Scegliere le migliori
serie dell'anno per me è sempre un'impresa, perché sono spesso indietro nella
visione. Mi ritrovo in un po' tutte le liste che ho letto, in linea di massima,
e proprio dovessi scegliere una e una sola serie come migliore per quest'anno, fra
quelle che ormai ci accompagnano da tempo, metterei sul podio The Good Wife, che sta avendo un periodo
spettacoloso. Mi sento sempre in dovere di rimarcare che non avevo valutato un
granché questa serie in origine proprio perché rimango sempre a bocca aperta di
quanto sia potente e di quanto sia cresciuta: apparentemente semplice, è in
realtà intricata e complessa, narrativamente e umanamente.
Se preferisco non fare
una lista di migliori programmi, mi piace però scegliere le migliori nuove
serie dell'anno, almeno secondo per me.
Sono:
TRANSPARENT: questo
drama-comedy ideato da Jill Soloway, e distribuito da Amazon, ha come
protagonista principale un professore di scienze politiche ormai anziano, Mort,
da tempo separato dalla moglie, che decide di fare coming out come transgender e di mostrarsi ora come una donna, Maura,
ai suoi tre figli ormai adulti le cui vicende pure seguiamo. Non solo tratta un
tema originale e socialmente attuale, ma è una pungente riflessione sull’identità
e sulla percezione di noi stessi in paragone a come gli altri ci percepiscono
dall’esterno. Ancora non vi ho dedicato un post apposito, ma conto di farlo. Tutto
il cast è superbo, in primis Jeffrey Tambor (Mort/Maura). Facilmente questa
potrebbe essere la migliore fra le serie dell’anno, in assoluto, nuove o
vecchie che siano, punto.
SILICON VALLEY: un
specie di The Big Bang Theory come la
farebbe la HBO con una spruzzata di Beavis
and Butthead, Silicon Valley racconta la
nascita di un algoritmo di compressione musicale, denominato Pied Piper
(Pifferaio Magico), ad opera di un gruppo di programmatori di computer tanto
geeky quanto di talento, che lavorano insieme in una start-up e vivono insieme. La sit-com, esilarante con
intelligenza e un pizzico di tenerezza, racconta della lotta fra loro e le
grandi corporazioni della tecnologia informatica. Tutto il cast è eccellente,
ma i boss dei rivali Gavin Belson e Peter Gregory, interpretati da Matt Ross (Big Love) e da Christophen Evan Welch (Rubicon), prematuramente scomparso poco
più di un anno fa, sono da annali. Sotto
i riflettori c’è anche la definizione di mascolinità. In più, a quanto dicono,
per chi è in grado di coglierli, ci sono un sacco di riferimenti alla realtà
della vera Silicon Valley.
THE LEFTOVERS: questa
serie è uno straziante grido di dolore. So che indicarla fra le migliori
dell'anno sarà una scelta impopolare. Molti non sono stati convinti dal progetto
Perrotta/Lindelof. Tanti hanno detto di aver avuto difficoltà a capirlo. Ne
prendo atto, ma io non ho avuto questa esperienza. Ci sono dei momenti onirici
alla Lost, è vero, che magari possono
disorientare, ma non è come se fosse il re-make de Il Prigioniero. Non è certo un
feel-good drama, questo è sicuro; non è una botta di vita. Detto questo,
l'ho trovata davvero eccellente. Mi è piaciuto anche come ha calibrato
l'equilibrio fra le puntate singole, che in qualche caso erano autoconclusive
quasi, e l'arco di stagione. Intenso, potente, e con molta risonanza nella vita
di ciascuno, credo. Per il resto, la mia recensione la trovate qui.
Una menzione onorevole
spetta a:
TRUE DETECTIVE: con i pregi
e i difetti che ho riscontrato quando ne ho parlato qui,
ha dato nuova vita al poliziesco antologico, diventando istantaneamente un
nuovo classico.
FARGO: questa serie antologica
è costruita benissimo, per tono in equilibrio fra tragedia e ironia, fra
piccinerie umane, pavidità e guizzi di umorismo nero, per ambientazione atmosferica
e per recitazione: la poliziotta Molly ( Allison Tolman), l’uxoricida Lester
(Martin Freeman), il padre single Gus (Colin Hanks), il killer Malvo (Billy Bob
Thornton)… Il motivo che non me la fa amare di cuore, pur apprezzandola di
testa, è un mio limite: non amo troppo le serie gialle e i polizieschi, in
generale, non importa quanto bene siano fatte. Diversamente credo che sarebbe
ai primissimi posti nelle mie preferenze.
THE AFFAIR: ne ho
parlato prima del debutto qui.
Devo ammettere che mi ha delusa, mi aspettavo qualcosa di più, forse di diverso
semplicemente. Nonostante ciò rimane una serie davvero buona. Una relazione extraconiugale
è la scusa per indagare la vita persone e familiare di due persone, e per riflettere
su come ci percepiamo e sul modo in cui ricordiamo gli eventi.
BLACK-ISH: è dai tempi
dei I Robinson che una famiglia nera
sul piccolo schermo non convinceva tanto, sia sul fronte degli adulti che su
quello dei talentuosi bambini. La parte del leone la fa il padre, Andre “Dre”
Johnson (Anthony Anderson). Purtroppo la sit-com mi ha irritato in più di
qualche caso per le battute sul gender, in cui l'ho trovata francamente
insultante, e tragicamente sessista. E anche in altri aspetti valoriali sono rimasta
ben poco impressionata (sculacciare il proprio figlio o prenderlo a cinghiate
sono due cose diverse, ad esempio per me, ma apparentemente non per gli
autori). Se faccio passare queste cose, devo dire che la sit-com è divertente e
anche moderatamente innovativa da un punto di vista stilistico. Sì prospetta
come la nuova Modern Family.
PENNY DREADFUL: ne ho
parlato qui.
Una serie gotico-letterario-intellettuale che dà nuova linfa a personaggi classici
dell’immaginario condiviso.