Shadowhunters, che ha appena debuttato su Freeform (nuovo
nome di ABC Family) ed è l’adattamento televisivo da parte di Ed Decter di The Mortal Instruments di Cassandra
Clare (saga in Italia conosciuta proprio come Shadowhunters),
ha come protagonista Clary Fray (Katherine McNamara), una giovane studente d’arte
di Brooklyn che al compimento del diciottesimo anno di età, scopre di essere
una shadowhunter (una cacciatrice di ombre), una mezza umana-mezza angelo che
protegge gli esseri umani dai demoni.
Sua madre Jocelyn (Maxim
Roy), che ora è stata rapita, per proteggerla l’ha tenuta all’oscuro fino all’ultimo e non fa in tempo a spiegarle
tutto che lei scopre la verità in modo un po’ rocambolesco. Il suo primo
assaggio lo ha quando, inaspettatamente, fuori da un locale, il Pandemonium, riesce
grazie a superpoteri che non sa ancora di avere a vedere alcuni come lei - Jace
Wayland (Dominic Sherwood), Isabele Lightwood (Emeraude Toubia) e Alec
Lightwood (Matthew Daddario) – che dovrebbero essere invisibili ai comuni
mortali, i “mondani”. In quel nightclub,
con la pelle tatuata da rune magiche, li
vede uccidere numerosi demoni con spade di luce, anche se è disorientata e non
capisce che cosa stia succedendo. Presto si unirà a loro, anche per riuscire a
sconfiggere il temibile Valentine (Alan van Sprang) che è a caccia di una solo
artefatto: la Coppa Mortale. Il suo
migliore amico Simon Lewis (Alberto Rosende), segretamente ma visibilmente innamorato
di lei, vorrebbe tenerla lontana da quel mondo, e lei non si fida dell’unico di
cui sua madre le ha detto di poter credere, Luke Garroway (Isaiah Mustafa), un
poliziotto che investiga su omicidi demoniaci.
Non ho letto i libri e
non avevo alcuna nozione precedente alla visione sulla mitologia della storia
che, sebbene non chiarissima, in partenza è stata sufficientemente accattivante
da farmi pensare che forse avrei anche provato a seguirla se fossi stata
adolescente. Da adulta però, non c’è abbastanza da tenermi incollata alla saga
di un pulcino spaurito che deve diventare improvvisamente grande affrontando
mostri più grandi di lei per i quali non è preparata, attorniata da ragazzetti
gnocchi troppo sicuri di sé.
La narrazione è velocissima e la ultracinetica regia di McG, che altrove
non mi è dispiaciuta, qui non lascia
spazio per fiatare e seguire sul serio quello che sta accadendo o per
distinguere un’atmosfera dall’altra. Se Clary ha avuto qualche reazione emozionale
dalla sua scoperta e dallo stravolgimento del suo mondo non si è davvero avuta l’occasione
di scoprirlo. I personaggi sono molto stereotipati e si taglia più di spada che
di lingua. Ci si prende incredibilmente sul serio – Buffy come madrina di tute le eroine, avrebbe dovuto insegnare a
fare di meglio. In più momenti mi ha fatto ripensare a Le
Nove Vite di Chloe King, che in paragone ne usciva sicuramente vincitrice. La
pseudo-straordinarietà di una fantasia di eroismo non compensa la poca sostanza
e l’inesistente umanità emozionale che trancia in partenza ogni possibilità di creare
un legame con i personaggi in modo tale che importi qualcosa di loro. Almeno al pilot.
Doctors, la soap opera medica
britannica in onda sulla BBC1 che intreccia le vite di un gruppo di medici e
loro collaboratori a quelle dei pazienti affidati alle loro cure, ha avuto come
protagonista un malato di CFS/ME nella puntata del 4 dicembre scorso, ovvero un
paziente di Sindrome da Fatica Cronica o Encefalomielite Mialgica. Nel Regno
Unito è la seconda dicitura quella più comune, diversamente dal resto d'Europa,
ma forse per semplicità il programma ha optato per la prima, nominando però
anche la sigla della seconda.
In
"The Power of You" (Serie
17, episodio 152 di 217), , scritto da Tina Walker e con la regia di Sarah
Punshon, Adam Coltrane (Neil McKinven) deve appoggiarsi all'aiuto della figlia
universitaria Ellie (Alex Critoph) per riuscire ad andare avanti. Prevede di
vendere casa e trovarne una più adatta alle sue esigenze. Riesce ancora a
lavorare, anche se prevede di dover essere presto costretto a rinunciarvi, ed è
per la gran parte del tempo confinato a casa, si sposta con fatica sulle gambe
e guidare gli è difficoltoso. Riesce ancora a farlo, ma gli costa molto. Ha
dolori, giramenti di testa. È insomma quello che da un punto di vista medico,
per quando la dicitura non renda giustizia al grado di sofferenza, quello che
secondo le scale attuali viene definito un paziente moderato, in una scala che
prevede i gradini lieve (si riescono a condurre gran parte delle attività),
moderato, severo (si è confinati a letto), e molto severo (non si è
autonomi nemmeno nelle funzioni di base, come mangiare o lavarsi). Per
inciso, per quanto non sia di fatto rilevante, quello del personaggio rappresentato
è il grado di malattia in cui mi ritrovo io in questo momento, mutatis
mutandis.
Arriva in
visita la ex-moglie, Faye Durran (Sara Stewart), ora scrittrice di successo che
si è trasferita in California. È autrice di un libro, il cui titolo è quello
della puntata dell'episodio, che invita a superare la malattia con la forza
della positività, ed è lì per invitarli al suo nuovo imminente matrimonio. Adam
vuole tenere nascosto il suo stato di salute e dare la colpa del suo stato a un’influenza
passeggera, ma quando la figlia dice di non poter partecipare alle nozze
(perché deve prendesi cura del padre che non è autonomo) e vede dei medicinali
in giro, capisce che qualcosa non va e pretende delle spiegazioni. E così
glielo dicono.
"La
Sindrome da Fatica Cronica non è una malattia" si affretta a commentare
lei. "È una serie di sintomi per cui non si riesce a trovare una
causa." E dopo che si è accertata che i medici abbiamo escluso ogni altra
causa accusa "E sei felice di accettare questa etichetta?". A nulla
serve la voce della figlia che dice "Importa come viene chiamata? Papà è
malato, veramente malato". Adam chiede alla figlia di scusarsi con la madre
a cui Ellie ha dato dell "ignorante" ed "egoista" per non
volere che la lei si prenda cura del padre e per il fatto che insiste che venga
al matrimonio quando è evidente che non può per fondati motivi.
In una
scena successiva, la scrittrice si reca dal medico del suo ex, la dottoressa
Emma Reid (Dido Miles). Fra le due c'è la seguente conversazione:
Dr Reid:
Ms Durran, come posso aiutarla?
Faye
Durran: può aiutarmi dicendo al mio ex-marito che non soffre di una malattia
che non esiste, che è stata inventata dall'establishment medico per pararsi il
loro collettivo didietro. Adam non guarirà mai finché lei gli fa credere che ha
la Sindrome da Fatica Cronica (detto con aria sprezzante).
Dr Reid:
temo di non avere la libertà di discutere la condizione di salute di Adam con
lei. Tuttavia, posso dirle che la Sindrome da Fatica Cronica è una patologia
neurologica riconosciuta.
Faye
Durran: una patologia per cui non c'è un test, nessun criterio diagnostico
universalmente riconosciuto, nessun accordo su che cosa in effetti la scateni e la perpetui, e in
aggiunta a tutto, non riuscite nemmeno a mettervi d'accordo su come chiamarla.
Dr Reid:
solo perché è difficile da diagnosticare, non significa che...
Faye
Durran: è una barzelletta. Nel sostenere
questa finzione state creando un esercito di vittime inermi e li state
derubando dei mezzi per la loro guarigione.
Dr Reid:
che sarebbero?
Faye
Durran: il modo in cui pensano, a liberarsi di queste credenze che li tengono
malati e inermi
Dr
Reid:in modo che migliorino con la
forza di volontà.
Faye
Durran: l'effetto placebo dimostra la
capacità della mente di influenzare il corpo, nel bene e nel male.
Dr Reid: son
a favore della positività, ma
penso che. la stia portando un po' oltre.
Faye
Durran: dodici
anni fa dono andata dal mio medico con I sintomi di cancro alle ovaie. Ne sono
uscita con una ricetta per stitichezza. Sei mesi dopo hanno trovato un tumore
grande come un melone durante un'ecografia per gravidanza. Invece di avere il
mio bambino, ho avuto un'isterectomia e ho avuto la rimozione delle ovaie. La
chirurgia radicale e la chemioterapia potranno avermi salvato la vita, ma sono
stata io che ho rimesso di nuovo insieme i pezzi.
Dr Reid:
non dubito che quello sia stato un periodo molto traumatico per lei, ma
trattare le persone con la CFS come se in qualche modo non stiano provando in
modo forte abbastanza è sbagliato.
A questo
segue una scena medico-paziente in cui la dottoressa fa rendere conto ad Adam
che i successi della sua ex-moglie sono dovuti tanto al suo modo di pensare
positivo quando a tutto il sostegno su più fronti che lui le ha dato negli
anni. Fuori dall’ufficio i due ex-coniugi si affrontano e poi a casa c'è la
riappacificazione della crisi e lei si dimostra disposta ad aiutarlo.
Se si esclude la chiusura un po' affrettata, sono rimasta soddisfatta di
quest'episodio e della rappresentazione della CFS/ME che ne è stata fatta,
anche in considerazione delle costrizioni di spazio. Le vicende necessariamente
erano intramezzata con altre storie ed altri personaggi, e nella manciata di
minuti disponibili si è fatto un buon lavoro.
Dal punto
di vista dei sintomi si è puntato sulla fatica, come è giusto, e l'attore ha
saputo renderla in modo adeguato. Sembrava normale, ma non solo è stato
ripetuto in più occasioni che aveva una autonomia di movimento limitata, ma si
è visto che in qualche occasione usava il girello, si appoggiava quando stava
in piedi, quando era seduto tendeva a piegarsi in avanti o a scivolare indietro
sulla poltrona, tutte strategie piuttosto realistiche. Rispetto agli altri
sintomi, salvo un accenno ai giramenti di testa che sono la punta di diamante
dell'intolleranza ortostatica, e il fatto che lo si vede star peggio dopo che è
uscito per andare dal medico e avere la discussione con la moglie, e in qualche
modo questo può riassumere il sintomo cardine del malessere post-sforzo, si
è deciso di puntare sul dolore. È vero che c'è e son consapevole che per chi non
conosce la malattia questo fa "più impressione" di altri sintomi più
difficili di regola da sopportare, ma come sempre mi rammarico che non si sia
dato un peso almeno un po' più deciso ai disturbi cognitivi, che sono
estremamente invalidanti e problematici. Bastava fargli dire una parola per
un'altra e farlo poi correggere, o fargli una pausa per un vuoto di memoria. Ad
un certo punto lo si vede con in mano il libro dell'ex-moglie. L'incapacità di
leggere o di farlo a lungo sarebbe stato in sintomo perfetto da indicare, ma
qui per come è realizzato, sembrava più indicare lo sconforto per il contenuto
del testo "se vuoi star meglio puoi" che non la difficoltà funzionale
a fruire di quel testo. Sono però forse sofismi da parte mia.
Il
programma ha saputo toccare il punto nevralgico della questione in questo momento,
sputando tutte le accuse dettate dal pregiudizio, raccogliendole e ribattendo
con la ritirata fermezza e decisa competenza del medico di fronte al profano: è
una malattia serie e invalidante. Tanto mi basta. Bravi.
Sono stati consegnati questa scorsa notte i
Golden Globes, premi della stampa straniera presente ad Hollywood. Di seguito,
la lista dei vincitori nelle categorie relative alla televisione. Qui
l’elenco completo che include il cinema.
Miglior
Serie TV, Drama
Mr. Robot
Miglior Serie TV, Comedy
Mozart in the Jungle
Miglior
Film-TV o Limited-Series
Wolf Hall
Miglior
performance di un attore in una serie TV, Drama
Jon Hamm, Mad Men
Miglior
performance di un’attrice in una serie TV, Drama
Taraji P.
Henson, Empire
Miglior
performance di un attore in una
serie TV, Comedy
Gael
Garcia Bernal, Mozart in the Jungle
Miglior
performance di un’attrice in una serie TV, Comedy
Rachel Bloom, Crazy Ex Girlfriend
Miglior
performance di un attore non-protagonista in una Serie, Limited-Series o
Film-TV
Christian
Slater, Mr. Robot
Miglior
performance di un’attrice non protagonista in una Serie,
Limited-Series, o Film-TV
Maura Tierney, The
Affair
Miglior
performance di un attore in una Miniserie o Film per la TV
Oscar
Isaac, Show Me a Hero
Miglior
performance di un attore in una Miniserie o Film per la TV