Come ogni anno scelgo
quelle che per me sono state le migliori nuove serie dell’anno, anche se questo significa che lascerò fuori serie
potenzialmente ottime che non ho ancora avuto modo di guardare. L’offerta televisiva
è sempre più generosa e si affoga nella quantità di materiale. Meglio così, di
fatto, ma è frustrante ugualmente non riuscire
a stare dietro a tutto. Ugualmente, mi rammarico di non poter segnalare serie
davvero ottime – The
Leftovers, The Good Place (qui
parlavo della prima stagione), The Young
Pope, Insecure,
American
Crime, Master
of None… - che hanno debuttato in altre annate, ma per queste le varie
liste dei molti critici televisivi credo possano essere un buon faro.
Fra le migliori serie
dell’anno scelgo:
- The Handmaid’s Tale: ne ho parlato qui, dove c’è anche il link al saggio che ho scritto in proposito per Osservatorio TV. Parecchi hanno ritenuto che la serie subisse un calo nella seconda parte e che avesse episodi poco convincenti (la puntata in cui si parla del marito, ad esempio), ma io non ho avuto la stessa percezione.
- Big Little Lies: ne ho parlato qui.
E sono lieta della recente notizia che conferma una seconda stagione.
- The Deuce: ne parlerò a
breve (e semmai successivamente metterò un link anche qui), ma l’approccio
sociologico di David Simon
regala una gemma anche in questa nuova opera che parla di prostituzione e
pornografia negli anni ’70.
- Legion: ne ho parlato qui.
Più di qualcuno alla fine è rimasto
deluso. Io non ci ho solo visto una storia di “David è pazzo / non è pazzo”,
come sono state spesso percepite le vicende. Direi che parla di come ciò
che definiamo pazzia a volte è genio, e la serie si interroga se sappiamo
riconoscerlo; della labilità del confine fra normalità e pazzia; del ruolo
della famiglia nella definizione di chi siamo cognitivamente e
psicologicamente; dei vari abbandono/adozione (e anche della componente
genetica / ambientale); dell'infanzia come terreno in cui seminare e far
germogliare paure e strategie per affrontarle; del fatto che i mostri
peggiori sono quelli interiori; della "coabitazione" con i
propri mostri; di alienazione; dei luoghi di fantasia come porto sicuro,
ma come possibili trappole seduttive; del mettersi nei panni degli altri
(anche con la coppia che divide il corpo); della mutabilità dei ricordi;
della gestione di rabbia/paura; in fondo anche della capacità di ospitare
diversi personaggi nella propria mente... Concordo con chi rimprovera il
fatto che contenutisticamente si è stati forse un po’ superficiali e che si
poteva approfondire di più, ma mi pare che carne al fuoco ne sia stata
messa parecchia. E la forma è anche contenuto e formalmente la serie ha
osato molto e con successo. Dan Stevens poi, con il suo tono vagamente
ironico-umoristico, ha fatto un lavoro davvero egregio.
- The Marvelous Ms
Maisel:
è arrivata in coda d’anno, non ho terminato di vederla e mi riprometto di
scriverci in futuro, ma per quello che ho potuto vedere, la nuova serie
Amazon firmata da Amy Sherman Palladino (Gilmore Girls, Bunheads)
è fra le sue migliori.
- Alias Grace: narrativamente non
ho apprezzato la fine, ma la “colpa” non è della versione televisiva ma dall’omonimo
testo di Margaret Atwood da cui è tratta, ma le vicende della domestica
accusata di omicidio della coppia per cui lavorava ambientata nel Canada
di metà dell’’800 è stata impeccabilmente recitata e girata, ed è stata coinvolgente
e sottile.
- Back: ho scoperto questa sit-com britannica di 6 puntate ideata da Simon Balckwell (Veep) grazie alla entusiasta recensione di Tim Goodman su The Hollywood Reporter, che lo ha posizionato addirittura quarto nella sua scaletta (di 46 titoli) delle migliori serie dell’anno. Il titolare di un pub, Stephen (David Mitchell), in seguito alla perdita del padre dovrebbe diventarne il gestore unico, sennonché si presenta un (presunto?) figlio affidatario, Andrew (Robert Webb), che per la famiglia sembra fare e dire sempre la cosa giusta e diventa l’eroe di tutti, lasciando il protagonista schiacciato dall’insignificanza e dell’invidia, perenne perdente su ogni fronte, defraudato del ruolo che gli spetta di diritto. Rimiamo sempre nel dubbio che Andrew sia un imbroglione. Tanto amaro quanto esilarante.
Menzioni onorevoli per
me vanno a:
Tredici
(che non credo sia entrato nella lista di migliori serie di nessuno, ma che per
me ha trattato un argomento solitamente tabù in modo intelligente, ed è
diventato un importante argomento di discussione);
Downward
Dog (cancellato troppo presto);
Chiamami
Anna (sarà che non ne ho viste altre versioni, ma questa, per ragazzi,
si è saputa distinguere ai miei occhi);
GLOW;
Dear White People (di cui parlerò
prossimamente).
E voi? Quali giudicate
le migliori serie del 2017?
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