lunedì 28 marzo 2016

FLAKED: un "traumedy"


In Flaked, con una prima stagione di 8 puntate su Netflix, siamo a Venice, immersi nella rilassata atmosfera delle zone di spiaggia nel sud della California. Chip (Will Arnett, Arrested Development) è un ex-alcolista che 10 anni prima ha ucciso una persona guidando ubriaco. Ora partecipa agli incontri dell'anonima alcolisti, beve solo kombucha e caffè al locale Free Coffee e va in giro in bicicletta per la piccola comunità dove ha un negozio in cui vende sgabelli realizzati da lui stesso. Almeno finché qualcosa non va storto. Va a letto con Kara (Lina Esco), musicista incontrata all’AA, ma è attratto da London (Ruth Kearney), una cameriera che piace pure al suo migliore amico e vicino di casa Dennis (David Sullivan). Nella sua vita ci sono anche due amici, Cooler (George Basil) e il suo ex-sponsor, il poliziotto George (Robert Wisdom).
Ideato da Will Arnett e Mark Chappell (The Increasingly Poor Decisions of Todd Margaret), si tratta di un dramedy dove l’accento è più sull’aspetto drammatico che su quello comico, o meglio ancora, è quello che qualcuno ha chiamato un traumedy, ovvero un programma che parte dai traumi e le tragedie del protagonista per cavarne po’, dalle mille amarezze, delle venature comiche ed ironiche. È, in questo, sulla linea di molti altri recenti show, come Togetherness, Girls, Baskets, Looking o Love, che, spesso senza apparente direzione, sono vagamente esistenzialisti e navigano le insoddisfazioni della vita tenendosi giusto a galla per poco, mostrando come facilmente sconfiggono le piccole quotidianità di una vita da adulti non troppo convinti.
Qui la recitazione è ottima, ma i passaggi fra un momento e l’altro inizialmente li ho trovati un po’ troppo messi in scena. La sensazione di fondo è quella di una certa superficialità programmatica, una sorta di lasciarsi vivere. Non riesce ad essere pregnante o acuto o originale come altri, ma come ha ben osservato Indiewire, è un programma di persone infelici che mentono continuamente per mantenere la dignità o per auto-preservazione e in questo riesce a catturare molte delle sfumature del dover avere a che fare con una dipendenza da sostanze. Inoltre ha messo in scena il problema molto attuale ma poco trattato della gentrificazione.
Le recensioni sono state tiepide ma, a coglierne lo spirito, piace quella sensazione di esistenza sfuocata che, come ricorda il protagonista nel pilot, ora sei costretto a vivere e magari capisci solo in seguito.   

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