Squillo di un telefono. Schermo
nero con trascritto quanto udiamo.
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113. Qual è l’emergenza?
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Io…uhh…
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Pronto?
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Voglio denunciare uno
stupro.
A pronunciare questa
frase è una voce di donna. Poi si stacca su un campo di basket, dove dei liceali
stanno giocando una partita.
Così comincia la
fenomenale seconda stagione della serie antologica American Crime che ha lo stesso cast della prima
stagione, ora in ruoli differenti. Siamo a Indianapolis, in Indiana (USA) e
presto scopriremo che a essere stata violentata non è la donna che abbiamo
sentito fare la denuncia, ma un ragazzo minorenne, violentato da un coetaneo
appartenente alla squadra di pallacanestro del suo liceo. Durante un party Taylor
Blaine (Connor Jessup) è stato drogato e si è abusato di lui e sono state
scattate delle foto poi inviate come messaggio fra ragazzi. Scopertolo, la
madre Anne (Lili Taylor) vuole denunciare l'accaduto anche contro l’iniziale
resistenza della vittima. La scuola da
lui frequentata da poco, la Leyland School, una scuola privata per gente
danarosa dove lo ha iscritto a suon di sacrifici la madre cameriera, vorrebbe
evitare la cattiva pubblicità per timore di macchiare la propria reputazione e
di perdere le sovvenzioni. La preside Leslie Graham (Felicity Huffman) chiede
al coach Dan Sullivan (Timothy Hutton) di prendere provvedimenti e, in mancanza
di meglio. viene sospeso il capitano
della squadra che è colui che ha dato la festa, Kevin LaCroix (Trevor Jackson).
I suoi genitori, Terri (Regina King, che per la prima stagione ha vinto l’Emmy)
e Michael (André L. Benjamin), anche sulla base di considerazioni razziali
(sono neri e come tali maggiormente vittima di pregiudizi), temono che questo
evento segni per sempre il suo futuro. L’accusato alla fine è un altro giocatore,
Eric Tanner (Joey Pollari), che si scopre così essere gay.
Tanto per
cominciare l’argomento dello stupro nei confronti degli uomini è davvero raro.
Quello che negli anni mi è rimasto più impresso è quello di Kingpin, in
carcere, una toccata e fuga brutale, ma incisiva. Il più recente è stato quello
infarcito di tortura di Outlander. Qui
l’evento non si mostra, è quello che accade poi che è sotto i riflettori ed è
trattato in modo tanto certosino quanto sensibile e acuto - dalla gran quantità
di persone con cui si deve parlare e con cui ci si vede confidare quando si
vorrebbe semplicemente che tutto andasse via e venisse dimenticato, alla
necessità di avere a che fare con la stampa; dalla difficoltà a chiamarlo stupro
quando si tratta di un uomo, all’indagine sui comportamenti e atteggiamenti della
vittima prima dell’evento e alla loro messa in discussione; dalla possibilità
di “aree grigie” fra consenso e no alla difficoltà di trovare la verità… E lo stupro qui è poi anche il punto di
partenza per parlare di violenza nelle scuole in senso più ampio. Altri sono
peraltro gli eventi e le storie minori, su cui non mi soffermo per evitare
spoiler.
Le
tematiche affrontate sono moltissime: il rapporto fra genitori e figli e l’educazione; le famiglie e il modo in cui reagiscono
per proteggere i propri membri; le relazioni e il sesso; la distinzione fra
fatti e pettegolezzi, come separarli e gestirne la percezione all’esterno; come
si costruiscono le narrative degli eventi e come le si possono cambiare modificando
il modo in cui si parla di quello che accade; il cyber bullismo e l’hacking; l’omofobia;
come le azioni e il comportamento di ciascuno vengono lette in modo diverso a
seconda della razza a cui appartieni e come, proprio per questo, abbiano
conseguenze diverse; i pregiudizi; il
ruolo delle istituzioni; come essere leader; come si intersecano le dimensioni
personali e sociali e come si condizionano a vicenda; la violenza; come il
futuro a lungo termine di una persona può essere condizionato da decisioni
prese da ragazzi; il peso e i danni delle accuse; quello che diciamo e non
diciamo; le variabili socio-economiche della propria vita; l’arte…
La
recitazione di tutto il cast è eccellente e in particolare, al di fuori di
quelle dei veterani (Hutton, Huffman e Taylor brillano sempre), mozzano il fiato per intensità le
interpretazioni dei due attori che nelle
vicende sono vittima e stupratore, Connor Jessup e Joey Pollari. La narrazione
riesce anche del difficilissimo compito di farci “simpatizzare” non solo con le
vittime, ma anche con i carnefici, con lo stupratore Eric prima e con l’attore
di violenza nella scuola Taylor poi.
Da un
punto di vista stilistico è stata conservata la stessa tecnica utilizzata della
prima stagione, ovvero l'elisione di alcuni fotogrammi o la sovrapposizione fra
momenti diversi di audio e video, anche se è stata utilizzata con maggior
parsimonia rispetto al passato. Si è invece usata fortemente quella che è
considerata quasi una firma distintiva del programma ovvero le sequenze molto
lunghe senza stacchi, una pratica che, è stato notato, vincola i personaggi allo
spazio, con conseguenze inaspettate. Un mirabile esempio è quello dei quasi
quattro minuti e mezzo di un
balletto in 2.05. Questo, peraltro un commento artistico intradiegetico,
mostra anche i modi in cui la serie cerca di trovare soluzioni innovative e originali
per raccontare la sua storia, come lo è stato l’incipit della 2.04, un momento
di slap poetry, con
nessuno dei personaggi della serie, in quello che Pollari chiama “il contenuto
come forma” (Arts.Mic),
o come lo è stato inserire interviste ai sopravvissuti alla sparatoria del
liceo di Columbine del 1999 e di vittime di bullismo LGBT in 2.08, con la regia
di Kimberly Peirce (Boys Don’t Cry).
Quello che è stato distintivo di questa stagione è stato un grande utilizzo dei
primissimi piani e la forte focalizzazione sui volti dei protagonisti, lasciando
non visti i personaggi minori: nelle conversazioni con i pubblici ufficiali, spesso
di questi si mostrano sono dei pezzi di viso o di mani senza un'identità. Nel
momento in cui Taylor fa la sua denuncia di stupro (2.02) gli viene spiegato
che deve fare un test del sangue sia per ragioni tossicologiche, che per il
DNA: in questo caso la telecamera e sempre su di lui, mentre della persona che gli
spiega queste procedure si sente solo la voce.
“‘Raccontare storie, come ogni altra forma d’arte,
ha l’innata abilità di trasformare e di espandere la tua esperienza,’ ha detto
la Huffman. ‘Questo porta comprensione e di solito ciò che segue alla
comprensione è l’empatia. E quando le persone hanno empatia l’una per l’altra,
i muri cadono e diventiamo più uniti. Si spera che stiamo diventando più comprensivi
e capaci di accettazione. Almeno, quello è l’obiettivo.’” (BuzzFeed)
Quell’obiettivo qui è stato centrato, direi. La conclusione poi è stata in
linea con la poetica dell’autore John Ridley, disinteressato alla risoluzione.
L’arte per lui non riguarda il rispondere alle domande, ma il porle.
Perfetta stagione e ottima recensione. Mi ha sconvolto in positivo. Jessup davvero una rivelazione. (La scena del rape kit è una delle scene più dolorose e stupende che io abbia mai visto).
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