La seconda stagione di Master of None si apre con il
protagonista Dev (Aziz Ansari) che, dopo la rottura con la fidanzata Rachel (Noël
Wells), si è trasferito per qualche tempo in Italia per imparare a fare la
pasta. Qui incontra Francesca (Alessandra Mastronardi) - che lavora nel
pastificio della nonna, e sta con Pino (Riccardo Scamarcio) – che in seguito lo
raggiunge a New York per un breve periodo. La costruzione narrativa è su due
archi, quello professionale, con Dev che diventa il conduttore del gioco “Clash
of the Cupcakes”, ma che poi cerca altro perché quello lo stimola troppo poco,
e quello personale, con l’irrompere nella sua vita di Francesca.
Allo stesso tempo, caratteristica
apprezzata in un momento in cui diversi lamentano che troppa televisione rischia
di diventare cinema dilatato, si mantiene forte anche l’identità episodica, con
puntate universalmente celebrate come “New York, I Love You” (2.06), una serie
di cartoline da New York che ci danno uno spaccato della città attraverso segmenti di personaggi che mai avevamo visto
e mai vedremo più (compresa una coppa sorda che parla solo in lingua dei segni)
e con i protagonisti praticamente assenti,
e come “Thanksgiving” (2.08), che racconta attraverso le cene del
ringraziamento nel corso di trenta anni la storia di coming out di Denise (Lena Waithe, che l’ha scritta insieme ad
Ansari). Quest’ultima puntata, nominata anche all’Emmy per la miglior
sceneggiatura, fa ripensare all’episodio 1.06 di “Cucumber”, con cui ci sono
alcuni punti di contatto (specificatamente il coming out del protagonista con i familiari, e il loro ammorbidirsi
nel tempo, e il rivisitarli più volte in momenti diversi nel corso della vita).
La serie non ha timore
di sperimentare – “The Thief” (2.01) è in bianco e nero ed è un homage a Ladri di Biciclette di De Sica (si veda qui
un video in cui sono messi a confronto); “Le Nozze” (2.02) è ambientata in
Italia; “Religion” parla di cultura islamica e tradizione… - e, avendo casa su
Netflix, può permettersi il lusso di avere episodi di durate diverse.
Il tema fondante di
questa stagione è quello della solitudine, di quanto sia difficile trovare
qualcuno con cui avere un’intesa vera, e del dolore di trovarsi innamorati di
qualcuno che non è disponibile. L’arco che vede coinvolti Dev e Francesca è
molto romantico, fatto di momenti dolci e intensi, casuali e significavi allo
stesso tempo; la tensione erotico-sentimentale è palpabile. Si percepisce che
si tratta in qualche modo di una relazione inevitabile, al di fuori
dell’autentico controllo dei coinvolti, sul piano emozionale, ma sul piano dei
comportamenti si rimane incerti sempre se sia la strada giusta da percorrere o
meno, se sia corretto perseguire quella relazione o meno. Francesca non sa se
mandare a monte tutta la sua vita, Dev non sa fino a che punto spingersi in
considerazione del fatto che lei è impegnata. È amore romantico
autentico e reale, nel senso che trascina come le grandi storie d’amore, ma è
ancorato dai dubbi e gli ostacoli della vita reale. Non c’è favola qui, c’è la
tenerezza della vita vera. Si è profondi e personali. Il finale (2.10) rimane
ambiguo, perché difficile è interpretarlo – è una fantasia, un sogno, la
realtà? Potremmo anche non saperlo mai, perché una terza stagione non è per il
momento in programma. Non è completamente fuori questione, ma il se e il quando
sono tutti da stabilire.
È
stato acutamente osservato (Pop
Culture Happy Hour) come il programma sia molto interessato alle forze
universali che avvicinano le persone (come il cibo o l’amicizia) e come si
possa ravvisare una sorta di “empatia radicale” – un anti-Woody Allen è stato
definito – nell’essere amorevoli e umani guardando gli altri e nell’essere
interessati alle prospettive degli altri. Un altro punto di forza deriva dall’essere
culturalmente molto specifici.
Per quanto riguarda specificatamente
l’Italia, suona strano sentir definire Modena un “paesino” (little village), e
sicuramente c’è un po’ la tendenza tipicamente americana di guardare allo
stivale con le lenti nostalgiche del passato, ma molto meno che altrove. Per
fortuna si evitano stereotipi eccessivi (anche se Wired.it
sembra pensarla in modo contrario), puntando piuttosto a riferimenti dotti,
come il sopracitato Ladri di Biciclette,
ma anche La Notte e L’Avventura e L’Eclisse di Antonioni, La
Dolce Vita e 8 e ½ di Fellini - per una guida più dettagliata ai riferimenti
ai classici del grande schermo nostrano, all’interno della serie, si veda qui.
I titoli citati, meno L’Eclisse e più
Amarcord, sono proprio accatastati
uno sull’altro, come DVD, sul comodino del protagonista nella prima puntata, e si
direbbe posizionati nell’ordine in cui vengono rievocati. Ovviamente non è
casuale. Gli stessi titoli delle puntate, in originale, sono in italiano, come “Amarsi
un po’” (2.09) e “La Notte” (2.10).
Firmata da Aziz Ansari e
Alan Yang, Master of None mescola liricismo,
commento culturale e leggerezza, con tocchi tanto densi quanto apparentemente ineffabili.
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