sabato 9 ottobre 2021

SEX EDUCATION: la terza stagione

Anche nella sua terza stagione Sex Education (Netflix), che si apre con un montaggio di persone che copulano, si è confermata una serie da non perdere: divertente, romantica, umanamente complessa e che fa vera educazione sessuale. Quale modo più efficace di illustrare che la vulva è per ogni donna diversa, ad esempio, che far preparare a Aimee (Aimee Lou Wood), che ha scoperto questa verità, tante deliziose cupcake dalla glassatura diversa l’una dall’altra? Non sono lesbica, ma golosona sì, e mi sarei mangiata volentieri quei dolcetti leccando il frosting così invitante, magari ridacchiando con malizia. Missione compiuta con garbo e simpatia.

La colonna vertebrale di questo terzo arco l’ho trovata poco credibile, un po’ costruito a tavolino in maniera telefonata: l’arrivo di una nuova preside, Hope Haddon (Jemima Kirke, Girls), che deve dare nuova credibilità al liceo di Moordale, etichettata come “la scuola del sesso”, fa credere che ci saranno migliorie, ma si capisce ben presto che è molto rigida, e diventa repressiva e oscurantista; si va di male in peggio, al punto che gli studenti vengono svergognati pubblicamente costringendoli ad indossare appeso intorno al collo un titulus crucis, con scritta la loro colpa. Era troppo evidente dall’inizio che quella era la direzione che si sarebbe imboccata e richiede molta sospensione dell’incredulità pensare che in corso di via nessun insegnante e nessun genitore abbia protestato della piega che stavano prendendo le cose. Questa latitanza era pretestuosa: permettere ai ragazzi di inscenare la propria rivolta dichiarandosi orgogliosi della loro reputazione di scuola all’avanguardia. Come saggiamente mettono in bocca ad Otis (Asa Butterfield): certe domande e certe problematiche ci sono sempre state, solo che ora c’è la consapevolezza di poterle richiedere e sapere. Nonostante Hope sia stata un facile capro espiatorio, una cattivissima la cui backstory di mancata gravidanza ha fatto ben poco per umanizzare, non di meno ho apprezzato quello che la narrazione di Laurie Nunn ha cercato di mettere in scena, incapsulando in lei una serie di atteggiamenti, mostrando quanto sia facile interdire e censurare e obbligare, e quanto invece sia necessario accogliere istanze importanti in un argomento così delicato come il sesso, anche se l’umiliazione ultima della preside alla fine l’ho anche trovata eccessiva.

Che non ci sia dimenticati delle molestie vissute da Aimee nella stagione precedente, e che non sia lasciata cadere la questione dopo averla affrontata allora così bene, mostrando in questa come abbia poi avuto difficoltà nell’intimità, è stato inaspettato, intelligente e delicato. Il riavvicinamento di Otis e Maeve (Emma Mackey) è quello per cui si tifava, ma si è riusciti ugualmente a redimere in modo credibile Isaac (George Robinson), il ragazzo tetraplegico che aveva cancellato dal cellulare di Maeve la dichiarazione d’amore che Otis le aveva fatto, e a umanizzare Ruby (Mimi Keene) che nel suo rapporto sentimental-sessuale con Otis ha perso la sua patina di sola reginetta snob della scuola per emergere nella sua vulnerabilità. Il viaggio nell’originaria Nigeria per Eric (Ncuti Gatwa) ha contemporaneamente sollevato questioni importanti rispetto all’essere apertamente gay nella società, e creato una frattura con Adam (Connor Swindells) che stava familiarizzando solo ora con la propria identità. C’è stata l’introduzione, per quanto in sordina, di due personaggi non binari, e in particolare di Cal Bowman (Dua Saleh), che ha cominciato un intenso rapporto con Jackson (Kedar Williams-Stirling). Lily (Tanya Reynolds), affascinata dagli alieni e disegnatrice di fumetti pornografici con quella tematica, si è scontrata con l’ostilità o la semplice incomprensione che le sue passioni trovano in chi la circonda, una perenne emarginata: ha spezzato il cuore. Viv (Chinenye Ezeudu), divisa fra la lealtà ai compagni e l’autorità scolastica, ha pure avuto un arco significativo che è  stato di crescita e di scoperta di che cosa è importante per lei.

E poi ci sono state le vicende degli adulti, Micheal Groff (Alistair Petrie), padre di Adam ed ex-preside della scuola, che ha voluto riscoprire se stesso e riconquistare la moglie da cui era separato, e Jean Milburn (Gillian Anderson), la madre di Otis, che è stata vista meno nel suo ruolo di sessuologa in questo caso e più in quella di donna gravida ormai matura che deve capire che tipo di rapporto costruire con Jakob (Mikael Persbrandt) e la figlia di lui Ola (Patricia Allison).  Tante clavette lanciate in aria che acrobaticamente hanno volteggiato tutte in perfetta sincronia.

La forza del programma sta sicuramente nel fornire anche così en passant tante informazioni accurate in campo di sessuologia, di cui si parla sempre poco, ma anche nel non limitarsi ad asettiche informazioni di biologia, ma lavorando anche su un piano che possiamo ben definire psico-affettivo. Lo fa con onestà e rispetto, senza falsi pudori. E lo fa con verve e leggerezza, e coinvolgimento, facendoti sentire  genuinamente investito nel destino dei personaggi. Le performance sono tutte convincenti, brillanti, dalla prima all’ultima. L’annunciato rinnovo per una quarta stagione è più che meritato e gradito.  

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