Non è il sangue, ma è
l’amore a fare una famiglia; e ancora, non è da dove vieni, è il luogo a cui
appartieni che è casa. Questa è l’idea di fondo su cui è costruita la serie
familiar-adolescenziale The Fosters che
gioca nel titolo con un piccolo doppio senso: Foster è il cognome della coppia,
ma foster parent è in inglese un
genitore affidatario. Il programma incarna la tagline “un nuovo tipo di
famiglia” che è la mission della rete
ABC Family che la manda in onda.
Ideata da Bradley
Bregeweg e da Peter Paige (noto come attore soprattutto per il ruolo di Emmett
Honeycutt nell’americano Queer As Folk), ha come protagonisti
principali una coppia lesbica interrazziale e i loro figli. Stephanie “Stef” Foster
(Teri Polo) è un’agente di polizia divorziata da Mike (Danny Nucci), padre di
suo figlio Brandon (David Lambert) e ancora suo collega. La sua compagna (poi
moglie) Lena Foster (Sherri Saum) è la vice-preside di una scuola. Sono
entrambe i genitori di Jesus (Jake T Austin) e Mariana (Cierra Ramirez), che
hanno adottato quando erano piccoli, e diventano all’inizio della stagione le
genitrici affidatarie di Callie (Maia Mitchell) e Jude (Hayden Byerly).
La serie narra vicende
quotidiane (i compiti, le relazioni personali, la scuola e il lavoro), sebbene
affronti anche questioni piuttosto intense – la richiesta della pillola del
giorno dopo da parte della ragazza di Jesus, Lexi (Bianca A. Santos); la scoperta
che Lexi è un’immigrata illegale; Mariana che incontra di nascosto la madre
biologica che le spilla denaro; Callie che deve decidere se dire la verità sul
fatto che il ragazzo della famiglia dove era stata affidata in precedenza, Liam
(Brandon W.Jones), l’ha stuprata rischiando che non venga punito visto il
passato di lei, o mentire dicendo che era consensuale, perché in quel caso essendo
lei minorenne potrebbero invece riuscirci; sempre Callie che deve decidere se
farsi adottare da Stef e Lena o rinunciare perché attratta da Brandon,
compromettendo la possibilità di una famiglia stabile per il fratellino Jude;
Jude che mette in crisi gli stereotipi di genere amando mettersi lo smalto; l’alcolismo
di Mike…
Ci si tiene in equilibrio
fra una descrizione realistica, e prosaica, e una soluzione favolistica dei
conflitti. Tutto è raccontato in modo molto diretto, senza fronzoli, in modo
anche formulaico. E se, come composizione, questa famiglia non è quella che si
considera tradizionale, come narrazione e come ritratto della famiglia lo è
anche troppo. Si guarda un po’ la prospettiva di tutti i personaggi e la
recitazione è solida, certamente da parte della parte adulta del cast. Non è
televisione travolgente, ma rassicurante e confortante.
Sotto, la bella sigla.