mercoledì 2 marzo 2022

MR. CORMAN: episodi convincenti, ma senza direzione

Le varie puntate di Mr. Corman (Apple TV+) prese singolarmente mi hanno convinto tutte e 10, dalla prima all’ultima, ma nel complesso è sembrata disorganizzata e incerta su dove volesse andare, e non dispiace sentire che questa serie sulle angosce esistenziali di un trentenne non sia stata rinnovata per una seconda stagione.

Josh Corman, interpretato da Joseph Gordon-Levitt (3rd Rock from the Sun), anche autore di alcune puntate e regista della maggior parte, è un insegnante delle elementari nella San Fernando Valley, a Los Angeles. Ama il suo lavoro, ma sta avendo un periodo di crisi: ha attacchi di panico e di ansia, ha smesso di suonare mentre in passato sognava una carriera di musicista, che la sua ex Megan (Juno Temple, Ted Lasso) ha invece perseguito senza di lui; vorrebbe fare qualcosa per essere di nuovo elettrizzato dalla propria vita. Co-abita con l’amico Josh (Arturo Castro), ma quando scoppia la pandemia (che copre gli ultimi episodi della serie – che sono stati girati in Nuova Zelanda perché la produzione si sarebbe altrimenti interrotta proprio per questa ragione), si trasferisce e sta in quarantena dalla madre Ruth (Debra Winger). Con il padre Artie (Hugo Weaving), che non vede da anni, ha un pessimo rapporto.  

Che cosa importa nella vita? Che cosa le dà senso? Come creiamo connessioni umane? Questi sono interrogativi che si rincorrono negli episodi, che adottano uno stile di realismo magico: il protagonista sente periodicamente una sorta di rintocco di pendolo, un gong, o vede un meteorite precipitare dal cielo, o ancora vive fantasie – un musical fra madre e figlio (1.03), vite alternative in scenografie surreali (1.07), con palazzi a forma di telecomando o di grattugia…È restio ad uscire per un appuntamento, nel pilot, perché ritiene che la maggior parte delle persone non abbiano cose interessanti da dire, e anche se si lascia convincere poi le cose, inizialmente promettenti, non vanno come vorrebbe. In chiusura, bloccati dal COVID, ognuno a casa propria e costretti a parlare, ha una buona sintonia con una ragazza in “The Big Picture” (1.10), dove a dispetto dei fraintendimenti, si crea un bel rapporto e il musicista e paroliere che è in lui cerca di ricordarsi “now, here, this” (ora, qui, questo), come un mantra. Si medita sulla solitudine (1.02), su Dio (1.3), sulla felicità - quando si trova a partecipare a un funerale (1.04), ad esempio -, sull’essere genitori - nel rapporto con la sorella Beth (Shannon Woodward) o con la madre, in 1.03; o, come nell’intenso monologo del padre, in fondo solo mascherato da dialogo, con un trascinante spettacoloso Weaving (1.09) che dà un’interpretazione che rivela un uomo molto complesso,  si riflette su quanto di noi possiamo attribuire a noi stessi e quanto ai nostri genitori e anche sul valore dei ricordi nella nostra esperienza presente. 

Gordon-Levitt si è sempre dichiarato femminista, e che la tematica gli stia a cuore emerge, e specificatamente proprio in apertura e chiusura, da elementi minimi trasversali che comunque si notano. È consapevole del suo privilegio di giovane uomo bianco etero e cis, ma questo non gli impedisce di essere insoddisfatto. In “Mr Morales” (1.04) il focus si sposta su Victor, l’amico autista dell'UPS divorziato che fa del suo meglio per mantenere un buon rapporto con la figlia adolescente durante il breve tempo che trascorrono insieme nei fine settimana. Nel contrasto Josh appare autocentrato. Le nevrosi e l’angoscia esistenziale del protagonista rendono tutto un po’ tetro. E a volte il personaggio è insopportabile nella maniera in cui sono insopportabili persone altrimenti gradevoli che hanno una giornata no. Ha un generico risentimento nei confronti di tutto e niente, e non sa come uscirne.

La serie forse è un po’ come il suo protagonista: ha cose intelligenti da dire, e per questo può valere la pena trascorrere quel tempo in sua compagnia, ma è imbronciata e sotto tono e priva di direzione, e alla lunga quella compagnia può risultare pesante.

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