Sviluppata in dieci puntate anziché otto, è stata più compatta
questa seconda stagione di Penny Dreadful:
se la prima aveva episodi che erano quasi capitoli assestanti, in questa invece
l’arco è stato costruito come un unicum che si apre con Vanessa Ives (Eva
Green) che prega di fronte alla croce (fine di 2.01) e che si chiude con lei
che brucia quella croce (fine di 2.10). È stata infatti lei il
fulcro di ogni cosa: il suo passato è stato ricostruito in The Nightcomers (2.03), quasi un bottle episode che ha usato immagini druide e pre-cristiane, con
echi di Milton. Le è stata mentore the Cut-Wife (Patti Lupone), una “strega”
che le ha insegnato quello che sapeva e le ha trasmesso quello che era,
risvegliando il suo potenziale e spiegandole come usarlo. Si è parlato di
sovrannaturale e di occulto e di magia, ma non come formulette da recitare per
gioco, ma con un senso profondo: è stata una esplorazione della brutalità e del
potenziale degli esseri umani, come ammette John Logan, autore della serie in
toto, scrittore di tutte le puntate della serie, intense e spesso poetiche.
Nella finale si è consumata definitivamente la
lotta perenne di Vanessa contro l’oscurità, spiegata dalle reliquie del Verbis
Diablo che tutto il gruppo – una specie di Scooby Gang vittoriana - ha cercato
di interpretare con l’aiuto di Ferdinand (Simon Russell Beale). A incarnare il
nemico in questo caso è stata Evelyn Poole (Helen McGory), apparentemente una
semplice medium nota come Madame Kali, ma serva di Lucifero con cui si è
consumato uno scontro finale. Il demonio ha cercato di sedurre Vanessa e di
farle rinunciare alla sua anima parlando attraverso un simulacro, la bambola
con le sue fattezze in cui era stato messo il cuore di un neonato ucciso
appositamente dalla sacerdotessa del male. Miss Ives ha avuto il sopravvento ma,
con la rinuncia al male, ha accettato la parte oscura di se stessa (uno scorpione
uscito dal simulacro le si poggia sulla mano, si tatua in rilievo sul palmo e viene
da lei assorbito completamente). Ha perso la fede.
“Vanessa ha accettato la
complessità e la dualità di chi lei è. È parte angelo e
parte mostro, come siamo tutti. E questo è alla fine ciò di cui parla la serie”,
spiega Logan (The
Hollywood Reporter). E ora è sola, così come sparpagliati per il mondo sono
gli altri personaggi: Ethan Chandler (Josh Hartnett) – il cui vero nome si è
scoperto essere Ethan Lawrence Talbot (“Lawrence Talbot” è il tormentato uomo
lupo nel classico del 1941, The Wolfman) - si è
costituito per una serie di efferati omicidi compiuti da licantropo ed è stato
estradato negli Stati Uniti; Sir Malcom (Timothy Dalton) parte per l’Africa per
seppellire l’ex-mercante di schiavi Sembene (Danny Sapani), dopo che Ethan lo
ha ucciso; il dottor Frankenstein (Harry Treadaway), sopraffatto dalla
disperazione per aver dato vita alle sue “creature” e per l’amore non corrisposto
nei confronti di Lily, è perso nella droga che si inietta ovunque; la Creatura
(un sempre mesmerizzante Rory Kinnear), imprigionato a tradimento e deriso per
la sua mostruosità, uccide i suoi carcerieri e naviga fra i ghiacci deciso ad allontanarsi
da quell’umanità a cui agogna assimilarsi e che perennemente lo respinge, e che,
come nota Vanessa stessa, possiede più di ogni altro.
Il più grande orrore nella serie non è mai quello esteriore, ma quello
delle persone, e quello del modo in cui si relazionano le une alle altre: “In
fondo al cuore, questa è una storia di persone che soffrono, persone che cercano
e provano a trovare qualcosa. Non riguarda i tropi dell’orrore vittoriano” (The
Wall Street Journal). E l’orrore più grande è affrontare se stessi e i propri
demoni, come fanno un po’ tutti i personaggi, in modo molto ferale e
primordiale. Ognuno di loro cerca di essere normale, a suo modo. La serie si
tiene in equilibrio fra il razionale, il teologico, il sovrannaturale e il romantico e cerca di
bilanciarli e, sempre parafrasando l’autore, aspira alla comprensione della
necessità umana di venire accettati, anche lì dove ci si sente mostruosi, e a mostrare
la benevolenza umana nell’accettare, perdonare e redimere quello che può essere
considerato mostruoso. Sono temi che ricorrono in tutti i personaggi e nell’affrontarli
si ricordano ed evocano le modalità espressive di Wordsworth e Keats.
Come ci viene ricordato dalle parole di Mr Claire, “il vero male è sopra
ogni cosa seduttivo” (2.09), il demonio è bellissimo, è come una sirena. Cedi
per non essere più solo. Dio, così come la droga, sono modi di cercare
trascendenza, di cercare una personale connessione con la verità divina. Penny Dreadful lo ha illustrato in
questa stagione anche attraverso i personaggi di Lily Frankenstein (Billie
Piper) e Dorian Grey (Reeve Carney). La prima è coinvolta in uno straziante poligono
amoroso, apparentemente innocente, in realtà consapevole e brutale; il secondo
è trascinato in una storia d’amore con Angelique (Jonny Beauchamp), un
transessuale, per usare un termine di per sé anacronistico per l’epoca: Dorian lo
accetta e lo spinge a farsi accettare dalla società per quello che è, ma non
riesce a farsi a sua volta accettare per come lo rivela intimamente il famoso
quadro che lo rappresenta, e così uccide Angelique dopo che lo ha visto. In “And They Were Enemies” (2.10) – in uno dei molti momenti che mostra uno dei
punti di forza del programma, al di là della scrittura e della recitazione,
ovvero la cinematografia e i costumi – Dorian e Lily , con gli abiti bianchi
sporcati dal sangue delle ferite inferte dal dottor Frankenstein che ha cercato
di ucciderli, ballano incuranti di tutto, nella bellissima sala illuminata da
innumerevoli candele sotto gli occhi dei quadri che tappezzano le pareti. Sono
ipoteticamente immortali e si sentono superiori, e vogliono provare al mondo di
esserlo. La prossima stagione, che sarà di 9 puntate, mostrerà il loro modo di
cercare il potere, con tutti i personaggi a un crocevia, promettono.
La seconda stagione intanto
conferma la sottovalutata Penny Dreadful
una serie gotica narrativamente coinvolgente, psicologicamente raffinata e visivamente
sontuosa.
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