domenica 22 maggio 2022

YELLOWJACKETS: per me sopravvalutata

Di Yellowjackets (sull'americana Showtime, in Italia su Sky Atlantic) ho apprezzato molto la sigla di apertura, davvero cool (qui), ma per il resto non credo di poter condividere l’entusiasmo che le ha riservato la gran parte della critica (ma non tutta). È la più classica premessa stile Signore delle Mosche, che a me di base attrae molto, ed è un misto di The Wilds, Lost, Equinox e il film Alive, di cui ammetto che non sarei stata consapevole se non fosse stato citato da un’altra serie TV, Station Eleven.

Una squadra femminile di calcio del liceo, in volo verso il Canada per una partita, precipita in un luogo selvaggio e deserto dell’Ontario e deve cavarsela al meglio. Ci sono però oscure presenze, e dai flash che vediamo intuiamo che sono avvenuti fatti strani, estremi, probabilmente cannibalismo. Solo quattro del gruppo sono sopravvissute e le vediamo nella loro vita adulta, venticinque anni dopo. Quegli eventi misteriosi hanno lasciato profonde cicatrici. La morte improvvisa dell’unico coetaneo maschio che era con loro e un ricatto scoperchiano ricordi del passato.

Shauna (Melanie Lynskey da adulta e Sophie Nélisse da giovane) è sposata con Jeff (Warren Kole), quello che all’epoca era il fidanzato della sua migliore amica, Jackie (Ella Purnell), del quale era rimasta incinta: ora infatti hanno una figlia. Taissa (Tawny Cypress da adulta e Jasmin Savoy Brown da giovane) è una politica di successo che ha una relazione con un’altra donna e un figlio. Natalie (Juliette Lewis da adulta e Sophie Thatcher da giovane), che era innamorata all’epoca dell’uomo la cui morte le riporta ora insieme, entra ed esce da varie cliniche per disintossicarsi da alcol e droghe. Misty (Christina Ricci da adulta e Sammi Hanratty da giovane), una paria fra i coetanei nell’adolescenza perché la trovavano stramba, non è del tutto equilibrata. Lavora ora in una casa di cura per anziani, ma si diletta a fare la detective amatoriale. Le donne, ora adulte, si rivedono a distanza di anni, e sono solidali le une con le altre, consapevoli dei segreti che si portano dietro e che non vogliono rivelare al mondo.

Ideata da Ashley Lyle and Bart Nickerson, la serie è ben realizzata e recitata, e la prospettiva passato presente è anche originale, ma tutto l’elemento giallo e sovrannaturale, esoterico, mi ha allontanata invece che intrigarmi. E certamente la brutalità delle azioni che le vediamo compiere senza troppi scrupoli da adulte trova radici in quello che hanno vissuto, ma come giustificazione non arriva troppo lontano. Poi l’alternanza dei due piani temporali diversi non è stata rilevante al fine di un’indagine psicologica che ce le mostra cambiate e in che modo, le ho viste più incastrate in quello che erano. La sola prospettiva che mi pare veicolare è forse che quando sei stato costretto a sopravvivere a condizioni estreme, quella parte di te non ti lascia mai.

Forse non sono in grado io di decodificarla in modo appropriato. Scrive su Slate Philip Maciak: “lo spettacolo coltiva un'estetica radicata nelle particolarità. Dalla colonna sonora da teen-mixtape al casting di icone della Generazione-X ai momenti infernali di ultraviolenza semi-comica, Yellowjackets è un'ode disordinata e arrapata a una visione punk suburbana molto specifica degli anni '90. Quando vedi Juliette Lewis puntare un fucile carico contro Christina Ricci e Hole e Liz Phair sono presenti in modo prominente nella colonna sonora, sai a che tipo di festa sei”. Io non credo di aver visto quanto dice, ma probabilmente non ho le coordinate culturali per farlo. Questo critico apprezza lo show perché, diversamente da altre proposte narrative bloccate in una situazione di omeostasi e circolarità che ripropongono solo varianti della stessa situazione, riuscirebbe a portare qualcosa di nuovo ed elettrizzante ogni settimana. Non ho avuto la stessa esperienza. E delle varie domande che la serie pone, solo a che fine abbia fatto Jackie si dà risposta. Non ci scorgo questa grande ibridazione di generi narrativi od originalità, né una parabola di disperazione umana come ha scritto Carolne Franke su Variety

Sopravvivere, nelle sfide fisiche e mentali che comporta, e diventare adulti sono temi significativi, ma in fondo ho preferito di gran lunga The Wilds, che è visivamente meno tagliente e audace, e narrativamente più favolistica a dispetto dell’assenza dell’elemento thriller, ma che ho trovato decisamente più godibile.    

giovedì 12 maggio 2022

La ME/CFS in TV: un mio saggio in tre parti

Oggi si celebra la giornata mondiale della Encefalomielite Mialgica/Sindrome da Fatica Cronica (ME/CFS). Colgo perciò quest’occasione per segnalare un mio saggio pubblicato in tre parti sul sito di #MEAction dedicato alla ME/CFS in televisione. È in inglese, perché in quella lingua l’ho scritto, ma spero in futuro di tradurlo in italiano.

Io soffro di questa patologia multisistemica, cronica e invalidante, come è scritto anche nella mia piccola biografia di questo sito, da quasi 32 anni. Mi sono ammalata a 20 anni. Per semplificare dico che ho trascorso i primi 12 anni di malattia a letto 24 ore su 24, in alcuni periodi anche imboccata e accompagnata in bagno. Sono stata grave per oltre 20 anni, ora sono moderata, ma non conduco minimamente una vita normale. Si tratta di qualcosa di molto personale perciò per me.

Anche se sono molto costante nella mia visione della televisione, e questo mi permette di seguire anche diverse cose, anche semplicemente poter guardare il piccolo schermo per me è fortemente impattato dalla patologia purtroppo. Non posso farlo a piacimento, ma solo in porzioni specifiche.

In ogni caso, ecco di seguito i link ai miei tre articoli:

ME/CFS on TV (Part 1) su come è stata affrontata la TV inizialmente e su come abbia saputo mettere in discussione le politiche governative e sfidare le concezioni della malattia e della medicina:  https://www.meaction.net/2022/01/26/me-cfs-on-tv-part-1/.

ME/CFS on TV (Part 2) sulle rappresentazioni finzionali della patologia: https://www.meaction.net/2022/03/03/me-cfs-on-tv-part-2/.

ME/CFS on TV (Part 3) in cui parlo dell’esperienza mia e del professor Tirelli sugli schermi italiani e lo propongo come modello virtuoso: https://www.meaction.net/2022/04/08/me-cfs-on-tv-part-3/.



 

sabato 7 maggio 2022

HACKS: comicità amara

Ideata da Lucia Aniello, Paul W. Downs, e Jen Statsky, Hacks (dell’americana HBO Max) ha vinto nel 2021 il Golden Globe Award per la Miglior Serie Televisiva - Musical o Commedia, oltre che una serie di Emmy (sceneggiatura, regia, attrice protagonista). Sono premi meritati, e si ride, ma l’ho trovata più una serie pregnante che divertente. Il confine fra tragedia e commedia è sottile.

Deborah Vance (Jean Smart, Legion, Watchmen), una leggendaria diva della stand-up comedy di Las Vegas, viene informata da Marty (Christopher McDonald), CEO del casinò Palmetto dove si esibisce, che il numero delle due esibizioni dovrà essere ridotto per fare spazio a nuovi artisti. Lei vuole rimanere attuale e Jimmy (Paul W. Downs), il suo manager, decide di affiancarle contro la sua volontà una giovane promettente scrittrice comica, Ava Daniels (Hannah Einbinder). Sebbene brillante, una battuta offensiva su Twitter le ha bruciato parecchie opportunità e, recalcitrante, accetta di lavorare per una donna che inizialmente ritiene ormai poco divertente e sorpassata. Finora Deborah si è solo avvalsa dell’aiuto di un direttore operativo, Marcus (Carl Clemons-Hopkins), e l’inaspettato incontro con la ragazza, per lei troppo piena di sé, non va nel migliore dei modi, sono ostili e non vogliono lavorare insieme, ma decidono di farlo e progressivamente imparano a conoscersi e a sopportarsi, e ad apprezzare il talento l’una dell’altra, collaborando per creare del materiale da cabaret pungente, onesto e attuale.

Uno degli aspetti più interessanti è quello del rapporto fra le due donne e come si costruisce: passano di continuo fra momenti di apprezzamento reciproco ed epifanie su che cosa le rende davvero speciali a momenti in sui si danno genuinamente i nervi e non vogliono vedersi più. La prospettiva dell’età pure è significativa sia perché sono due età diverse e quindi in fasi della propria esistenza differenti, e si vede, e sia perché sono figlie di epoche storiche che non affrontano le questioni della vita allo stesso modo. Questo è importante perché in modo trasversale passa come ciascuna generazione ha delle sfide proprie e diverse e le difformi prospettive possono arricchire tutti. In questo la serie sa, con poco, essere molto incisiva.

Nessuna delle due ha peli sulla lingua ed entrambe sanno usare il linguaggio per mandare frecciatine e colpire nel segno. Sono persone che usano le proprie capacità verbali per far ridere, ma anche per graffiare, e graffiare lo sanno fare bene, indubbiamente. Sono caustiche. Sono abituate a cogliere i momenti nevralgici delle situazioni. Parlano la stessa lingua, quella della comicità, ma allo stesso tempo è una lingua che è cambiata con il passare degli anni. Il loro rapporto, ora di rivalità ora di complicità, sostenuto da parte di entrambe e della Smart in particolare, davvero è tutto lo show, e la vis comica e la forza del programma progrediscono proprio a mano a mano che loro si conoscono e noi impariamo a conoscerle.

E se il vecchio adagio vuole che il migliore umorismo nasca dai momenti di vulnerabilità, qui ce ne sono in abbondanza. Deborah ad esempio è stata lasciata dal marito per sua sorella minore decenni prima, e la sua biografia vuole che lei gli abbia bruciato la casa per vendetta. Ma forse non è andata proprio così. Con la figlia (Kaitlin Olson), che ormai adulta si sente sempre trascurata e messa al secondo posto rispetto al lavoro, ha un rapporto conflittuale. Ha trasformato le sue disgrazie in battute, ma non sono arrivate senza duro lavoro. E il senso della comicità, lo sviscerarsi e vivisezionarsi per altrui divertimento, mettere in scena le proprie disillusioni senza vergogna e anche senza protezione, e con il distacco necessario a poterci ridere su, è ciò che rende la scrittura comica un’arte. Amara.

Una serie in qualche modo feroce, ma anche autentica e intensa. La seconda stagione debutta negli USA il 12 maggio.