Nella serie Taboo, prodotta da BBC1 ed FX, siamo nella
prima metà della seconda decade dell’Ottocento. James Delaney (Tom Hardy, The Revenant), creduto morto da tempo,
torna dall’Africa nella madre patria Inghilterra in occasione del funerale del
padre, morto per avvelenamento da arsenico. Eredita un piccolo ma strategico
pezzo di terra, Nootka Sound, che è conteso dal Regno Unito e dagli Stati
Uniti, che sono in guerra. A difendere gli interessi della Corona in
particolare è la Compagnia delle Indie Orientali, alla cui presidenza c’è Sir
Stuart Strange (Jonathan Pryce, l’Alto Passero di Game of Thrones), che cerca con ogni mezzo di fargli cedere
l’immobile. Fra loro c’è un forte braccio di ferro fatto di astuzie e violenze,
a cominciare, dopo che si rifiuta di cedere, dal suo tentato omicidio, che
costringe il protagonista a rivolgersi al medico americano Dumbarton (Michael
Kelly, House of Cards). In occasione della divisione dell’eredità
salta fuori anche la vedova del defunto, Lorna Bow (Jessie Buckley), un’attrice.
Nel tornare a casa, James ricontatta anche la sorellastra Zilpha Geary (Oona
Chaplin) – quando è entrata in scena sembrava Amy Winehouse in “Back to Black”
-, con cui ha avuto una relazione incestuosa. Il marito di lei, Thorne
(Jafferson Hall, Vickings), non lo
sopporta, e dal canto suo James, che è tornato non tutto apposto con la testa e
con visioni e poteri sovrannaturali, la possiede in forma “telepatica”. Il
fedele servitore Brace (David Hayman) conosce importanti segreti del passato
dell’uomo.
Ideata dal Tom Hardy
insieme al padre Edward Hardy e a Steven Knight (Peaky Blinders), la serie
colpisce in positivo prevalentemente per la scenografia, mentre rimane la
sensazione che sia altrimenti più pretenziosa che altro e che si prenda troppo
sul serio. Un forte gusto per la violenza e la brutalità - gli scontri fisici
fra Delaney e i suoi attentatori (1.04), il waterboarding e altre forme di
tortura (1.07), la violenza domestica ai danni di Zilpha e il suo esorcismo
(1.04) - e un gusto quasi felliniano per atmosfere al limite del grottesco - dalla
raffigurazione delle prostitute, agli incontri di travestiti, alla rappresentazione
quasi disturbante del principe reggente - aggiungono ai toni cupi un senso
allucinatorio e demoniaco, e una perenne sensazione di minaccia e putrefazione.
Sebbene Hardy sia un’eccellente presenza scenica sotto più punti di vista, Delaney
è il tipo perennemente brooding che si
esprime con poco più di monosillabi. La trama, svolta in modo lento, è
avvincente ma il risultato, seppur con i suoi meriti, è ugualmente pesante.
I poteri magici sessuali
dell’uomo potranno forse far riferimento alla figura folcloristica dell’incubo ma, sebbene
meno risibile, non mi è sembrata più convincente, concettualmente parlando perché
visivamente siamo ovviamente su un altro pianeta, di quella di Cruz Castillo e
Sandra Mills nella soap opera Santa Barbara (negli anni ’80), dove lei
godeva per via telepatica quando lui faceva l’amore con la moglie Eden. Alcuni
storici (cfr The
Telegraph) poi si sono rammaricati della rappresentazione storicamente
inaccurata della Compagnia delle Indie Orientali, dipinta come un incrocio fra
la CIA, l’Agenzia per la Sicurezza Nazionale, e la più potente e malvagia multinazionale
sul pianeta, cosa che non era.
Alle 8 puntate della
prima stagione è previsto che seguano altre
due stagioni.
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