Farà tornare voglia di leggere capolavori della letteratura americana
come Di qua dal Paradiso, Belli e Dannati, e Tenera è la Notte, se mai ce ne fosse bisogno, la serie Z: the beginning of everything, ideata per Amazon da Dawn Prestwich e Nicole Yorkin sulla base del libro
“Z: a novel of Zelda Zitzgerald” di Therese Anne Fowler e dedicata alla vita di
eccessi e grande scrittura di Zelda Fitzerald e del consorte Francis Scott
Fitgerald, i sui capolavori letterari sono tutt’ora celebrati (Il Grande Gatsby su tutti).
La serie debutta quando
Zelda - una radiosa, perfetta Christina
Ricci - è ancora una giovanissima
Southern Belle, una bellezza del Sud, in una Montgomery (Alabama) vincolata a
rispettabili rituali borghesi, che fa preoccupare i genitori per il suo
comportamento ribelle: non arriva mai puntuale a cena, scappa di nascosto,
indossa calze velate, va con le amiche a strombazzare il clacson e a imbarazzare
i ragazzi che si recano dalle prostitute, svolazza fra una festa e l’altra. È
proprio in una di queste occasioni mondane che incontra quello che diventerà l’amore
della sua vita, quel Francis Scott - David
Hoflin, che sembra un casting poco azzeccato a prima vista, ma che decolla poi
con una solida padronanza delle insicurezze, oltre che dell’ambizione e della
voglia di divertirsi del suo alter ego reale - che per ora è solo un soldato
che aspira a diventare il grande scrittore che sa di essere, ma che gli editori
respingono. Il padre di lei (David Strathairn), un giudice severo, teme che il
giovanotto non vada bene sufficienza per la figlia.
Nel corso della prima
stagione li vediamo frequentarsi, sposarsi, amarsi, e dedicarsi a una vita di
party frenati, alcool e droga nella spregiudicata e snobistica New York, fra
momenti di grande intimità e gioia di vivere, e momenti di solitudine e paura,
fama e debiti. Il loro rapporto matrimoniale, e la loro complicità verso il
mondo esterno, diventa presto il fulcro delle vicende. Così come vediamo lei
essere la musa di lui, non solo per la sua presenza nella sua vita, ma per le
sue osservazioni, in lettere e diari, che diventano per lui spunto nella sua
scrittura. Come è stato osservato da molti, la serie non riesce seriamente a
cogliere a pieno la loro alchimia però, intrappolati in caratterizzazioni
superficiali e “generiche”, e non riesce a trasmettere che cosa li abbia fatti
diventare sul serio icone dei Ruggenti Anni Venti e allo stesso tempo simboli
della Generazione Perduta, con il mondo postbellico solo come scenario dipinto,
per così dire, e con un cast di supporto molto solido, ma facilmente
dimenticabile.
Nel tumulto delle loro
vite, di lei non ci sono ancora i segni dello squilibrio mentale degli anni successivi,
di lui si vedono sicuramente le premesse dei problemi di alcolismo. Zelda era non
convenzionale e un’acuta osservatrice, con molto più potenziale di quanto la
gente intorno a lei le riconoscesse di avere. Questo traspare, così come la sua
vulnerabilità, ma Z non riesce ad
essere la rivelazione che potrebbe essere: si coglie che Francis Scott non era
solo un narcisista arrogante e che Zelda non era solo una capricciosa flapper, ci sono momenti di
genuino insight, ma se la coppia
risplendeva nell’elite culturale dell’epoca, non lo stessa sorte ha la serie,
pur buona.
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