È
terminata con gran parte dei personaggi in pericolo di vita la quarta stagione di
Orphan Black. La prossima, in cui
inevitabilmente ci sarà la risoluzione dei cliffhanger, è già stata annunciata
come l’ultima. Questa intanto è stata molto rinvigorita dal ritorno alle
origini, guardando a quello che era accaduto prima della morte di Beth, evento
che aveva dato per noi origine alle vicende. È stato saggio poi concentrarsi
sul progetto Leda (e potevano mancare “visioni” di un cigno da parte di Rachel?),
lasciando da parte i Castor (Ari Millen), presenti solo in un “esemplare”, Ira,
l’amante di Susan Duncan (Rosemary Dunsmore). In primo piano di nuovo la
Neolution con larve robotiche impiantate nelle guance di alcuni personaggi e la
BrightBorn, un progetto segreto ossessionato dall’idea del miglioramento della
specie umana mascherato da clinica per la fecondazione assistita.
La bravura di Tatiana
Maslany nell’interpretare i vari cloni lascia sempre sbalorditi. Ci si deve
attivamente ricordare che non sono veramente persone diverse. Quest’anno Krystal,
l’estetista un po’ oca giuliva del gruppo, ha avuto con piacere più spazio, ed
ha debuttato M.K, che si nasconde dietro a una maschera da pecora. È
rimasto sempre per fortuna presente anche uno dei favoriti, Felix (Jordan
Gavaris), che in questa stagione ha trovato la propria sorella biologica.
Ancora una volta non si
può non notare quanto femminile sia la creazione di Graeme Manson e John
Fawcett. E in proposito rimando alle osservazioni già fatte per la
terza stagione. Forse ancor più marcato è ora il “lavoro di gruppo” delle
donne. “Stiamo facendo tutto questo per tutte le sorelle” dice ad un certo
punto, verso la fine, Sarah. E questo è il messaggio di fondo una volta in più.
Le donne lì dove collaborano possono ottenere grandi cose. Conoscersi e riconoscersi
come sorelle, come sestras per usare
la loro terminologia, è la via costruttiva e positiva. Rachel, che contro di
loro combatte perché non vuole vederle come tali, è la cattiva della
situazione.
Il femminismo della
serie è talmente voluto da far sì che tutti i titoli delle puntate della
stagione siano citazioni di Donna J. Haraway che, da quello che rivela la voce Wikipedia che la
riguarda, è Distinguished Professor Emerita nel Dipatimento di Storia della
Coscienza e del Dipartimento di Studi Femministi della University of
California, Santa Cruz (USA) ed è un’autrice che ha riflettuto e scritto molto
sul tema della scienza e tecnologia in rapporto al femminismo – tutti i titoli
della terza stagione erano tratti dal discorso d’addio di Dwight Eisenhower,
quelli della seconda dai lavori di Sir Francis Bacon e quelli della prima da L’Origine delle Specie di Darwin.
Nessun commento:
Posta un commento