Si è chiusa definitivamente
con la settima stagione l’eccellente The
Good Wife, una serie che è stata la formazione morale e di vita,
professionale e personale, di Alicia Florrick (Julianna Margulies), avvocatessa,
madre, moglie, donna complessa e piena di chiaroscuri.
Titolo dell’ultima
puntata, in inglese, è stato “End”. La serie, in originale, ha avuto la
particolarità di far sì che il numero delle parole dei titoli delle puntate
fosse lo stesso del numero della stagione, per poi simmetricamente seguire il
percorso inverso, per cui 1-2-3-4-3-2-1.
La chiusura è stata in
linea con quanto gli autori, i coniugi Michelle e Robert King, avevano promesso
sarebbe stata. Hanno terminato lì dove avevano iniziato, con Alicia vicina al
marito Peter (Chris Noth) che pubblicamente deve difendersi da accuse molto
pesanti, quasi a chiudere il cerchio, ma essendo stato un percorso di educazione,
la stessa situazione ha portato a un esito differente: Alicia lascia la mano
del marito in 7.22 per andare in cerca di Jason (Jeffrey Dean Morgan) di cui è
innamorata. Ed è stato un finale sospeso, con un seguito lasciato immaginare, e
aperto ad un possibile già ventilato spin-off, che avrebbe nel cast almeno i
personaggi di Diane (Christine Baranski) e di Lucca (Cush Jumbo), da quanto si
vocifera al momento del mio scrivere. Will (Josh Cherles), il grande amore
defunto della protagonista, è tornato sotto forma di sua coscienza in un modo che è suonato vero e
intenso.
Ma se è stato un Bildungsroman,
per quanto di una persona già adulta, quale è la lezione che ha lasciato allo
spettatore, in ultima istanza? Che valore ritiene sia essenziale? Mi pare che
sia quello della correttezza. Alicia, Diane, Cary
(Matt Czuchry), Zach (Graham Phillips), Grace (Makenzie Vega)… Fare un buon lavoro non
coincide con l’aver successo a tutti i costi, fare un buon lavoro è il vero
successo. In scala si pongono correttezza, amore e famiglia, studi e lavoro. C’è
posto per l’equilibro fra sfera personale e professionale, e la prima non deve
esser sacrificata in favore della
seconda. I sentimenti e le persone contano e non c’è successo lì dove calpesti
le persone che ti stanno a cuore. Ma l’affermazione ultima è che qualunque cosa
sia importante per te nella vita, che sia l’amore o la carriera, fai bene a
seguirla. Può anche darsi che alla fine lo considererai un errore, ma sarà un
errore tuo. Nel bene e nel male te ne assumerai la responsabilità e ne
affronterai le conseguenze. Nell’essere coerente con i tuoi ideali c’è il vero
senso della vita, anche lì dove apparentemente potrà sembrarti rischioso. La
vita e le tue scelte ti riserveranno comunque molti schiaffi. Dovrai sistemarti
e continuare per la tua strada e cercare di andare avanti. Questa è la lezione
che io ho portato a casa, insieme alla citazione della puntata “Iowa” (7.11)
pronunciata da Ruth (margo Martindale) ad Alicia (nella mia traduzione - nella foto l'originale): “Apprezza
quel momento – quando ti rendi conto che non sai in che cosa consista la vita.
Quella è verità”.
La settima stagione nel
complesso è stata in calo rispetto alla precedente e all’apice della quinta, ma
come sempre ha affrontato intelligentemente e con acume temi caldi della
contemporaneità, affrontati magari più specificatamente in singole puntate, ma comunque
con risonanza su tutta la narrazione: l’età e il diventare anziani (7.05); quali
siano le priorità nella vita, se il lavoro, o altro; il suicidio assistito dal medico (7.04), l’aborto
e il primo emendamento (7.08); il razzismo (7.09); la privacy; il tribunale
dell’opinione pubblica; la politica; la tecnologia; se sia opportuno e se ci
sia giustificazione legale per un’amministrazione pubblica per uccidere
qualcuno (7.15); la solidarietà
femminile e la guerra fra generi; l’amicizia…
The Good Wife è stata una delle rare serie in cui per me, all’avvicinarsi
della fine, ho sperato di non morire (per nessuna ragione specifica che non sia
quella di chiunque altro) prima di poter vedere come terminava. Mi mancherà.
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