giovedì 21 luglio 2011

SUITS: due avvocati, una sola laurea


La parola Suits, titolo del nuovo telefilm in onda sull’americano USA Network dallo scorso 23 giugno, in inglese indica sia le cause legali, che gli abiti da uomo e, in una sorta di sineddoche, per estensione le persone che si vestono in “giacca e cravatta”. Per indicare i manager di un azienda, ad esempio, ci si riferisce spesso in slang ai “suits”. Nella serie ideata da Aaron Korsh, in precedenza conosciuta come A Legal Mind, si fa riferimento a entrambi i significati.

Harvey Specter (Gabriel Macht) è un brillante avvocato, capace di bluffare e di pensare su due piedi, noto per essere un abile “closer”, uno che riesce a chiudere le situazioni più spinose. È arrogante, autocentrato – continua a ripetere che non gli importa nulla dei suoi clienti, ma solo di se stesso e di vincere – e ha una passione per eleganti abiti di sartoria. A pagargli gli studi in legge in passato è stata la donna che ora è il suo capo nello studio per cui lavora, Jessica Pearsons (Gina Torres, Huge), che nel pilot lo fa diventare partner anziano. Con la promozione deve assumere un altro avvocato che gli faccia da assistente.

Mike Ross (un Patrick J. Abrams che ho trovato particolarmente convincente) è un imbroglione che vive di raggiri – all’esordio lo vediamo sostenere l’esame a una scuola di legge al posto di un altro, dietro compenso - arrangiandosi come può come anche per mantenere in un’apposita struttura la nonna non autosufficiente. Ha una memoria prodigiosa, e a lui delle persone importa. Per guadagnare in fretta il denaro che gli serve accetta riluttantemente di consegnare per un amico una valigetta con della droga, ma intuita la presenza della polizia scappa e nella fuga incappa nei colloqui di lavoro di Harvey, lo stupisce e riesce a farsi assumere, sebbene non abbia il titolo per fare l’avvocato. Fingerà di averlo, con il suggerimento e la complicità di Harvey che vede in lui non solo il potenziale, ma anche una specie di se stesso. Mike vuole un vita diversa da quella che ha vissuto fin’ora. Grazie anche all’aiuto della paralegale Rachel (Megan Markle) fa un lavoro con i fiocchi. 

I casi giurisprudenziali (nel pilot una causa pro bono di molestie sessuali) e il rapporto di stima e punzecchiamento reciproco fra i due uomini costituiscono la spina dorsale della serie. Non c’è nulla che non si sia già visto in precedenza, fatto meglio e fatto peggio, ma la serie è sufficientemente gradevole e se anche all’inizio era un po’ pompata, si è trovato un equilibro fra il fare un po’ spaccone di Harvey e quello modesto di Mike.  Matthew Gilbert nota come Suits abbia un tono simile, ai vari White Collar, Royal Pains, Fairly Legal, Covert Affairs, Psych, In Plain Sight usciti dalla fabbrica del USA Network. Si usa il pennello grosso nello stendere il colore, ma si riescono anche a creare delle sfumature, e l’effetto complessivo non sarà arte, ma non dispiace.

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