The First, la serie di Beau Willimon (House of Cards) ambientata in un futuro
prossimo che ruota intorno alla prima missione dell’uomo su Marte, è molto
austera e mesta. Forse anche per questo è stata accolta con favore, ma
tiepidamente. Il fallimento delle aspettative, la disillusione dei sogni
infranti, l’insuccesso, le delusioni, il lutto, ma anche l’arte, l’ambizione e
che cosa la alimenta, il sacrificio: queste sono le tematiche principali della
prima stagione. Io l’ho apprezzata più della media, ma è indubbio che è una cappa
depressiva che lascia pochi spazi di respiro. Nonostante termini con un
successo, è un feel-bad show.
Il razzo con a bordo le
prime persone dirette su Marte esplode per un errore umano. Tom Hagerty (Sean
Penn), il comandante della missione da poco rimpiazzato, si reca agli uffici
della Vista, la compagnia che in collaborazione con la NASA gestisce la
missione, per dare il proprio sostegno alla CEO Laz Ingram (Natascha McElhone, Californication), che tende ad essere
molto distaccata da un punto di vista emozionale. L’opinione pubblica si
interroga sulla ragionevolezza del progetto di fronte ad un rischio di vite e
un dispendio economico così elevati. Gli astronauti però credono fortemente nel
proprio progetto e lo difendono. Fra loro ci sono Kayla Price (LisaGay Hamilton,
House of Cards, The Practice), che sul posto di lavoro deve fare in conti con
questioni di discriminazione e graduatorie di potere; Sadie Hewitt (Hannah
Ware), le cui aspirazioni spaziali mettono in crisi il rapporto sentimentale; Nick
Fletcher (James Ransone) e Aiko Hakari (Keiko Agena, Gilmore Girls). Hagety viene messo a capo della nuova missione, ma
la sua situazione è complicata sul fronte di casa: la moglie Diane (Melissa
George, Grey’s Anatomy), che soffriva
di depressione, si è tolta la vita, e la figlia Denise (Anna Jacoby-Heron), con
cui c’è un rapporto conflittuale, si è data alla droga, riuscendo a
disintossicarsi solo di recente.
Le puntate della serie
sono un conto alla rovescia al nuovo lancio che si verifica senza intoppi nella
sesaon finale – se non lo segnalo
come spoiler è perché è autoevidente che lì si sarebbe andati a parare, altrimenti
non ci sarebbe stata serie. Questo è un momento in cui si può finalmente tirare
un sospiro di sollievo, anche se non assistiamo all’effettivo successo dell’arrivo
su Marte, che suppongo sia materia per la seconda stagione. In mezzo a
tecnologia futuribile molto ghiotta, in primo piano ci sono vicende umane. E in
fondo ad animare il programma è anche un certo ottimismo. I protagonisti
credono fortemente a quello a cui dedicano la propria vita, investono nel
potere dell’immaginazione nel realizzare qualcosa di grande: il credere viene
prima del vedere, sentenzia Laz (1.05). Non è un ottimismo scintillante, ma uno
che sguazza nel dolore e deve farsi strada con le unghie per procedere, che
deve imporsi e deve imporre agli altri rinunce gigantesche aggrappandosi alla
sola forza dell’ideale.
Grazie anche a
performance di rara intensità introspettiva, questa serie di Hulu mette la
lente di ingrandimento sulla fatica dell’uomo, personale e collettiva, per
raggiungere i propri obiettivi, per raggiungere le stelle.
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