martedì 29 aprile 2025

THE RESIDENCE: uno spassoso whodunit

Ispirata all’omonimo libro saggistico scritto da Kate Andersen Brower, The Residence di ShondaLand, ideata da Paul William Davies (Scandal), ha al centro delle vicende una investigatrice troppo magnetica e iconica per essere sfruttata per una sola stagione: Cordelia Cupp (Uzo Aduba, Orange is the New Black) è quel genere di detective alla Sherlock Holmes, Miss Marple e Colombo che risolve i casi grazie alla sua attenta capacità di osservazione, ascolto e deduzione. Talvolta pare vacuamente interessata ad altro, nel suo caso al birdwatching, ma puoi star certo che non si è persa un dettaglio.

Non si sovverte un genere, lo si frutta al meglio. Il giallo ha perciò un gusto antico, quello in cui tutti i colpevoli sono riuniti in un solo posto, secondo la classica tradizione di Agatha Christie, e in questo caso il luogo è d’eccezione: la Casa Bianca. La narrazione si muove su due piani temporali: la notte dell’omicidio dell’usciere capo A.B. Wynter (Giancarlo Esposito, Breaking Bad, Better Call Saul, ineccepibile in un ruolo che doveva essere di Andre Braugher, alla cui memoria è dedicata la season finale), responsabile di tutto il personale della residenza presidenziale, che aveva dichiarato poche ore prima “sarò morto prima della fine della serata”, quando ad indagare viene chiamata dal capo della polizia Larry Dokes (Isiah Whitlock Jr.) proprio Cordelia Cupp, consulente del Dipartimento di Polizia Metropolitana, che viene affiancata dall’agente speciale dell’FBI Edwin Park (Randall Park, WandaVision), nonostante il consigliere capo Harry Hollinger (Ken Marino, Party Down) spinga affinché la morte venga dichiarata un suicidio; e c’è poi una seconda linea temporale, quella di un'udienza del Congresso durante la quale il senatore Aaron Filkins (Al Franken) ascolta i vari testimoni di quanto è accaduto in quell’occasione, spesso interrotto dalla senatrice Margery Bay Bix (Eliza Coupe, Happy Endings), che accusa l'amministrazione del presidente Perry Morgan (Paul Fitzgerald) di aver coperto l’avvenuto.

In sé la serie non è qualcosa di cui correre a raccontare in giro, ma è un cozy mystery infarcito di umorismo, è perciò gradevole con un misto di mistero e humor, politica dei rapporti e gossip sulle relazioni fra i sospettati, anche se Cordelia si rifiuta di chiamarli così; la dimora di 1600 Pennsylvania Avenue è un personaggio a sé, ricostruita anche con un modellino che ce ne fa vedere la sezione. Sono 132 stanze, e i potenziali colpevoli sono ben 157, dal momento che l’omicidio si è verificato in occasione di una cena di stato piena di ospiti organizzata dal presidente e dal First Gentleman, il marito Elliot Morgan (Barrett Foa),  con l’obiettivo di risanare rapporti incrinati con l’Australia – curioso notare che ad interpretare il primo ministro australiano è Julian McMahon (Nip/Tuck), che nella vita reale è il figlio di un ex-primo ministro australiano William McMahon. Fra gli ospiti ci sono Kylie Minogue (che interpreta se stessa) e Hugh Jackman (che in realtà non compare). Lilly Schumacher (Molly Griggs) segretaria del presidente, che ha le idee molto chiare su come vuole che le cose cambino, e Colin Trask (Dan Perrault), agente dei servizi segreti esilarante nel suo vagamente patetico timore reverenziale, cercano di tenere tutto sotto controllo.

A “dare l’allarme” è stato il  grido di shock della suocera del presidente, Nan Cox (Jane Curtin), che ha trovato il cadavere. Chi sarà il colpevole fra i numerosi idiosincratici personaggi? Molti avevano litigato con il leale e severo Wynter quella sera. L’assistente usciere Jasmine Haney (Susan Kelechi Watson, This is us) che fa da cicerone e spiega come funziona la gestione della casa, che sperava di prenderne il posto prima che lui rinunciasse ancora alla pensione? La valletta Sheila Cannon (Edwina Findley) perennemente ubriaca che rimpiange l’amministrazione precedente e le è stato impedito di interagire con gli ospiti durante la serata? Il pasticcere Didier Gotthard (Bronson Pinchot) la cui creazione è stata relegata in una stanza meno prestigiosa o la chef Marvella (Mary Wiseman) che arrabbiata lo aveva minacciato di morte? Magari il fratello del presidente Tripp Morgan (Jason Lee) che vive lì in modo parassitario? Forse la cameriera Elsyie Chayle (Julieth Restrepo) o l’ingegnere-idraulico Bruce Geller (Mel Rodriguez)? Non lo rivelerò se non per dire che l’immagine del/la colpevole è fra le immagini dei personaggi indicati della locandina della serie.

Cordelia Cupp, tutta sicura di sé al punto da essere perfino arrogante, e arguta nelle battute di spirito, impaurisce con la sua calma gli interrogati. Il più delle volte si siede in silenzio davanti a loro che si contorcono a disagio e finiscono per spifferare tutto. È gioiosa perché sa di essere brava. I tempi comici sono impeccabili ed Edwin Park le fa da spalla alla perfezione, sempre un passo indietro e a rincorrerla sia fisicamente che metaforicamente nei suoi ragionamenti, un po’ impressionato un po’ intimorito. Fa uscite inaspettate, come quando alla domanda di come definisca il sesso dice che è qualcosa che le piace di più dei beni immobili e meno del bird-watching. E quest’ultima passione travolge tutto, perché è sempre un momento buono per praticarla e perché fornisce ottimi paragoni in quello che sta per dire, spesso davanti all’esasperata reazione degli altri. Le prove si accumulano, le relazioni fra i vari personaggi vengono alla luce.  

Uno spassoso whodunit di puro intrattenimento.  

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