Volevo tanto che Platonic (Apple TV+) mi piacesse: in fondo non sono molte le commedie con un uomo e una donna adulti e allosessuali (persone che provano attrazione sessuali insomma, non asessuali) che hanno un’amicizia sincera e disinteressata, senza che ci sia la componente dell’attrazione fisica. Questo mi faceva desiderare che questa commedia ideata da Francesca Delbanco e Nicholas Stoller riuscisse, ma al di là di qualche occasionale pagliuzza dorata qui e lì, mi sono propria trascinata a finirlo. So che sono una voce fuori dal coro, in questo caso.
Sylvia (Rose Byrne, Damages) è una ex-avvocata che ha deciso
di stare a casa a fare la mamma ai tre figli avuti con il marito Charlie (Luke
Macfarlane, Brothers and Sisters),
pure avvocato. Will (Seth Rogen, Freaks
and Geeks) lavora in un birrificio/birreria, il Lucky Penny, e ha da poco
divorziato. I due erano migliori amici, ma non si erano più sentiti dopo che
lei aveva detto apertamente che non le piaceva la moglie di lui. Ora,
recuperano la vecchia amicizia e si confidano l’un l’altra: lei è in crisi
perché le manca il lavoro fuori casa, e vorrebbe più stimoli che non
sia chiacchierare fuori dalla scuola dei figli con l’amica Katie (Carla Gallo);
lui ha lo spirito di un bambinone insicuro
che non vuole crescere, cerca relazioni con donne più giovani che poi non funzionano
e ritiene di non venire apprezzato sul posto di lavoro, dall’amico e partner Andy
(Tre Hale) e dal maggior investitore nel birrificio, Reggie (Andrew Lopez), che
vuole fare i soldi ed è meno interessato ai prodotti di nicchia, e che è pure
il fratellastro della sua ex.
Sulla carta funziona, il
ritmo della narrazione è adeguato, e i due attori principali, indubbiamente
bravi, hanno una buona intesa e sono convincenti, sia nelle litigate, che nell’affetto
reciproco senza ambiguità sessuali. Quando nell’ultima puntata (1.10) sono in
un locale e lui sta valutando di trasferirsi per una nuova occasione di lavoro
e si dicono che in fondo non c’è niente che lo trattenga dov’è, e il sottointeso
è che in realtà c’è la loro amicizia, li ho amati: grandiosi nel trasmettere il
non detto. E per una volta con una sceneggiatura che non ha avuto necessità di
spiegarcelo poi apertis verbis. Qui la serie è stata ottima. Per il resto non l’ho
trovata particolarmente illuminante, coinvolgente, pungente o psicologicamente
acuta.
Il marito di lei è ragionevolmente
un po’ geloso e per me anche un po’ troppo poco, specie in considerazione del
fatto che i due per tanto tempo non si erano sentiti e all’improvviso passano
tantissimo tempo insieme. Rose Byrne mi ha reso irritante Sylvia: ha sempre avuto
un tono di voce così acuto da sembrare sempre falsa? Molte delle situazioni le
ho trovate poco credibili, e poco divertenti. È stato poi insultante sentire
(1.06) che diceva ai propri figli che tornava a lavorare fuori casa perché voleva
dimostrare che anche una donna può contribuire alla società. Perché, si contribuisce
alla società solo lavorando fuori casa? Che vergognoso messaggio da far
passare. E quando torna al lavoro, se è credibile che dopo tredici anni di
assenza sia arrugginita e non più abituata ai ritmi che comporta, lei che
comunque era una avvocata, non è plausibile che si comporti come una ragazzetta
appena uscita dall’università. Quello che ho visto è stato patetico. Fa una
serie di passi falsi. La scusa per licenziarla è che si addormenta, danneggia per
errore il dipinto del titolare dello studio, cerca di farlo riparare nottetempo
con l’aiuto di Will, l’ho rimette al suo posto con esito disastroso: l’artista
ha disegnato un pene al posto del naso, lei finge di non saperne nulla, ma ci
sono i filmati che la inchiodano - la sospensione dell’incredulità ha i suoi
limiti, in un contesto che comunque aspira ad una qualche realisticità. Ridicolo.
E parliamo di avvocati americani: è verosimile che un’avvocata, dopo essere
stata licenziata così, dopo nemmeno 24 ore, non pensi almeno di far causa?
Capisco che non la faccia, se non altro per non danneggiare la carriera del
marito, ma due principi del foro in famiglia e a nessuno dei due non passa
nemmeno per la testa l’idea di poter trovare un appiglio per far causa? In un Paese
giuridicamente litigioso come gli USA? Non ci credo. Questo genere di storie
svaluta tutto.
Poi è troppo evidente che è un film espanso. Poteva funzionare con semplice commedia di due ore, gradevole ma nulla più, ma la si è rimpolpata nei punti giusti per cavarne una serie che da come è terminata si direbbe conclusa. Si può sempre trovare un escamotage per continuare, ma a tutti gli effetti l’intenzione non sembra quella. Se mai ci sarà, io non sarò lì a seguirla.
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