È decisamente patetico l'umorismo che impiega The Orville nel
mettere in scena una sorta di parodia di Star Trek, e si è tentati di pensare che le parti
drammatiche siano idee riesumate di suoi copioni scartati. Se non fosse
per questo, probabilmente ce l'avrebbe anche fatta a conquistarsi un certo
apprezzamento questo progetto che ha debuttato sull’americana Fox lo scorso 10
settembre, perché colpisce completamente nel segno per quanto riguarda costumi,
trucco, scenografia, forma delle navicelle spaziali e aspetti cromatici - il
look futuristico, ma allo stesso tempo datato, è assolutamente impeccabile. E
poi, cosa più importante di tutte, ci sono la struttura narrativa e la natura
delle storie e la filosofia di fondo messa in scena dal classico che intende
prendere in giro, il suo ottimismo e la sua fede per l’umanità. Questo spin-off wannabe non riesce però a
ricreare la matrice identitaria senza sembrare di più di una dilettantistica
imitazione.
Siamo nel 2018. Ad Ed Mercer (Seth MacFarlane, che è anche ideatore della
serie), dopo un difficile anno di separazione dalla moglie, che lo ha tradito,
viene affidato il comando di un vascello spaziale di esplorazione di medio
livello, il USS Orville, in una flotta di 3000 navi. È la sua ultima possibilità
professionale. Chiama come timoniere il suo migliore amico, Gordon Malloy
(Scott Grimes) e incontra il suo nuovo equipaggio: la giovane Alara Kitan
(Halston Sage), una addetta alla sicurezza di razza Xelayana che, provenendo da
un pianeta con una forza di gravità molto maggiore, sulla terra si trova ad
avere molta forza; il Tenente Bordus, secondo ufficiale appartenente a una
specie che ha un solo gender e va in bagno solo una volta all’anno, i Moclani
(con un look simil-Klingoniano); John LaMarr (J. Lee), lo scanzonato
navigatore; la dottoressa Claire Finn (Penny Johnson Jerald), un’esperta medica
dell’Unione Planetaria; e Isaac (Mark Jackson), una forma di vita artificiale
proveniente da Kaylon che considera le forme di vita biologiche inferiori ed ha
accettato un ruolo nella flotta per studiare gli umani (lo Spock o Data della
situazione). Con gran disappunto di Ed però, gli viene assegnata come primo
ufficiale l’ex-moglie Kelly Grayson (Adrianne Palicki, Friday Night Lights,
la più convincente fra loro, probabilmente). La loro prima missione sarà
quella di consegnare del materiale richiesto da una colonia di scienziati.
Qui è evidente che si conosce a menadito l’eredità spirituale e il lascito
intellettuale di Gene
Roddenberry e in qualche modo lo si vuole onorare - e non sfugge che dietro
le quinte lavorino alcuni veterani del franchise, incluso Brannon Braga, anche se
alcuni ritengono quest’ultimo responsabile di alcune delle storie più trite di The Next Generation e Voyager -, tuttavia MacFarlane, noto
soprattutto per Family Guy e American Dad, sembra indeciso se
farne una serie drammatica o umoristica (alla Galaxy Quest), non riuscendo ad essere seriamente nessuna delle due
cose. Forse, è stato ipotizzato, è troppo fan per riuscire a fare dell’umorismo
davvero incisivo: una sorta di timore reverenziale lo lega a trame che come
allegorie sono un po’ troppo smaccate ed esposte in modo grossolano e gli
impedisce di graffiare lì dove potrebbe essere utile. L’affetto e l’irriverenza
non hanno saputo sposarsi bene.
La passione c’è, ma si è decisamente fuori rotta.
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