mercoledì 15 marzo 2017

FLEABAG: una dark comedy dolorosa ed esilarante


Nel pilot della serie comica Fleabag (BBC3, Amazon), la protagonista arriva a casa del padre nel mezzo della notte e gli dice: “Ho l’orribile sensazione di essere una donna avida, pervertita, egoista, apatica, cinica, depravata e moralmente corrotta che non può nemmeno definirsi una femminista”. “Beh”, esita un momento il padre, “Hai preso tutto da tua madre”. All’autodemolizione del personaggio, di cui non a caso non conosciamo mai il nome (così come accade per altri all’interno della serie), ma solo il nomignolo del titolo, che potremmo tradurre in italiano come “sacco di pulci”, “topaia”, “cesso”, segue una battuta che, se fa ridere, è allo stesso tempo spietata. Rende bene il tono della serie che è inteso come uno studio sul dolore, sulla difficoltà di esprimerlo, sulle maschere e le strategie usate per coprirlo, e che, pur cedendo alla malinconia e a molta drammaticità, assicura risate vigorose, non mancando mai di lasciare come preminente un forte senso umoristico e ironico, accentuato dalla tecnica di rompere la quarta parete, per commentare con lo sguardo e le parole quanto accade e cercare la complicità dello spettatore. Se in House of Cards, che pure usa questa tecnica, accade occasionalmente, qui è un elemento ricorrente, usato con sagacia e efficacia.

Fleabag -  a cui dà il volto Phoebe Waller-Bridge, che ha sviluppato la serie sulla base di un’opera teatrale da lei stessa scritta e interpretata -  è una giovane londinese che gestisce da sola, dopo che la sua amica e partner in affari Boo (Jenny Reinsford) è accidentalmente morta, un locale in crisi che ha come logo e leit motiv un simpatico porcellino d’India. Ha perso la madre in giovane età, e nella sua vita ci sono la sorella Claire (Sian Clifford), bella, posata e di successo, sposata con Martin (Martin Gelman),  il padre (Bill Paterson) emotivamente distante e una matrigna (Olivia Colman) passivo-aggressiva che lei non sopporta e da cui ruba una piccola scultura a inizio di stagione. Ha una serie di relazioni con uomini diversi: da tempo, a intermittenza, con Harry (High Skinner); brevemente con “il roditore dell’autobus” (Jamie Demetriou), un ragazzo dai denti sporgenti; con l’attraente “arsehole guy” (Ben Aldridge), dove il nickname potrebbe sì significare “il tipo stronzo”, ma qui è da intendersi in modo più letterale come il “ragazzo del buco del culo” per il fatto che ama il sesso anale. Nella sua vita ha un posto anche il manager di una banca (Hugh Dennis) a cui lei si rivolge, senza successo, per un prestito.

Fleabag si comporta come una ragazzina dispettosa e un po’ fuori di testa, pronta sempre a combinarne una, allegramente diabolica, offensiva anche, o comunque senza filtri o senso di appropriatezza - la “sorpresa” nella doccia fatta al suo fidanzato fa scompisciare dal ridere anche solo a pensarci ed emblematico è il suo comportamento in occasione di una sorta di ritiro in cui a lei a alla sorella viene richiesto di rimanere in silenzio. Agisce con distacco e menefreghismo, è triste, auto-distruttiva e intensamente sola  - in fondo il suo rompere la quarta parete è un segno di alienazione, quasi un appigliarsi a un esterno dove la sua realtà non le basta. È cupa e briosa allo stesso tempo. Con una riuscita mescolanza di commedia e tragedia si parla di fragilità e connessione umana.  “Penso che [il mio obiettivo] fosse davvero di parlare di amicizia in un modo che evitasse il sentimentalismo delle migliori amiche per sempre, e anche di mostrare come possiamo darla per scontata, e la perdita, la profonda perdita di qualcuno che ti conosce meglio di chiunque altro” (AV Club)Una dark comedy che è uno dei migliori debutti del 2016.   

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