mercoledì 18 gennaio 2012

Basta con la dicitura "DONNE E BAMBINI": è degradante




Ieri sera, nell’edizione delle 20.00 del TG5 (su Canale5, ovviamente), è andata in onda la registrazione di una telefonata fra il comandante della capitaneria di porto di Livorno De Falco e il comandante della Costa Concordia Schettino. Il primo ordinava al secondo di tornare sulla nave e comunque di mobilitarsi per assicurarsi quale fosse la situazione e che tutti i passeggeri fossero in salvo, senza venir meno alle proprie responsabilità. Non c’è dubbio che qui il “buono della situazione” in questa telefonata sia il comandante della capitaneria di porto. Sopra c’è il video con la telefonata (anche se il video non è quello del TG5, la telefonata è la stessa).

Ad un certo punto (intorno a un minuto e quindici nel filmato) il comandante della capitaneria di porto dice a Schettino che c’è gente che sta scendendo e quello che gli comanda è: “sale sulla nave e mi dice quante persone e che cosa hanno a bordo. Chiaro? Mi dice se ci sono bambini, donne, o persone bisognose di assistenza. E me ne dice il numero di ciascuna di queste categorie”. Che pugnalata, che tristezza, che rabbia. Le donne inserite insieme ai bambini e alle persone bisognose di assistenza. Che schifezza. Come mi sono sentita insultata. Dico “Bambini, uomini o persone bisognose di assistenza” io? Non direi proprio.

Forse l’espressione fa parte del codice marinaro? Forse, non lo so. Così anche fosse, sarebbe ora anche passata che venisse cambiato. E in ogni caso è una cosa che sento ancora e ancora in questo genere di situazioni: giornalisti e persone varie ripetono la nenia di “donne e bambini”. Un conto è il caso in cui dicono “donne incinte”, perché evidentemente si tratta di persone in una situazione delicata e di vulnerabilità, ma diversamente non è una formulazione che ha ragione di esistere, ma solo il retaggio di maschilismo e paternalismo. Davvero, se non mi macchiassi della stessa orribile violenza verbale userei “uomini e bambini” per far capire quanto degradante è. Sentirlo così di frequente mi fa venire da piangere, anche per l’impotenza con cui si è costretti a sopportare che venga perpetuata una simile visione discriminatoria. In quanto obliqua e sottile è anche più pericolosa. E sentirlo da “un buono” mi dispiace di più.  Le parole hanno un peso. Le parole sono azioni, come bene dimostra questa situazione. 

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