venerdì 1 luglio 2011

SWITCHED AT BIRTH: scambiate alla nascita


Switched at birth (che ha debuttato sull’Americana ABC Family il 6 giugno) già dal titolo annuncia la sua premessa: due ragazze, ora adolescenti, scoprono che sono state “Scambiate alla nascita”: la bruna Bay Kennish (Vanessa Marano, Una mamma per amica) è così cresciuta come la figlia di Kathryn (Lea Thomson, Caroline in the City) and John (D.W. Moffett, Friday Night Lights), in una casa ricchissima, con piscina e ogni possibile campo per far sport; la biondo-rame Daphne Vasquez (Katie Leclerc) è al contrario cresciuta come figlia di una parrucchiera single di origine portoricana con un passato da alcolista, Regina (Constance Marie, Santa Barbara, The George Lopez Show) con cui vive in un quartiere pericoloso. Bay, che ha messo in moto tutto perché si è sempre sentita fuori posto nella famiglia in cui è cresciuta, è una ragazza a cui la vita sta un po’ stretta che disegna graffiti sui muri e si fa arrestare per una carta d’identità falsa usata per bere alcolici pur non essendo maggiorenne. Daphne è sorda dall’età di tre anni a causa di una meningite – l’attrice soffre della sindrome di Ménière. Il suo nome-segno è quello di “felice” (che peraltro fortuna vuole che si faccia allo stesso modo sia in Lingua Americana dei Segni - ASL che in Lingua Italiana dei Segni - LIS) con la mano messa a forma di lettera “d”.

L’idea di far causa all’ospedale che ha scambiato le bimbe viene sollevata solo alla seconda puntata e, per ora almeno, solo in modo tangenziale, ma la premessa è più che altro necessaria a creare l’escamotage per far interagire le due realtà. Per la fine del pilot, dato che entrambe le famiglie intendono conoscere la figlia biologica loro sottratta, i Kennish invitano Daphne e la sua famiglia, che sta per essere sfrattata, a vivere nella dependance della loro villa. Suona un po’ “Il principe e il povero”, ed è evidente che non è un parallelismo che potesse sfuggire: ho apprezzato che a un certo punto (1.01) abbiano fatto dire a Bay che voleva essere di più dello stratagemma narrativo di un romanzo di Mark Twain. Se sviluppata bene questa serie ideata da Lizzy Weiss, anche co-produttore esecutivo, potrà magari essere rilevante nell’aspetto in cui in partenza si è fatta più notare, ovvero l’incontro-scontro fra cultura udente e cultura sorda.

Come telefilm adolescenzial-familiare è grazioso. Chiaramente una delle tematiche centrali è quella dell’identità, in un’età in cui capire chi si vuole essere è cruciale. Lì dove però mi ha genuinamente impressionato è proprio nell’aver messo subito in campo alcune delle tematiche pregnanti della cultura sorda nel rapporto anche con quella udente. John si reca da Regina offrendosi di pagare l’operazione per un impianto cocleare in modo che Daphne possa sentire almeno un po’ (1.01). Subito Regina lo ferma dicendogli che non è una questione di denaro. Quella sugli impianti di questo tipo, di quanto siano dolorosi e diano risultati minimi per lo sforzo che richiedono al di là dell’operazione, e di come non rispettino la Cultura Sorda, è una battaglia con gli udenti di molti sordi che respingono con vigore questo tipo di operazione. Per un udente spesso non è facile da capire. In un piccola scena di poche frasi sono state stabilite le coordinate della discussione in modo netto. Le tematiche della validità di scuole appositamente per sordi in contrapposizione a scuole per tutti con l’accompagnamento di un traduttore, e le correlate questioni concorrenti di comunità culturale e integrazione con gli udenti, sono poi state rappresentate nell’offerta di John a Daphne di pagarle la scuola già frequentata da Bay, e nella discussione avuta in seguito da Bay con la madre (1.01). L’opportunità o meno e la difficoltà dei sordi di esprimersi verbalmente è stata affrontata nel piccolo dialogo fra il miglior amico di Daphne, Emmett (Sean Berdy) - sordo profondo dalla nascita con l’ASL come lingua madre (tanto per l’attore che per il personaggio) - e il fratello di Bay, Toby (Lucas Gabreel) che continua a rivolgersi al ragazzo in terza persona, con Daphne che gli spiega che non è considerato educato (1.01). Fra parentesi nel cast appare anche (per la prima volta in 1.03) Marlee Matlin (The L Word), nel ruolo di una allenatrice di basket di Daphne, amica di Regina e madre di Emmett. La impossibilità per i sordi di cogliere le conversazioni se non vedendo in faccia chi parla è stata ben esemplificata dal disorientamento di Daphne quando accetta di fare colazione dai Kennish e chiede se sia marmellata di rabarbaro quella che le è stata messa sul piatto, dopo che un’intera conversazione si era svolta sull’argomento fra i familiari (1.02) e la difficoltà per i sordi di leggere le labbra è stata illustrata in un modo molto giocoso da Daphne ad una ragazzo che le ha chiesto di uscire e con cui fanno delle prove di lettura (1.02).

Switched at birth ha posto perciò subito al centro dell’attenzione molte questioni. Per certi versi forse anche troppo, nel senso che chiaramente si è visto l’intento educativo, ma mi sembra che gli autori abbiano fatto di più che fare semplicemente i compiti. Anche il fatto che Daphne abbia subito detto e spiegato il suo nome-segno (1.01), che i segni vengano usati in silenzio, lasciando che siano i sottotitoli a parlare con loro agli udenti incapaci di capirli o che la ragazza abbia detto alla madre che i suoi genitori biologici erano ben intenzionati anche se non conoscevano la Cultura Sorda (1.01), e che abbia proprio esplicitamente usato quella dicitura, e che Regina abbia ammesso che lei stessa non avrebbe saputo certe cose se non le avesse apprese passo passo e Daphne avrebbe dovuto insegnare ai Kennish che cosa significhi essere sordi (1.02) mi sono parsi buoni “segni” – battuta voluta. Al di là di argomenti topici e tipici, ho proprio avuto la sensazione che gli autori conoscessero autenticamente la Cultura Sorda e lo mostrassero nelle piccole cose e in un modo non ho mai visto altrove. Questo penso sia importante perché permette di avere personaggi che non sono “i sordi di turno”, ma personaggi a tutto tondo. Non è comunque un programma sulla sordità, ma un programma su due adolescenti, e le loro famiglie, alle prese con la vita, sorde o udenti che siano, con le passioni (che sia l’arte, il barbecue del giovedì o la collezione di scoiattoli) e con le scelte educative grandi e piccole  - se sia appropriato mandare i figli in motocicletta (1.02), ad esempio, o se si debba ringraziare il Signore prima del pasto (Regina le dichiara atee, Daphne si distanzia definendosi agnostica in 2.01).

Il titolo simpaticamente mostra le due parti di “Switched” e di “At Birth” scambiarsi e passare da sotto a sopra e viceversa. La titolazione delle puntate riprende (almeno per ora) i titoli di famosi quadri: This is not a Pipe - Questa non è una pipa di Magritte (1.01), American Gothic – Gotico Americano di Grant Wood (1.02), Portrait of my dad - Ritratto di mio padre di George Bellows (1.03)), Dance amongst Daggers – Ballo fra i pugnali di Henryk Siemiradzki (1.04), Dogs Playing Poker – Cani che giocano a Poker di Cassius Marcellus Coolidge (1.05): bello, anche considerata la passione di Bay. 

Nessun commento:

Posta un commento