Dopo una stimolante prima
stagione, di cui avevo parlato qui,
e una deludente seconda, di cui non avevo scritto e che mi aveva fatto dubitare
di voler continuare, la terza stagione di Picard
(Amazon Prime, Paramount+), che ha avuto Terry Matalas come showrunner, è stata un omaggio
a Star Trek: The Next Generation. Sta
bene che sia l’ultima: ha costruito un plot, quasi per gradini successivi ed
incrementali identificabili, facilmente fruibili anche da chi non fosse stato
fan della serie TNG (come me, che ne avevo seguito una stagione e sapevo chi
era chi, ma non di più), ma indubbiamente ha voluto coccolare coloro che ne
sentivano la mancanza. E se i personaggi sono orami vecchi e si notava, si è riusciti
comunque a far brillare questi veterani in un’occasione che li ha visti tutti
riuniti per un’ultima (presumibilmente) volta. E quando dico che tutti sono
venuti a dare sostegno al loro vecchio capitano ora ammiraglio Jean-Luc Picard
(Patrick Stewart) intendo proprio tutti (ad esclusione di Wesley, e Tasha ad
essere rigorosi): William T. Riker (Jonathan Frakes), Beverly Crusher (Gates
McFadden) Worf (Michael Dorn), Geordi La Forge (LeVar Burton), Data (Brent
Spiner) e Deanna Troi (Marina Sirti).
SPOILER PER LA TERZA
STAGIONE
Si inizia con un episodio dedicato
alla memoria della prematuramente scomparsa Annie Wersching, interprete della
Regina Borg nelle precedenti stagioni. Siamo del 2401. Manca poco al
"Giorno della Frontiera", una celebrazione a cui intende partecipare
l’intera Flotta Stellare. Beverly Crusher, ex-ufficiale medico dell’Enterprise
che si trova a bordo della nave scientifica SS Eleos XII attaccata da alieni
sconosciuti, si rivolge all’ammiraglio Picard con un messaggio criptato
subspaziale per aiuto, chiedendo di non coinvolgere la flotta stellare e di non
fidarsi di nessuno. Presto lui riesce a raggiungerla e insieme a Numero Uno e con
un espediente, chiamiamolo così, riesce a portarla a bordo della USS Titan,
guidata dal capitano Shaw (Todd Stashwick), dove lavora anche Sette di Nove (Jeri
Ryan). Insieme a lei c’è anche il giovane Jack Crusher, interpretato dall’attore
Ed Speleer, che non ci può dire non sia versatile otre che convincente, visti i
ruoli moto diversi in cui lo abbiamo visto in precedenza (Downton Abbey, Outlander),
che presto si scopre essere figlio biologico dell’ammiraglio. Gli alieni, che si
scopriremo essere dei Cambianti, sono guidati da Vadic (l’apprezzata Amanda
Plummer), capitana del vascello Shrike, e vogliono proprio lui. Nel corso delle
puntate il loro obiettivo ultimo si fa più chiaro e Picard si trova ancora una
volta a fare i conti con il suo passato con i Borg, che continuano ad essere
una minaccia per tutta la Federazione. Per salvarla di deve riunire la vecchia
squadra e tutti si dimostrano leali. A loro, si unisce ad un certo punto anche Raffaela
"Raffi" Musiker (Michelle Hurd), che lavora per i servizi segreti e
collabora con Worf.
La stagione fa numerosi
riferimenti agli eventi legati all’Enterprise D, alcuni dei quali per me non erano
chiari, ma non era rilevate per gustarsi le intricate, ma sensate vicende. A
mano a mano che si procedeva si ricostituiva e coinvolgeva sempre più l’equipaggio
di quella nave, con un ricercato effetto nostalgia, fino all’immagine finale
del vecchio gruppo raccolto intorno a un tavolo a giocare a poker. Ormai avventure
in cui devono salvare la galassia sono per loro nel passato e nei ricordi. Sono
altri a prendere il testimone – in questa terza stagione compare anche Sidney
La Forge (Ashlei Sharpe Chestnut), figlia di Geordi - e spetta alle nuove leve eventualmente
affrontarle, e queste sono Sette di Nove, ora capitano della nuova USS
Enterprise G, Jack Crusher e Raffi Musiker. Saranno loro i protagonisti dell’annunciata
futura Star Trek: Legacy, con ogni
probabilità. E se state pensando a nepo baby in salsa Trekkie, non andate molto
distante, argomento che viene anche affrontato nel corso della diegesi. Quando
contano i nomi? Molto, ci dicono.
Devo ammettere due mie
verità. In questa incarnazione il franchise
non mi ha mai convinto come nella serie originaria e ora in Strange New Worlds, seppur limitati da
un punto di vista narrativo nell’adesione più stringente ad episodi autoconclusivi.
In Picard ci sono invece archi
orizzontali di ampio respiro che coprono l’intera stagione molto ben
architettati. È che sono troppo guerreschi e poco scienziati per i miei gusti. E
per qualche ragione i personaggi femminili, ad eccezione in questo caso di
Sette di Nove, non riescono a piacermi. Raffi ad esempio, che mi piace in sé
come personaggio e come attrice, non riesco a vederla in nessun modo come appartenente
a questo universo, e da sempre sia Beverly che Deanna mi sono sembrate troppo “molli”
e insipide. Forse non le ho seguite a sufficienza, e questo è il motivo per cui
dico così, ma mi hanno sempre indisposta.
Si dà l’addio alla serie senza rimpianti, ma che funziona a dovere come amorevole omaggio a un passato da molti considerato glorioso.
Nessun commento:
Posta un commento