stilisticamente è interessante, perché utilizza come suo segno distintivo il fermo immagine che ghiaccia in un fotogramma i personaggi e che consente degli a latere di Marty che rompe la quarta dimensione rivolgendosi allo spettatore. Nella presentazione iniziale all’azienda che li ha assunti, ad esempio, si ferma a illustrarci con dei cartelli le tecniche che sta per usare (lusingare il cliente, chiedere a loro che cosa pensano, usare un gergo indecifrabile) prima di riprendere con la scena, e il normale flusso di immagini. Cogliere il tono, in bilico fra serio e faceto, è l’aspetto più difficile per un dramedy che un po’ come in Dirt, ideato come questa serie da Matthew Carnahan, non si fa problemi a mostrare il marcio e le bassezze impiegate in certi ambienti di lavoro, anzi li abbraccia con gusto e ne fa il proprio fulcro. Non posso dire di essere rimasta folgorata, ma i nomi dei coinvolti (fra le guest star anche Richard Schiff di The West Wing e Greg Germann di Ally McBeal, ad esempio) mi convincono a dare fiducia alla serie che spero riesca a mostrare un po’ di umanità dentro al suo  sardonico involucro.

2 commenti:

  1. uh, è già partita?
    peccato che in italia nessuno abbia ancora fatto i sottotitoli...
    da quanto dici non sembra fenomenale, però una possibilità dovrei dargliela..

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  2. Non ho controllato che ci fossero già i sottotitoli a dire il vero, perchè di solito arrivano tempestivamente, e io di mio cerco di evitarli, se posso, perchè mi distraggono.

    Mi ha lasciato tiepida, ma una possibiltà la do.

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