Salem, la prima serie narrativa originale di WGN America, ideata
da Brannan Braga (Enterprise, Terra Nova) e
Adam Simon, ha qualche elemento visuale
originale e qualche guizzo creativo qui e lì, ma rimane piatta e indecisa su
che cosa vuole essere: un fantasy dove le streghe esistono e si dedicano a
oscuri rituali, nascondendosi fra la
popolazione comune o una critica di un periodo storico che scaricava nella caccia
alle streghe il proprio panico morale, la propria misoginia e le proprie fobie
e isteria.
Siamo nel 1685 nella
nota cittadina del titolo: Isaac Walton (Iddo Goldberg) è messo alla gogna,
frustato e marchiato con la “F” di fornicatore sulla fronte per aver guardato
una donna nuda e averla baciata, mentre George Bibley (Michael Mulheren) tuona
contro i peccati suoi e della ragazza. Fra il pubblico c’è Mary Sibley (Janet
Montgomery), una potente strega che, all’insaputa di tutti, è incinta di John
Alden (Shane West). Lui parte per la guerra e lei chiede alla sua fidata Tituba,
(Ashley Madekwe, Revenge), di
praticarle una sorta di aborto di magia nera. Flash forward a sette anni dopo: Mary, è sposata con George, ridotto
su una sedia a rotelle, e John, che lei credeva fosse morto in guerra, torna,
in una città puritana dove il predicatore Cotton Mather (Seth Gabel), tutto
Bibbia di giorno e prostitute di notte, giuda la caccia alle streghe. Il
politico più prominente in città è però un progressista, il magistrato Hale
(Xander Berkeley), che vuole un equo trattamento delle streghe, e sua figlia
Anne (Tamzin Merchant) è attratta da John.
Molte scene apparentemente
non hanno senso, la scrittura e faticosa e anche la recitazione ne risente. Forse
ha il potenziale per diventare un piacere colpevole, ma dal pilot, il risultato
alla fine è trash, privo di gusto e di magia.
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