It’s a sin ha vinto il Prix Italia 2021. L’ho saputo dalla pagina
Instagram dell’autore stesso, Russell T. Davies, da cui ho preso l’immagine di
cui sopra. Sono molto contenta ed è supermeritato. Salvo sorprese, penso che
sia probabile che finirà per essere il programma migliore dell’anno, per me.
Solo, mi rammarico del
fatto che Prix Italia finisce per premiare programmi che poi, tristemente, il
grande pubblico nemmeno ha mai sentito nominare. E questo almeno è andato in
onda (su Starz).
Nel 2013 hanno premiato Äkta människor. Io ci ho scritto un
saggio (qui).
Anche in quel caso penso fosse meritato, ma in Italia non mi risulta che sia
mai andato in onda. È assurdo. Penso che premiare qualcosa con l’etichetta “Italia”
che nessuno poi in Italia fuori dai festival ha modo di vedere sia scandaloso.
Io parlo spesso di
programmi che nessuno ha modo di vedere, se non facendo a volte salti mortali,
e mi si potrebbe rivolgere la stessa critica. Credo che sia legittimo per chi
si occupa di un settore farlo a tutto tondo. Non avrebbe senso diversamente,
tanto più nel mondo globalizzato di ora. Cercate voci nuove e diverse è anche
il ruolo di un critico. “Se leggi solo i libri che tutti gli altri stanno
leggendo, puoi solo pensare quello che tutti gli altri stanno pensando” è una
citazione attribuita a Murakami. Penso possa valere anche per il piccolo
schermo.
Quello che intendo è che si dovrebbero instaurare dei meccanismi virtuosi per cui quello che è giudicato il meglio possa primo essere fruibile da chiunque voglia avervi accesso, e secondo sia idealmente promosso a un pubblico più ampio, ma non mi pare che chi ha potere in tal senso faccia granché.
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