venerdì 29 luglio 2011

NINÌ: una telenovela per ragazzi piena di canzoni


Si risveglia nella tenda da campeggio dove vive, si alza, e dopo aver pronunciato sicura “Oggi niente andrà male”, un uccello le lascia un ricordino dal cielo giusto in testa, poi cade dalle scale, buca la ruota dell’auto, le si rovescia addosso del pesce… Così è cominciata Ninì (Italia1, ore 10.25), la giocosa e allegra telenovela argentina che ha come protagonista la figlia di un attempato giardiniere con vuoti di memoria che lavora presso un’ambasciata, la Ninì del titolo, interpretata da Florencia Bertotti (doppiata da Eleonora Reti) che l’ha co-ideata insieme a Guido Kazcka. È un po’ sfortunata e finisce sempre nei pasticci e in situazioni rocambolesche che le richiedono salti mortali e travestimenti.

La sua famiglia, un po’ complice e compartecipe delle sue disavventure, è costituita, oltre che da nonno Gomez (Pablo Napoli), dal maggiordomo Orazio (Héctor Diàz), la cuoca Lupe (Marta Paccamicci) e l’inserviente Angelo (Sebastian Mogordoy). La miccia alle vicende è costituita dall’arrivo inaspettato del nuovo ambasciatore, Tomas (Federico Amador), uomo cresciuto secondo principi di rettitudine e severità, spinto a far carriera dalla assistente Celina (Paula Morales), ma attaccato alla famiglia e ai quattro figli adottivi che subito conquistano il cuore di Ninì, che diventa il loro punto di riferimento: Martin (17 anni), Chow (14 anni), Chama Chan (8 anni) e Cecilia (6 anni).

 Tomas e Ninì sono la coppia per cui fare il tifo, le cui vicende sono raccontate anche con alcuni classici espedienti del genere – i due per un black-out, ad esempio, rimangono chiusi in archivio, durante la storia dell’“operazione Mambo”. Nelle vicende si intrecciano numerose altre storie d’amore, e anche lì dove la narrazione è un po’ “alla buona”, non mancano mai una venatura di umorismo e mille guai da cui uscire (come quando Orazio di ritrova da accudire il bebè della sorella). E qui e lì la serie è punteggiata da scanzonate videoclip in cui i protagonisti cantano (in spagnolo con i sottotitoli in italiano) e ballano – che hanno costituito il nucleo poi di una produzione teatrale, oltre che di un CD che ha vinto il disco d’oro, “Arriba las ilusiones”.

Già andata in onda su Disney Channel, questa telenovela, che è pensata per un pubblico molto giovane, consta di 137 puntate (secondo il taglio che vi hanno dato in Italia). Se proprio si è appassionati e non si riesce ad aspettare il prosieguo delle vicende in TV, o si è persa qualche puntata da recuperare, su YouTube si trovano tutte, basta cercare il canale di TheBoingTV.

giovedì 28 luglio 2011

ALPHAS: un "Heroes" dei poveri



In prima battuta, con un pilot che al netto della pubblicità dura poco più di un’ora, Alphas, la nuova serie ideata da Zak Penn (X-Men) e Michael Karnow in onda sull’americana SyFy dallo scorso 11 luglio, dopo che era stata progettata in origine per la ABC, mi è parsa una sorta di Heroes dei poveri con i protagonisti che giocano a CSI.
Sotto la direzione del dottor Lee Rosen (David Strathairm, Temple Grandin, Good Night, and Good Luck ), neurologo e psichiatra impiegato dal dipartimento della difesa degli Stati Uniti, lavora un gruppo di persone che vengono chiamate Alpha perché hanno poteri straordinari, conosciuti appunto come abilità alpha, dovute a differenze neurologiche loro proprie. Si tratta di Nina Theroux (Laura Mennell, Watchmen), una “influenzatrice” che con lo sguardo riesce a piegare le persone alla propria volontà (nel pilot la vediamo far mangiare a un vigile urbano la contravvenzione che le ha appena fatto); di Bill Harken (Malik Yoba, New York Undercover) un ex-agente dell’FBI che, iperadrenalinico, in alcune circostanze assume una grande forza e risulta quasi immune al dolore; di Rachel Pirzad (Azita Ghanizada, Castle), una ragazza “sinestetica”, che concentrandosi riesce temporaneamente a potenziare fortemente uno dei propri sensi a scapito degli altri; e di Gary Bell (Ryan Cartwright, Mad Men, Bones), un “trasduttore”, un giovane che è una sorta di antenna umana capace di captare onde televisive, radio, telefoniche… A costoro alla fine del pilot si aggiunge, non senza una certa resistenza, Cameron Hicks (Warren Christie, October Road) che, grazie a quella che chiamano “ipercinesi”, ha mira, equilibrio e attività motorie eccellenti. Il pilot si apre proprio con lui che, in una sorta di trance, ammazza un uomo, dopo che ogni parola che sentiva e ogni messaggio che leggeva gli intimava che “è tempo di uccidere” e “premi il grilletto”, un inizio accattivante che per lui si è chiuso con una altrettanto intrigante chiusura, con il cattivo di turno che prima di morire gli dice che sta dalla parte sbagliata.  
Nonostante la possibilità di relazionarsi a protagonisti che, come persone comuni, sono improbabili supereroi, e a dispetto di una storia iniziale raccontata in modo diretto e anche solida, la narrazione mi è parsa forzata e semplicistica, con il sapore di tanti telefilm dimenticabili degli anni ’80, primo fra tutti Misfits of Science - in italiano semplicemente Misfits, ma che indico con il titolo originale anche per non confonderlo con l’omonima contemporanea serie inglese -, e, se si esclude il segmento del pilot prima della comparsa del titolo, molto “già vista” da un punto di vista registico.

mercoledì 27 luglio 2011

LADY GAGA: alcune coordinate in cui iscriverla




Una delle regine indiscusse delle classifiche musicali di questi ultimi tempi è indubbiamente Stefani Joanne Angelina Germanotta, nota come Lady Gaga, che di recente passa in TV con i singoli “Born this way”, “Judas” e “The Edge of Glory”.

Quando penso a Lady Gaga e alle coordinate entro cui iscriverla per comprenderla come personaggio prima ancora che come cantante, penso ad alcuni elementi per me chiave: 

- È erede (oltre che emulatrice) di Madonna, anche per la sua imprevedibilità e trasformismo.

- È fortemente metaforica e allegorica.

- Studia le sue apparizioni nei termini di performance art. In questa prospettiva sono da inquadrare anche i suoi vestiti-costumi. Penso solo anche all’abito che sembrava fatto di carne, interpretato come allegoria del fatto che lei non è un pezzo di carne, o anche nella prospettiva, come da lei dichiarato, che se non combattiamo per i nostri diritti, rischiamo che vengano “scarnificati”.

- Fra i diritti di cui si è fatta paladina ci sono quelli della comunità LGBT, di cui riprende molto la sensibilità, così come è intrisa di immaginario BDSM, che sembra utilizzare non solo come posa o moda provocatoria del momento, come fanno altre cantanti, ma in modo più interiorizzato - basti pensare ad “Alejandro” o a “Bad Romance”; e in fondo, anche guardando a “Judas”,  non può non venire in mente il fatto, che come ben spiegato da Guy Baldwin nel libro Ties That Bind, la cultura BDSM specificatamente nell’ambito della comunità gay è in qualche modo legata alla sensibilità delle gang di motociclisti. In senso ampio Lady Gaga abbraccia senza riserve il suo essere freak il suo essere un “fenomeno da baraccone”, o, come chiama lei i suoi fan, l’essere “mostriciattoli”. C'è una rivendicazione e celebrazione dell'essere tali, come è esplicito nella canzone-inno-manifesto "Born this way" (nel video sopra), primo singolo del più recente omonimo album.  Acutamente come osserva il Guardian, è tanto Madonna quanto Marilyn Manson.

- Ha ricevuto un’educazione di tipo cattolico ed utilizza fortemente le immagini religiose.

- È un’icona di asessualità. Camille Paglia, distruggendola,  scrive: “È come una marionetta gangliosa o un androide plastificato. Come può una figura così calcolata e artificiale, così clinica e stranamente antisettica, così spogliata di genuino eroticismo essere diventata l’icona della sua generazione? Può essere che Gaga rappresenti l’esaurita conclusione della rivoluzione sessuale?... Marlene e Madonna davano l’impressione, vera o falsa, di essere pansessuali. Gaga, nonostante tutto il tuo contorcersi e ostentare, è  asessuale.”

- È un’icona femminista, almeno in parte: nel dibattere la questione, riprendendo anche le osservazione della Paglia di cui sopra, in un articolo che caldeggio, dal titolo Is Gaga a feminist icon?, di cui tradurrò a seguire degli stralci, Kika Cochrane argomenta che “Le attrattive chiave di Gaga sono precisamente il suo rifiuto del sex appeal tradizionale, femminile, del bisogno di essere affascinanti, del valori e le estetiche della altre cantati donne (…) Gaga presenta suggerimenti del grottesco, il repulsivo. (…) L’intero personaggio di Gaga sembra mettere in discussione ciò che ci si aspetta dalle donne. È lì nella contraddizione interna del suo nome: “Lady” con i suoi suggerimenti di gentilezza, dolcezza, elevata educazione; “Gaga” con le sue intimazioni di infantilità, pazzia, spirito buffone. È stata spesso comparata a una drag queen e, in molti modi, questo sembra adeguato. Parte delae brillantezza e della bellezza del drag, naturalmente, è che può potenzialmente smascherare i ruoli sessuali – più spesso la femminilità – come una performance. (…)   Di fatto, mette a nudo la femminilità come mistificazione in ogni genere di modo. Se la tipica donna femminile si suppone sia leziosa, seduttiva, debole, manipolata – essenzialmente sottomessa – Gaga dà un calcio a tutte queste qualità. (…) Ha parlato delle sue iniziali battaglie con la sua etichetta discografica sulla sua estetica, dicendo che ‘l’ultima cosa di cui una giovane donna ha bisogno è un’altra immagine di una pop star sexy, che si contorce nella sabbia, coperta di sostanze oleose, che si tocca’. (...)  Gaga si è intagliata uno spazio dove può ergersi da sola, e quella solitudine di fatto accresce anziché diminuire il suo potere. (…) Questa solitudine è anche enfatizzata dai suoi costumi, molti dei quali fungono da eso-scheletro, essenzialmente gabbie all’interno delle quali si esibisce”.

Queste, credo, sono delle coordinate essenziali per leggere i suoi video, tutti.

martedì 26 luglio 2011

RINGER: il promo esteso

È stato presentato al Comic-Con il promo esteso (sotto) di Ringer,  la nuova serie con Sarah Michelle Gellar il cui debutto negli USA è previsto il prossimo 13 settembre.

lunedì 25 luglio 2011

TREME: osservazioni sullo stile narrativo


!Spoiler della seconda stagione!

Guardando la seconda stagione di Treme mi vengono da fare alcune osservazioni sullo stile narrativo generale del programma. Jennifer Amstrong su Entertainment Weekly (6 maggio 2011) scrive:

“Bisogna dar credito allo stile a combustione lenta di cui sono stati pionieri trionfi della HBO come I Soprano o The Wire per la deliziosa gamma di sensuali piaceri in offerta nella seconda stagione del drama in onda sul quel canale, Treme, sulla New Orleans post-Katrina. Gli ideatori David Simon e Eric Overmyer approfittano in pieno della relazione di fiducia che hanno costruito con gli spettatori, che possono mettersi comodi e lasciare che i tentacolari fili delle storie della serie aleggino sopra di loro senza preoccuparsi di dove stanno andando. È il raro genere di programma che migliora più sta a stufare nel suo sugo.
Questo grazie alla gamma di sentimenti ed esperienze in cui si crogiola – la musica, il cibo, il sesso, l’amore, la brutalità, la guarigione, la redenzione.”

Treme ha uno stile tutto suo, lento, apparentemente casuale e minimo che ti trascina senza che tu nemmeno te ne accorga. Non è per tutti. Mi pare di poter enucleare tre modalità in cui la narrazione si costruisce, tre echi del modo in cui concepisce la scrittura e la rappresentazione di uno stato d’animo, prima ancora che di vite.

IL CIELO È INDIFFERENTE

C’è innanzitutto quella che chiamerei una scrittura in cui “il cielo è indifferente”. Dopo la tragedia dell’uragano la vita riprende, e ci sono eventi strazianti come gioiosi, ma hanno tutti lo stesso valore e la stessa dignità sotto il cielo della città. Penso alla storia dell’aggressione e stupro (2.03) a LaDonna (Khandi Alexander) da parte di due ragazzi. Ho visto molte storie di stupro negli anni in TV e questa è riuscita ad essere tanto originale quanto potente: la sfilza di pillole che LaDonna deve prendere da bicchierini di plastica (contro ogni possibile malattia sessualmente trasmissibile, per prevenire il rischio di HIV, contro un  possibile gravidanza), e come i medici riescono abilmente a proteggere la sua privacy eludendo il marito che è ignaro di tutto (2.03); il suo sguardo terrorizzato a fine puntata  dopo che ha  appena finito di dire che sta bene (2.03); il suo sguardo perso nel vuoto e il pesante silenzio della sua casa, nei pochi secondi in cui la mostrano, mente tutto fuori è festa per il Natale (2.04); la sua difficoltà  a passare in mezzo alla gente per portare le birre ai clienti, e il suo successivo vomitare, lasciare il locale e rimanere a letto tutto il giorno (2.05)… C’è chi, come Salon, ha ne ha criticato la rappresentazione dicendo che un evento tanto atroce doveva avere più spazio e preponderanza. Il fatto che questa storia sia fatta di frammenti intramezzati da mille altri frammenti di vite ed esperienze differenti è una scelta estetica ben precisa. La violenza (di cui vediamo solo l’inizio e comunque non la parte sessuale) è uno dei tanti eventi comuni nella vita della città. Il tema della puntata dell’aggressione (2.03) è stato molto sulla sicurezza - anche Janette (Kim Dickens) è costretta a tornare momentaneamente a casa da New York perché sono entrati in casa sua e hanno fatto del vandalismo. Quello che è capitato a LaDonna poteva capitare a Janette magari, ma è successo così. È un momento intenso e catastrofico nella vita di una persona, ma giusto uno dei tanti eventi significativi e insignificanti di un’altra giornata sotto il cielo della terra che gira. E questa è una specifica caratteristica di scrittura.

IN THE MOMENT – NEL MOMENTO PRESENTE

La serie potremmo dire che è declinata al presente: è perennemente “in the moment”, nell’hic at nunc. Antoine Batiste (Wendell Pierce) fa questa osservazione sul jazz, in classe con dei ragazzi (2.06). Dice che è un tipo di musica che fa dell’improvvisazione la sua forza, che è nei geni, che è qualcosa che ha inventato New Orleans. Nell’esprimere la città, perciò, ha senso che la narrativa ricalchi le caratteristiche estetiche della musica che tanto ne costruisce l’identità, anche proprio perché il soggetto del ritratto è prevalentemente la città.

PERSONAGGI SCOLLEGATI

Robert Lloyd sul Los Angeles Times scrive: “Ogni città ha il suo proprio singolare carattere – chiedete solo a Minneapolis di St. Paul – ma non c’è forse nessuna città americana così singolarmente singolare, così ostinatamente esotica, così attaccata alla suo essere diversa come New Orleans, quella piccola cosmopoli funky posta in una conca fra il lago Pontchartrain e il fiume Mississippi. Una città in degrado con un’economia turistica, bloccata nel tempo e fuori dal tempo, conservatrice e anarchica, vulnerabile e violenta, è la City That Care Forgot (la Città che l’Aver Cura ha Dimenticato) ma a volte anche la Città Che Si Dimentica di Aver Cura”. La città è proprio la vera protagonista (e il titolo dovrebbe renderlo chiaro dato che si tratta proprio di un quartiere della città). E il modo cui questo è reso è molto particolare. Solitamente, anche nelle serie dove i cast sono molto ampi, i personaggi sono collegati fra loro. Non qui. Salvo piccoli gruppi, i personaggi si muovono su binari autonomi, ignari gli uni delle vite degli altri. Non si conoscono nemmeno, in molti casi. Le vite sono vissute le une a fianco delle altre, e magari in qualche momento si intersecano o scorrono parallele, ma non sono un unicum su uno sfondo, sono scollegate. E proprio per questa ragione, lo sfondo riesce a prevalere e assume un’identità propria.

Treme e New Orleans sono una sensibilità, un’attitude nei confronti della vita, e il modo in cui la serie è costruita è il modo in cui ne facciamo esperienza in prima persona.

venerdì 22 luglio 2011

DELETE DIGITAL DRAMA: una campagna contro il bullismo digitale



La rete televisiva ABC Family e la rivista Seventeen si sono impegnate in una campagna dal titolo Delete Digital Drama che mira a bloccare il bullismo online e invita chi riceve messaggi di questo genere a cancellarli. La rete manderà in onda degli spot televisivi, come quello sotto, e il giornale dedicherà un paginone centrale con la foto degli attori che indossano la maglietta con scritto “Delete” (sopra).
A partecipare sono Skyler Samuels e Grey Damon di The Nine Lives of Chloe King, Tyler Blackburn e Shay Mitchell di Pretty Little Liars, Daren Kagasoff di The Secret Life of The American Teenager, Alexandra Chando di The Lying Game (una nuova serie che debutta il 15 agosto), Emily Osment del film per la TV Cyberbully e Katie Leclerc e Vanessa Marano di Switched at Birth.  Chiunque può sostenere la campagna via Facebook e alla foto di profilo viene sovrimpresso il logo della campagna.

giovedì 21 luglio 2011

SUITS: due avvocati, una sola laurea


La parola Suits, titolo del nuovo telefilm in onda sull’americano USA Network dallo scorso 23 giugno, in inglese indica sia le cause legali, che gli abiti da uomo e, in una sorta di sineddoche, per estensione le persone che si vestono in “giacca e cravatta”. Per indicare i manager di un azienda, ad esempio, ci si riferisce spesso in slang ai “suits”. Nella serie ideata da Aaron Korsh, in precedenza conosciuta come A Legal Mind, si fa riferimento a entrambi i significati.

Harvey Specter (Gabriel Macht) è un brillante avvocato, capace di bluffare e di pensare su due piedi, noto per essere un abile “closer”, uno che riesce a chiudere le situazioni più spinose. È arrogante, autocentrato – continua a ripetere che non gli importa nulla dei suoi clienti, ma solo di se stesso e di vincere – e ha una passione per eleganti abiti di sartoria. A pagargli gli studi in legge in passato è stata la donna che ora è il suo capo nello studio per cui lavora, Jessica Pearsons (Gina Torres, Huge), che nel pilot lo fa diventare partner anziano. Con la promozione deve assumere un altro avvocato che gli faccia da assistente.

Mike Ross (un Patrick J. Abrams che ho trovato particolarmente convincente) è un imbroglione che vive di raggiri – all’esordio lo vediamo sostenere l’esame a una scuola di legge al posto di un altro, dietro compenso - arrangiandosi come può come anche per mantenere in un’apposita struttura la nonna non autosufficiente. Ha una memoria prodigiosa, e a lui delle persone importa. Per guadagnare in fretta il denaro che gli serve accetta riluttantemente di consegnare per un amico una valigetta con della droga, ma intuita la presenza della polizia scappa e nella fuga incappa nei colloqui di lavoro di Harvey, lo stupisce e riesce a farsi assumere, sebbene non abbia il titolo per fare l’avvocato. Fingerà di averlo, con il suggerimento e la complicità di Harvey che vede in lui non solo il potenziale, ma anche una specie di se stesso. Mike vuole un vita diversa da quella che ha vissuto fin’ora. Grazie anche all’aiuto della paralegale Rachel (Megan Markle) fa un lavoro con i fiocchi. 

I casi giurisprudenziali (nel pilot una causa pro bono di molestie sessuali) e il rapporto di stima e punzecchiamento reciproco fra i due uomini costituiscono la spina dorsale della serie. Non c’è nulla che non si sia già visto in precedenza, fatto meglio e fatto peggio, ma la serie è sufficientemente gradevole e se anche all’inizio era un po’ pompata, si è trovato un equilibro fra il fare un po’ spaccone di Harvey e quello modesto di Mike.  Matthew Gilbert nota come Suits abbia un tono simile, ai vari White Collar, Royal Pains, Fairly Legal, Covert Affairs, Psych, In Plain Sight usciti dalla fabbrica del USA Network. Si usa il pennello grosso nello stendere il colore, ma si riescono anche a creare delle sfumature, e l’effetto complessivo non sarà arte, ma non dispiace.

mercoledì 20 luglio 2011

PRETTY LITTLE LIARS (2.01): l'oggettificazione di Ezra Fitz


Non sono riuscita a trattenere un sorriso, in parte di apprezzamento, in parte di semi-imbarazzato divertimento, a vedere l’immagine sopra, nella prima puntata della seconda stagione di Pretty Little Liars, che è ripreso negli USA su ABC Family lo scorso 14 giugno. È il trucco più vecchio nel manuale delle soap: lui è mezzo nudo, e per nessuna vera ragione che non sia quello di essere un dolciume per gli occhi, e lei è vestita, e pure in maniche lunghe. Anche se Aria (Lucy Hale) non fa una piega nel vedere Ezra (Ian Harding) così, cosa normale, visto che è il suo ragazzo, ma non è stata esattamente la mia reazione, ammetto maliziosa.

Mi sono domandata se sia sessismo da parte mia godermi giocosamente un’immagine del genere: dopotutto se la situazione fosse speculare, con lei semi-svestita e lui vestito in maniche-lunghe, penso che protesterei per l’oggettificazione della donna, cosa che accade di continuo. Qui indubbiamente in corpo di Ian Harding è usato come puro oggetto. Perché allora non protesto e me lo godo come il fan service che è? Forse perché in fondo non conta che il corpo, maschile e femminile che sia, sia oggetto – in qualche caso lo è e va bene che lo sia – mi preme che in generale se viene fatto per un sesso venga fatto anche per l’altro, e mi preme che non sia solo quello. Lì dove ci sono rappresentazioni variegate, sta bene che ci sia anche quello.

Qui peraltro, proprio la mancata reazione di Aria nel vederlo così fa sì che l’oggettificazione sia puramente a nostro uso e consumo, e che per lei continui ad essere un soggetto, corpo seminudo o meno che sia.

martedì 19 luglio 2011

ATTITUDE non significa ATTITUDINE


Se l’italiano non ha una parola per esprimere un’idea credo che si dovrebbe sforzare di crearla, ma in mancanza mi sta bene che si usino parole straniere, anche quando poi in italiano risultano obbrobriose. Penso a “castare” per dire fare il casting, usando il verbo inglese “to cast”. Altro discorso è se in italiano una parola per esprimere il concetto esiste. Soffro però a sentire “quotare”, presto dall’inglese “to quote”, nel senso dell’altrettanto efficace “citare”, o a sentire, come mi è capitato di recente su Deejay TV, “attitudine” usata nel senso dell’inglese attitude, ovvero “atteggiamento”, modo di porgersi verso la realtà: “perché il rock è un’attitudine” diceva uno spot. Ora, ci vuole attitudine per fare rock, e sarà anche un’attitude nel senso inglese del termine, ma non è di sicuro un’attitudine. Sebbene capisca la frustrazione di non riuscire a rendere nella propria lingua significati che in un’altra rendono molto bene, e per quanto io adori l’inglese, non riesco a non intristirmi quando sento il suono dell’italiano che cade a pezzi.  

lunedì 18 luglio 2011

CANTIERI D'ITALIA: corso d'italiano per stranieri


“E ora ‘Benvenuti in Italia!’” esordisce, subito dopo la presentazione del sommario, ogni puntata di Cantieri d’Italia (Rai2, giovedì e venerdì, ore 10.20, in forma ridotta, poi su RaiScuola e sul web) sottotitolato “l’italiano di base per costruire a cittadinanza”. Nato dalla collaborazione del Ministero dell’Interno, dell’Unione Europea, che lo co-finanzia, e di Rai Educational, si tratta di un corso di lingua italiana L2, per persone che la usano come seconda lingua cioè, ed è anche un percorso alla legalità e alla conoscenza dei diritti e dei doveri dei cittadini.

Costruito su quaranta puntate-moduli (visibili interamente sul web, dove ci sono anche 600 esercizi collegati alle unità trattate, con possibilità di autovalutazione) si articola in quattro momenti. La prima, chiamata appunto “Benvenuti in Italia” presenta una serie di scenette con situazioni tipo (a scuola, in municipio, all’anagrafe, in banca, al mercato, al bar…) di cui protagonisti sono 10 personaggi di cui due italiani (Giuseppe e Giovanna, un’anziana che non si capisce perché sia recitata da una giovane, quando ben potevano prendere un’attrice dell’età corrispondente al personaggio) e gli altri rappresentanti delle nazionalità straniere più diffuse in Italia: Marcia (italo-brasiliana), Khadija (marocchina), Zou (cinese), Angel (ecuadoriano), Pauline (nigeriana), Pavel (moldavo), Kevin (albanese), Julia (ucraina).

Le frasi ed espressioni più significative rispetto all’argomento vengono riprese e illustrate, con accompagnamento della dicitura scritta, in “Per usare l’italiano”, una sorta di corso base; poi c’è il “Vocabolario visivo”, lemmario di termini appena utilizzati relativi all’argomento; e infine “Vivere in Italia” dedicato ai diritti e ai doveri, ma anche alle opportunità presenti nel nostri Paese. Un programma concretamente utile, linguisticamente di base, ma non facilissimo (un po’ di italiano lo si deve pur sempre sapere per capire le spiegazioni, nonostante l’ampio supporto video), di una Rai davvero servizio pubblico.

venerdì 15 luglio 2011

EMMY del primetime: le nomination





Ieri sono uscite le nominations agli Emmy del prime-time che verranno consegnati il 18 settembre in una cerimonia presentata da Jane Lynch. Sotto trovate i nominati nelle principali categorie. L’elenco completo può essere scaricato in Word o PDF qui.
Miglior serie - drama
Boardwalk Empire
Dexter
Friday Night Lights
Game of Thrones
The Good Wife
Mad Men

Miglior serie – comedy
The Big Bang Theory
Glee
Modern Family
The Office
Parks and Recreation
30 Rock

Miglior attore protagonista - drama

Steve Buscemi,
Boardwalk Empire
Kyle Chandler,
Friday Night Lights
Michael C. Hall,
Dexter
Jon Hamm,
Mad Men
Hugh Laurie, House
Timothy Olyphant,
Justified

Miglior attrice protagonista - drama

Kathy Bates,
Harry's Law
Connie Britton,
Friday Night Lights
Mireille Enos,
The Killing
Mariska Hargitay,
Law & Order: SVU
Julianna Margulies, The Good Wife
Elisabeth Moss,
Mad Men

Miglior attore protagonista - comedy
Alec Baldwin,
30 Rock
Louis C.K.,
Louie
Steve Carell,
The Office
Johnny Galecki,
The Big Bang Theory
Matt LeBlanc,
Episodes
Jim Parsons,
The Big Bang Theory

Miglior attrice protagonista - comedy
Edie Falco,
Nurse Jackie
Tina Fey,
30 Rock
Laura Linney,
The Big C
Melissa McCarthy,
Mike & Molly
Martha Plimpton,
Raising Hope
Amy Poehler,
Parks and Recreation
Miglior attore non protagonista - drama
Andre Braugher, Men of a Certain Age
Alan Cumming,
The Good Wife
Josh Charles,
The Good Wife
Peter Dinklage,
Game of Thrones
Walton Goggins,
Justified
John Slattery,
Mad Men

Migliior attrice non protagonista - drama
Christine Baranski,
The Good Wife
Michelle Forbes, The Killing
Christina Hendricks,
Mad Men
Kelly Macdonald, Boardwalk Empire
Margo Martindale, Justified
Archie Panjabi,
The Good Wife

Miglior attore non protagonista - comedy
Ty Burrell,
Modern Family
Jon Cryer,
Two and a Half Men
Chris Colfer,
Glee
Jesse Tyler Ferguson,
Modern Family
Ed O'Neill,
Modern Family
Eric Stonestreet,
Modern Family

Miglior attrice non protagonista – comedy
Julie Bowen,
Modern Family
Jane Krakowski,
30 Rock
Jane Lynch,
Glee
Sofia Vergara,
Modern Family
Kristen Wiig,
Saturday Night Live
Betty White,
Hot in Cleveland
Miglior sceneggiatura – drama
Jason Katims, Friday Night Lights • Always
David Benioff e D.B. Weiss, Game Of Thrones • Baelor
Veena Sud, The Killing • Pilot
Matthew Weiner, Mad Men
Andre Jacquemetton e Maria Jacquemetton, Mad Men • Blowing Smoke

Miglior Sceneggiatura - comedy
David Crane e Jeffrey Klarik, Episodes • Episode 107
Louis C.K., Louie • Poker/Divorce
Steve Levitan e Jeffrey Richman, Modern Family • Caught In The Act
Greg Daniels, The Office • Good-Bye Michael
Matt Hubbard, 30 Rock • Reaganing

Miglior Regia – drama
Martin Scorsese, Boardwalk Empire • Boardwalk Empire (Pilot)
Jeremy Podeswa, Boardwalk Empire • Anastasia
Neil Jordan, The Borgias • The Poisoned Chalice/The Assassin
Tim Van Patten, Game Of Thrones • Winter Is Coming (Pilot)
Patty Jenkins, The Killing • Pilot

Miglior Regia – comedy
Pamela Fryman, How I Met Your Mother • Subway Wars
Michael Alan Spiller, Modern Family • Halloween
Gail Mancuso, Modern Family • Slow Down Your Neighbors
Steve Levitan, Modern Family • See You Next Fall
Beth McCarthy-Miller, 30 Rock • Live Show
 
 
Miglior Guest Actor - comedy
Idris Elba, The Big C
Nathan Lane, Modern Family
Zach Galifianakis, Saturday Night Live
Justin Timberlake, Saturday Night Live
Matt Damon, 30 Rock
Will Arnett, 30 Rock
Miglior Guest Actress - comedy
Kristin Chenoweth, Glee
Dot-Marie Jones, Glee
Gwyneth Paltrow, Glee
Cloris Leachman, Raising Hope
Tina Fey, Saturday Night Live
Elizabeth Banks, 30 Rock
Miglior Reality- competizione
The Amazing Race
American Idol
Dancing with the Stars
Project Runway
So You Think You Can Dance
Top Chef

Miglior conduttore di Reality
Tom Bergeron, Dancing with the Stars
Cat Deeley, So You Think You Can Dance
Phil Keoghan,
The Amazing Race
Jeff Probst,
Survivor
Ryan Seacrest,
American Idol

Miglior serie - Variety, Music o Comedy
The Colbert Report
Conan
The Daily Show with Jon Stewart
Late Night with Jimmy Fallon
Real Time with Bill Maher
Saturday Night Live
Miglior Miniserie o Film TV
Cinema Verite
Downton Abbey
The Kennedys
Mildred Pierce
The Pillars of the Earth
Too Big To Fail
Miglior attrice protagonista – Miniserie o film TV
Kate Winslet, Mildred Pierce
Elizabeth McGovern, Downton Abbey
Diane Lane, Cinema Verite
Taraji P. Henson, Taken From Me: The Tiffany Rubin Story
Jean Marsh, Upstairs Downstairs

Miglior attore protagonista - Miniserie o film TV
Greg Kinnear, The Kennedys
Barry Pepper, The Kennedys
Edgar Ramirez, Carlos
William Hurt, Too Big To Fail
Idris Elba, Luther
Laurence Fishburne, Thurgood

Miglior attore non protagonista - Miniserie o film TV
Guy Pearce, Mildred Pierce
Bryan F. O'Byrne, Mildred Pierce
Tom Wilkinson, The Kennedys
Paul Giamatti, Too Big to Fail
James Woods, Too Big to Fail
Miglior attrice non protagonista - Miniserie o film TV
Evan Rachel Wood, Mildred Pierce
Melissa Leo, Mildred Pierce
Mare Winningham, Mildred Pierce
Maggie Smith, Downton Abbey
Eileen Atkins, Upstairs Downstairs