sabato 17 novembre 2018

THE FIRST: la prima missione umana su Marte


The First, la serie di Beau Willimon (House of Cards) ambientata in un futuro prossimo che ruota intorno alla prima missione dell’uomo su Marte, è molto austera e mesta. Forse anche per questo è stata accolta con favore, ma tiepidamente. Il fallimento delle aspettative, la disillusione dei sogni infranti, l’insuccesso, le delusioni, il lutto, ma anche l’arte, l’ambizione e che cosa la alimenta, il sacrificio: queste sono le tematiche principali della prima stagione. Io l’ho apprezzata più della media, ma è indubbio che è una cappa depressiva che lascia pochi spazi di respiro. Nonostante termini con un successo, è un feel-bad show.

Il razzo con a bordo le prime persone dirette su Marte esplode per un errore umano. Tom Hagerty (Sean Penn), il comandante della missione da poco rimpiazzato, si reca agli uffici della Vista, la compagnia che in collaborazione con la NASA gestisce la missione, per dare il proprio sostegno alla CEO Laz Ingram (Natascha McElhone, Californication), che tende ad essere molto distaccata da un punto di vista emozionale. L’opinione pubblica si interroga sulla ragionevolezza del progetto di fronte ad un rischio di vite e un dispendio economico così elevati. Gli astronauti però credono fortemente nel proprio progetto e lo difendono. Fra loro ci sono Kayla Price (LisaGay Hamilton, House of Cards, The Practice), che sul posto di lavoro deve fare in conti con questioni di discriminazione e graduatorie di potere; Sadie Hewitt (Hannah Ware), le cui aspirazioni spaziali mettono in crisi il rapporto sentimentale; Nick Fletcher (James Ransone) e Aiko Hakari (Keiko Agena, Gilmore Girls). Hagety viene messo a capo della nuova missione, ma la sua situazione è complicata sul fronte di casa: la moglie Diane (Melissa George, Grey’s Anatomy), che soffriva di depressione, si è tolta la vita, e la figlia Denise (Anna Jacoby-Heron), con cui c’è un rapporto conflittuale, si è data alla droga, riuscendo a disintossicarsi solo di recente.

Le puntate della serie sono un conto alla rovescia al nuovo lancio che si verifica senza intoppi nella sesaon finale – se non lo segnalo come spoiler è perché è autoevidente che lì si sarebbe andati a parare, altrimenti non ci sarebbe stata serie. Questo è un momento in cui si può finalmente tirare un sospiro di sollievo, anche se non assistiamo all’effettivo successo dell’arrivo su Marte, che suppongo sia materia per la seconda stagione. In mezzo a tecnologia futuribile molto ghiotta, in primo piano ci sono vicende umane. E in fondo ad animare il programma è anche un certo ottimismo. I protagonisti credono fortemente a quello a cui dedicano la propria vita, investono nel potere dell’immaginazione nel realizzare qualcosa di grande: il credere viene prima del vedere, sentenzia Laz (1.05). Non è un ottimismo scintillante, ma uno che sguazza nel dolore e deve farsi strada con le unghie per procedere, che deve imporsi e deve imporre agli altri rinunce gigantesche aggrappandosi alla sola forza dell’ideale.

Grazie anche a performance di rara intensità introspettiva, questa serie di Hulu mette la lente di ingrandimento sulla fatica dell’uomo, personale e collettiva, per raggiungere i propri obiettivi, per raggiungere le stelle.

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