lunedì 9 gennaio 2012

Jorge Volpi: siamo "HOMOFICTICIOS"


Lo scrittore Jorge Volpi, in occasione dell’ultima edizione della Fiera Internazionale del Libro di Guadalajara, e della presentazione del suo più recente testo “Leer la mente: El cerebro y el arte de la ficción” (Alfaguara, 2011), ovvero “Leggere la mente: il cervello e l’arte della narrativa”, ha espresso alcuni concetti che condivido e che mi stanno molto a cuore.
Come riporta un articolo de El Nuevo Dia, dopo aver ammesso che da bambino ha scoperto il gusto della lettura grazie alla televisione, ha continuato dicendo che ritiene un grande errore presentare la narrativa letteraria come superiore alle fiction – ricordo che il significato di “fiction”corrisponde all’italiano “narrativa” – della televisione, del cinema, del teatro, della danza, dei videogiochi… “Sono equivalenti. Quando entriamo in un testo entriamo in un mondo di immagini tanto potente quanto quelle del cinema e della televisione”.
Negare inoltre alla finzione narrativa un altro ruolo al di là di quello di intrattenere è una grave ingiustizia perché non riconosce la necessità umana di raccontare storie e di raccontarsi per comprendere se stessi e il mondo circostante, cosa indispensabile per l’evoluzione umana: “Il nostro cervello non distingue le immagini che vengono dalla finzione e quelle che vengono dalla realtà. Ugualmente nella realtà utilizziamo strumenti che sono propri della finzione. Siamo ciò che leggiamo e ciò che vediamo”. Riflettendo sull’importanza dell’immaginazione come strumento aggiunge: “grazie alla finzione abbiamo accesso ad altre coscienze e solo così possiamo conoscere l’altro e noi stessi perché l’io e il tu si confondono, i personaggi della finzione e quelli reali diventano allo stesso modo reali”. E ancora: La narrativa non è il rifugio dal caos. Non è una fuga, è una forma per comprendere quello che gli altri hanno già vissuto e hanno già immaginato”.
L’intellettuale messicano si è anche soffermato sull’idea che proprio il fatto di creare narrativa/e ci distingue dagli animali. “È provato che dedichiamo approssimativamente cinque ore al giorno alla narrativa e cinque minuti al sesso. Siamo una specie che preferisce riprodursi nella narrativa che nella vita reale. Siamo l’unica specie che produce narrative su se stessa”.Per questo suggerisce di chiamarci “homoficticios”.
La fiction, la narrativa, nei libri e al cinema come in televisione, ci insegna insomma ad essere umani.

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