Work in progress è trasmessa dall'americana Showtime. Siamo a Chicago. Abby
(Abby McEnany) è una 45enne “queer, mascolina e grassa “ – così si auto-identifica
– che a questo punto della sua vita è talmente infelice da essere suicidaria.
Una collega sul posto di lavoro le sbandiera delle mandorle, suggerendogliele
come modo per dimagrire, sapendo che lei, senza successo, sta cercando di
perdere peso. Quasi per ripicca se le compra con l’idea che rappresentino i
giorni della sua vita. Ha deciso di concedersene 180, una al dì, e se per
quando saranno terminate non sarà cambiato qualcosa, la farà finita. Il titolo
delle puntate corrisponde al numero o ai numeri delle mandorle a cui è
arrivata.
Un giorno Abby esce a
pranzo con la sorella maggiore Alison (Karin Anglin) e rimane molto colpita dal
un ragazzo trans, 23 anni più giovane di lei, Chris (Theo Germaine), uno spirito libero molto sicuro di sé. Anche lui è
intrigato da lei, e cominciano una relazione. Abby ha come figura di
riferimento e di supporto l’amica di lunga data Campbell (Celeste Pechous). Nel
cast c’è anche Julia Sweeney che interpreta se stessa. Abby più volte nella
vita è stata paragonata a un suo personaggio androgino del Saturday Night Live, Pat, fonte di molto dolore per lei, e non ce
l’ha in simpatia, finché non la conosce di persona.
Fulcro portante delle
serie è l’accettazione di sé: Abby non si piace, soffre di ansia, attacchi di
panico e di disturbo ossessivo compulsivo, sembra non riuscire mai a trovare un
luogo dove è accettata completamente per quello che è e si aspetta sempre che,
nel rivelarsi autenticamente, sia destinata ad allontanare le persone.
Ha un aspetto
decisamente butch, e il fatto di
essere gender nonconforming, quindi
di non conformarsi allo stereotipo del genere sensuale di appartenenza, la
mette costantemente in situazioni emotivamente devastanti. Non è mai tanto
chiaro come quando non riesce a trovare un bagno pubblico (1.04) in cui possa
andare a fare i propri bisogni senza vedere che le donne la scambiano per un
uomo e chiamano la sicurezza. Accade perfino nei locali per lesbiche. Semplicemente
il mondo non è fatto per lei, e questa estraneità è un affronto continuo alla
sua identità. E il suo essere altro è talvolta anche percepito come una
minaccia.
Tiene costantemente un
diario – ne ha uno sgabuzzino pieno – in cui scrive di quello che le capita
nella vita. Mostrarlo agli altri, confessarsi, è un passo enorme, che in passato le è
costato caro. La serie, con periodici flashback, ci riporta a quando lei
era più giovane per mostrarci la reiterazione di certe esperienze nella sua vita,
per farci capire perché ora è quella che è. Sono proprio le paure che poi la
minano ulteriormente: il terrore di rivelare a Chris un incidente involontario
che teme lo allontani è quello che alla fine lo allontana (1.07). Profezie che
si autoavverano.
Le sue ferite aperte
sono quello che la serie ci mostra. Mi arrabbio ogni volta che la vedo sullo
schermo gettare le mandorle nella spazzatura – considero immorale buttare via
cibo perfettamente edibile per nessuna valida ragione. Soprassedendo su questo aspetto, è narrativamente
potente, anche perché minimo e strisciate, vedere che, rapidamente, getta via
quei semi, che sono giorni, momenti di vita che se ne vanno, anche quando la
presenza nella sua vita di Chris dovrebbe averla resa più gioiosa – e lo ha
fatto. Sono il ricordo costante, anche quando sembra normale, che nella testa
ha il costante pensiero di farla finita.
Una relazione nuova per
Abby, che in passato non ha mai frequentato uomini trans, è una scoperta. C’è
qualcosa di dolce e puro nel loro rapporto. L’ho guardato anche con un certo
stupore, per il coraggio di una coppia che apparentemente non ha molto in
comune, e che ha numerosi ostacoli, anche legati all’età. Eppure funziona.
Eppure è un avvicinamento naturale, di scoperta e di apprezzamento reciproco.
Grazie anche al
personaggio della Sweeney, si riflette molto sulle implicazioni della
rappresentazione, sul diritto a parlare in prima persona della propria storia e
su come possa essere una questione di equità sociale. Non ci sono molti
personaggi come Abby sul piccolo schermo, e nel guardarla mi accorgo di quanto
ce ne sia bisogno. Anche solo vederla. Mette a fuoco il mondo
in modo più vero, più umano, più onesto. In chiusura (1.10) c’è uno scontro
proprio rispetto a questo tema. Julia ha invitato Abby a uno spettacolo teatrale
in cui di nuovo veste in panni di Pat (un personaggio che sul serio la Sweeney
ha interpretato), ed è entusiasta di mostrarle che non lo fa con derisione, ma auto-consapevole
di sé e dei propri punti deboli. Abby lo considera illusorio e rovinoso, e le
rinfaccia di non aver capito nulla e di non averla interpellata. Se è
inevitabile che chiunque abbia una propria prospettiva sulla vita degli altri,
non bisogna prescindere dalla prospettiva primaria di chi quella vita la vive
in prima persona: è una voce necessaria, da ascoltare.
Ideata dalla McEnany, da
Tim Mason e scritta da entrambi e da
Lilly Wachowski, si tratta di una serie comica, e ci sono momenti in cui
si ride di gusto, a partire dai primi minuti, in cui vediamo la protagonista
dalla propria psicoterapeuta, fino alla finale (1.10) quando la protagonista prende
in considerazione vari modi per farla finita. Un personaggio minore, King
(Armand Fields), le ricorda che “everybody is fucked up – tutti sono un casino”
(1.07) Si dice che l’umorismo migliore venga dai momenti di dolore, e qui viene
proprio da lì. Anche per questo ha un sapore feroce, a volte; nella crudezza
dei punti dolenti forse la risata è il solo balsamo, la sola occasione
catartica.
La stagione termina con
Abby emotivamente al peggio possibile su più fronti – perfino in modo esageratamente
forzato in quella direzione, mi è parso – ma per chiudersi in modo sensato e
commovente. ATTENZIONE SPOILER. Non ha più mandorle. Chris la lascia, ma non per
il litigio avuto, ma perché non si sente di affrontare la responsabilità di
essere la sola ragione che la tiene in vita. E le consegna in una busta quello
che a sua insaputa le aveva rubato il primo giorno in cui si erano incontrati:
una mandorla. Inaspettato (almeno per me) e magnifico.
È
stata confermata una seconda stagione di 10 episodi.
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