Definito come un Sex and the City junior, la serie The Bold Type (della rete Freeform) è
sia una fantasia adolescenziale, nel senso che si può concepire come la
proiezione della realtà lavorativa di tre giovani donne così come potrebbe
immaginarsela un teen-ager, sia un’educazione al femminismo, nella misura in
cui la serie accompagna le giovani protagoniste in percorsi in cui imparano ad
essere donne autonome e sicure delle proprie opinioni, che si aiutano le une
con le altre.
Jane Sloan (Katie
Stevens, Faking it), Kat Edison (Aisha
Dee) e Sutton Brady (Meghann Fahy) sono delle ventenni che lavorano per
“Scarlet”, una rivista simile a Cosmopolitan
– fatto non casuale, poiché ci si è
ispirati alla redattrice di quella rivista, Joanna Coles. Jane è al suo primo ruolo
come giornalista e vuole scrivere di più che non solo di sesso e moda, ma si
rende presto conto di come questi possano essere dei temi più significativi di
quanto l’apparenza non possa far trapelare. Impara a migliorarsi e le regole
per una buona scrittura: dare un punto di vista personale è una delle prime
lezioni che le insegnano, cosa che la mette presto in difficoltà quando il tema
su cui deve scrivere è l’orgasmo e lei non ne ha mai avuto uno (1.02). A farle
da mentore è la direttrice del giornale, Jacqueline Carlyle (Melora Hardin), e
presto comincia una relazione con Ryan (Dean Jeanotte), un collega che lavora
per la rivista “Pinstripe”. Kat è la direttrice dei social media, abile a sfruttarli
al meglio, ma vulnerabile come gli altri quando deve avere a che fare con
cyberbullismo e minacce di stupri e di morte (1.03), un tema molto attuale che
in TV abbiamo visto di recente trattato in The
Good Fight. Conosce e, inaspettatamente per lei che si è sempre considerata
eterosessuale, inizia una relazione con una fotografa, Adena (Nikohl Boosheri),
musulmana che indossa lo hijab e tiene molto alla propria religione, negli
Stati Uniti con un visto. Sutton è una
assistente che ambisce a lavorare nel campo della moda, e ha una relazione con
uno dei membri del consiglio di amministrazione della rivista, l’avvocato
Richard Hunter (Sam Page), pur attirando anche le attenzioni del giornalista
Alex (Matt Ward). Mette grande passione nel suo lavoro.
Ideata da Sara Watson (Parenthood), The Bold Type è un doppio senso nel titolo: è il grassetto del
carattere tipografico, ma è il tipo di persona coraggiosa, ardita. Proprio come
la serie che parla di giornalismo, ma parla di giovani donne audaci, alla
scoperta della propria identità e della propria voce nel mondo.
Il senso della serie è
(con un piglio meta testuale) descritto dal discorso che Jacqueline tiene per
il 60° anniversario del giornale, che le protagoniste riprendono in seguito in
un brindisi in chiusura (1.10):
“La nostra piccola
rivista ha attraversato non pochi cambiamenti nel corso degli ultimi sei
decenni, e a coloro fra voi che dicono che siamo ancora una rivista di moda e
bellezza io dico sì. Sì, lo siamo. Ma a coloro fra voi che dicono che siamo
solo una rivista di moda e bellezza, dico ‘ecco il prossimo fantastico mascara
per darti occhi più grandi con cui guardare il mondo’. ‘Ecco un favoloso paio
di jeans. Ora vai a scalare una montagna’. Alcuni anni fa, ho letto la domanda
di lavoro di una giovane interna e le sue parole sono sempre rimaste con me.
Alla domanda su perché volesse lavorare a ‘Scarlet’, ha risposto ‘perché quando
ne avevo bisogno, ‘Scarlet’ è stata come ricevere i consigli della sorella
maggiore che ho sempre desiderato avere. Non importa quanti anni passino, non
importa come cambi il mondo, ‘Scarlet’ sarà sempre quella sorella maggiore. E
saremo sempre lì per le ragazze che avranno bisogno di lei. Quelli di voi che
lavorano alla rivista, per piacere alzate i bicchieri. Siete le donne e gli
uomini che lavorano a ‘Scarlet’, e 60 anni fa, questa rivista si è proposta di
ridefinire le regole. E ora quella responsabilità cade su ciascuno di voi. E
voglio assicurarmi che capiate che cosa mi aspetto da voi. Mi aspetto che
abbiate avventure. Mi aspetto che vi innamoriate, e che abbiate il cuore
spezzato. Mi aspetto che facciate sesso con le persone sbagliate e che facciate
sesso con le persone giuste, che facciate errori e che facciate ammenda, che vi
tuffiate e facciate colpo. E mi aspetto che scateniate l’inferno su chiunque
provi a trattenervi, perché non lavorate solo per ‘Scarlet’, voi siete
‘Scarlet’".
Per il personaggio non
sono solo parole di circostanza. Incarna la figura di un capo che non si
diverte a umiliare i propri sottoposti,
ma li incoraggia e li guida, facendo loro da mentore e dando l’esempio
con il proprio carisma. Talvolta sembrerà anche troppo idealizzata per essere
vera, ma è una rarità nel piccolo schermo dove la rappresentazione di default è
dei propri boss come “arpie”.
È
molto empowering: vengono apprezzate l’ambizione, la lealtà, l’amicizia. E si
insegna alle giovani donne ad essere assertive, ma in modo ragionato. Quando
Sutton va a lavorare per Oliver (Stephen Conrad Moore), a capo del dipartimento
di moda, si rende conto che il guadagno sarà minore rispetto a quello che
percepiva prima. Gli chiede un aumento, e lui lo nega. A questo punto le amiche
la spingono a fare come Nora Ephron (1.05), ovvero a pretendere quello che
chiede, sotto la minaccia di andarsene, altrimenti. Sutton osserva che la
scrittrice in questione “poteva permetterselo”, perché aveva una famiglia alle
spalle. Ecco che la serie risolve la situazione in un modo che non è né una
rinuncia né la favolistica aspettativa che vengano accolte richieste
inaspettate. Jane e Kat fanno rete per Sutton. La incoraggiano a ricalibrare
delle richieste ad Oliver, che siano più contenute, e se lui alla fine non
dovesse accettare nemmeno quelle e lei dovesse perdere il lavoro, la
sosterranno loro temporaneamente. Il lieto fine c’è, e si mostra chiaramente
che lì dove le donne riescono a sostenersi l’una con l’altra, la propria
determinazione premia. Tutto è stato realizzato in modo oculato ed efficace. In
una delle battute più citate della serie, Sutton può esclamare trionfante “Sono
Nora Ephron, cazzo!”.
Le tematiche care alle
donne sono al centro dei riflettori: in “The Breast Issue” (1.06) ad esempio si
incoraggiano le donne a fare il test genetico BRCA-1, per capire se si ha una
predisposizione al carcinoma alla mammella, costruendo una storia intorno alla
questione, e in “Carry the Weight” (1.10) si parla di stupro, ma si esplorano
argomenti vari (uno rilevante in questo momento è quello dell’immigrazione, attraverso
il personaggio di Adena).
La serie, che non fa le
solite scelte scontate, è partita con 10 puntate. L’ultima è definita una
“summer finale”, cosa che lascia sperare in episodi successivi in un altro
momento, ma ancora non è dato sapere se la serie sarà rinnovata. Di certo me lo
auguro. Si merita di più del magro 56 che Metacritic attribuisce sulla base di
8 recensioni – nonostante ci sia un bel 80 per un critico come Matt Zoller Seitz.
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