La nostra vita amorosa
può essere ridotta a dei dati: statisticamente prima di trovare l’amore delle
vita una persona avrà avuto in media 7 relazioni, di cui due lunghe, le altre a
breve termine, appuntamenti superficiali e avventure di una notte, due volte ci
si sarà innamorati sul serio e due volte si avrà avuto il cuore spezzato.
Esordisce con queste informazioni la voce narrante di Love Life (HBO Max, e si tratta della la prima serie scripted del canale), senza peraltro
fornire alcuna indicazione aggiuntiva su quale possa essere la fonte di questi
dati. Ce li dobbiamo prendere come buoni. E sulla base di questi ci viene
raccontata la vita amorosa della protagonista, Darby Carter (Anna Kendrick).
Successivamente (1.02) veniamo informati del fatto che statisticamente una
coppia ci pensa per un paio di anni prima di divorziare e poi ci vogliono circa
3 anni prima di risposarsi.
Darby quando la
conosciamo lavora come guida in un museo d’arte e la seguiamo appunto nelle sue
vicende sentimentali, a partire da “Augie Jeong” (1.01), conosciuto in un
locale di Karaoke, ma poi lasciato perché l’impegno professionale di lui lo
porta altrove – (spoiler – si ritroveranno in seguito). Un anno dopo comincia
una storia con un uomo divorziato. “Bradley Field”, ma non piace alla famiglia
di lei. Segue l’avventura di una notte che è lei a non voler proseguire (1.03 ,
“Danny Two-Phones”) e poi quella con un cuoco, che sul principio va alla
grande, riesce perfino a gestire
l’ipercritica madre di lei, fino al giorno in cui lui non perde il lavoro
(1.04). La psicoterapeuta la invita a ripensare al primo amore (1.05). Poi altre storie sono
anche di amicizia e con la madre (Hope Davis). E ci starebbe, se non fosse che
la struttura narrativa sembra ripensata a mezza via.
La voce fuori campo, che
commenta quasi con il distacco dello studioso che annuncia i dati di cui
sopra, in alcuni passaggi narrativi è usata alla stessa maniera in cui era già
stato fatto in A
to Z. Anzi, così tanto che sono andata a verificare che non si
trattasse della stessa attrice, ma no, qui è Leslie Manville, lì era Katey
Sagal. Almeno la memoria me le ha associate, poi magari a risentirle sono
diverse. E in seguito, a secco di informazioni statistiche si direbbe, il
voice-over si sofferma a fare affermazioni generali sulla protagonista. Si
potevano tralasciare tutte le informazioni successive alla prima sulla quale si
fonda il principio della serie, o quelle in cui il commento non offre nessun insight maggiore rispetto alla semplice
visione: inutili.
Funzionerebbe meglio
come più ordinaria storia di relazioni e di amicizia, con un ruolo maggiore ai
comprimari, che energizzano le vicende della protagonista, come la migliore
amica Sara (Zoë Chao) e il suo ragazzo Jim (Peter Vack) o Mallory (Sasha
Compère). Nella prima parte della stagione in particolare, questi sono appena
abbozzati, meri segnaposto.
In questa rom-com ideata da Sam Boyd, poco "rom" e poco "com", insicurezze e tediose banalità quotidiane sono in primo piano, un’illusione ogni aspirazione ad essere la Sex and the City del 21° secolo. L’ho trovata anche gradevole, ma un po’ stantia, e la protagonista principale, sebbene una brava attrice, poco carismatica. Frustrante.
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