Ispirata
all’omonimo libro saggistico scritto da Kate Andersen Brower, The Residence
di ShondaLand, ideata da
Paul William Davies (Scandal), ha al centro delle vicende una
investigatrice troppo magnetica e iconica per essere sfruttata per una sola stagione: Cordelia Cupp (Uzo Aduba, Orange is the New Black) è quel
genere di detective alla Sherlock Holmes, Miss Marple e Colombo che risolve i
casi grazie alla sua attenta capacità di osservazione, ascolto e deduzione.
Talvolta pare vacuamente interessata ad altro, nel suo caso al birdwatching, ma
puoi star certo che non si è persa un dettaglio.
Non si
sovverte un genere, lo si frutta al meglio. Il giallo ha perciò un gusto
antico, quello in cui tutti i colpevoli sono riuniti in un solo posto, secondo
la classica tradizione di Agatha Christie, e in questo caso il luogo è d’eccezione:
la Casa Bianca. La narrazione si muove su due piani temporali: la notte
dell’omicidio dell’usciere capo A.B. Wynter (Giancarlo Esposito, Breaking
Bad, Better Call Saul, ineccepibile in un ruolo che doveva essere di
Andre Braugher, alla cui memoria è dedicata la season finale), responsabile
di tutto il personale della residenza presidenziale, che aveva dichiarato poche
ore prima “sarò morto prima della fine della serata”, quando ad indagare viene
chiamata dal capo della polizia Larry Dokes (Isiah Whitlock Jr.) proprio Cordelia
Cupp, consulente del Dipartimento di Polizia Metropolitana, che viene
affiancata dall’agente speciale dell’FBI Edwin Park (Randall Park, WandaVision),
nonostante il consigliere capo Harry Hollinger (Ken Marino, Party Down) spinga
affinché la morte venga dichiarata un suicidio; e c’è poi una seconda linea
temporale, quella di un'udienza del Congresso durante la quale il senatore
Aaron Filkins (Al Franken)
ascolta i vari testimoni di quanto è accaduto in quell’occasione, spesso
interrotto dalla senatrice Margery Bay Bix (Eliza Coupe, Happy Endings),
che accusa l'amministrazione del presidente Perry Morgan (Paul Fitzgerald) di
aver coperto l’avvenuto.
In sé la
serie non è qualcosa di cui correre a raccontare in giro, ma è un cozy
mystery infarcito di umorismo, è perciò gradevole con un misto di mistero e
humor, politica dei rapporti e gossip sulle relazioni fra i sospettati, anche
se Cordelia si rifiuta di chiamarli così; la dimora di 1600 Pennsylvania Avenue
è un personaggio a sé, ricostruita anche con un modellino che ce ne fa vedere
la sezione. Sono 132 stanze, e i potenziali colpevoli sono ben 157, dal momento
che l’omicidio si è verificato in occasione di una cena di stato piena di
ospiti organizzata dal presidente e dal First Gentleman, il marito Elliot
Morgan (Barrett Foa), con l’obiettivo di
risanare rapporti incrinati con l’Australia – curioso notare che ad
interpretare il primo ministro australiano è Julian McMahon (Nip/Tuck), che
nella vita reale è il figlio di un ex-primo ministro australiano William
McMahon. Fra gli ospiti ci sono Kylie Minogue (che interpreta se stessa) e Hugh
Jackman (che in realtà non compare). Lilly Schumacher (Molly Griggs) segretaria
del presidente, che ha le idee molto chiare su come vuole che le cose cambino,
e Colin Trask (Dan Perrault), agente dei servizi segreti esilarante nel suo
vagamente patetico timore reverenziale, cercano di tenere tutto sotto
controllo.
A “dare l’allarme”
è stato il grido di shock della suocera
del presidente, Nan Cox (Jane Curtin), che ha trovato il cadavere. Chi sarà il
colpevole fra i numerosi idiosincratici personaggi? Molti avevano litigato con il
leale e severo Wynter quella sera. L’assistente usciere Jasmine Haney (Susan
Kelechi Watson, This is us) che fa da cicerone e spiega come funziona la
gestione della casa, che sperava di prenderne il posto prima che lui
rinunciasse ancora alla pensione? La valletta Sheila Cannon (Edwina Findley)
perennemente ubriaca che rimpiange l’amministrazione precedente e le è stato
impedito di interagire con gli ospiti durante la serata? Il pasticcere Didier
Gotthard (Bronson Pinchot) la cui creazione è stata relegata in una stanza meno
prestigiosa o la chef Marvella (Mary Wiseman) che arrabbiata lo aveva
minacciato di morte? Magari il fratello del presidente Tripp Morgan (Jason Lee)
che vive lì in modo parassitario? Forse la cameriera Elsyie Chayle (Julieth
Restrepo) o l’ingegnere-idraulico Bruce Geller (Mel Rodriguez)? Non lo rivelerò
se non per dire che l’immagine del/la colpevole è fra le immagini dei
personaggi indicati della locandina della serie.
Cordelia
Cupp, tutta sicura di sé al punto da essere perfino arrogante, e arguta nelle
battute di spirito, impaurisce con la sua calma gli interrogati. Il più delle
volte si siede in silenzio davanti a loro che si contorcono a disagio e
finiscono per spifferare tutto. È gioiosa
perché sa di essere brava. I tempi comici sono impeccabili ed Edwin Park le fa
da spalla alla perfezione, sempre un passo indietro e a rincorrerla sia
fisicamente che metaforicamente nei suoi ragionamenti, un po’ impressionato un
po’ intimorito. Fa uscite inaspettate, come quando alla domanda di come
definisca il sesso dice che è qualcosa che le piace di più dei beni immobili e
meno del bird-watching. E quest’ultima passione travolge tutto, perché è sempre
un momento buono per praticarla e perché fornisce ottimi paragoni in quello che
sta per dire, spesso davanti all’esasperata reazione degli altri. Le prove si
accumulano, le relazioni fra i vari personaggi vengono alla luce.
Uno spassoso whodunit di puro intrattenimento.
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