Anche nella sua terza
stagione Sex Education (Netflix), che si apre
con un montaggio di persone che copulano, si è confermata una serie da non
perdere: divertente, romantica, umanamente complessa e che fa vera educazione
sessuale. Quale modo più efficace di illustrare che la vulva è per ogni donna
diversa, ad esempio, che far preparare a Aimee (Aimee Lou Wood), che ha
scoperto questa verità, tante deliziose cupcake dalla glassatura diversa l’una
dall’altra? Non sono lesbica, ma golosona sì, e mi sarei mangiata volentieri
quei dolcetti leccando il frosting
così invitante, magari ridacchiando con malizia. Missione compiuta con garbo e
simpatia.
La colonna vertebrale di
questo terzo arco l’ho trovata poco credibile, un po’ costruito a tavolino in
maniera telefonata: l’arrivo di una nuova preside, Hope Haddon (Jemima Kirke, Girls), che deve dare nuova credibilità al
liceo di Moordale, etichettata come “la scuola del sesso”, fa credere che ci
saranno migliorie, ma si capisce ben presto che è molto rigida, e diventa
repressiva e oscurantista; si va di male in peggio, al punto che gli studenti
vengono svergognati pubblicamente costringendoli ad indossare appeso intorno al
collo un titulus crucis, con scritta la
loro colpa. Era troppo evidente dall’inizio che quella era la direzione che si
sarebbe imboccata e richiede molta sospensione dell’incredulità pensare che in
corso di via nessun insegnante e nessun genitore abbia protestato della piega
che stavano prendendo le cose. Questa latitanza era pretestuosa: permettere ai
ragazzi di inscenare la propria rivolta dichiarandosi orgogliosi della loro
reputazione di scuola all’avanguardia. Come saggiamente mettono in bocca ad Otis
(Asa Butterfield): certe domande e certe problematiche ci sono sempre state,
solo che ora c’è la consapevolezza di poterle richiedere e sapere. Nonostante Hope
sia stata un facile capro espiatorio, una cattivissima la cui backstory di mancata gravidanza ha fatto
ben poco per umanizzare, non di meno ho apprezzato quello che la narrazione di
Laurie Nunn ha cercato di mettere in scena, incapsulando in lei una serie di
atteggiamenti, mostrando quanto sia facile interdire e censurare e obbligare, e
quanto invece sia necessario accogliere istanze importanti in un argomento così
delicato come il sesso, anche se l’umiliazione ultima della preside alla fine
l’ho anche trovata eccessiva.
Che non ci sia dimenticati
delle molestie vissute da Aimee nella stagione precedente, e che non sia
lasciata cadere la questione dopo averla affrontata allora così bene, mostrando
in questa come abbia poi avuto difficoltà nell’intimità, è stato inaspettato,
intelligente e delicato. Il riavvicinamento di Otis e Maeve (Emma Mackey) è
quello per cui si tifava, ma si è riusciti ugualmente a redimere in modo
credibile Isaac (George Robinson), il ragazzo tetraplegico che aveva cancellato
dal cellulare di Maeve la dichiarazione d’amore che Otis le aveva fatto, e a
umanizzare Ruby (Mimi Keene) che nel suo rapporto sentimental-sessuale con Otis ha perso la sua patina di sola reginetta snob della scuola per emergere nella sua
vulnerabilità. Il viaggio nell’originaria Nigeria per Eric (Ncuti Gatwa) ha
contemporaneamente sollevato questioni importanti rispetto all’essere
apertamente gay nella società, e creato una frattura con Adam (Connor
Swindells) che stava familiarizzando solo ora con la propria identità. C’è
stata l’introduzione, per quanto in sordina, di due personaggi non binari, e in
particolare di Cal Bowman (Dua Saleh), che ha cominciato un intenso rapporto con
Jackson (Kedar Williams-Stirling). Lily (Tanya Reynolds), affascinata dagli
alieni e disegnatrice di fumetti pornografici con quella tematica, si è scontrata con l’ostilità o la semplice incomprensione che le sue passioni trovano in chi
la circonda, una perenne emarginata: ha spezzato il cuore. Viv (Chinenye Ezeudu), divisa fra la lealtà ai compagni e l’autorità scolastica, ha pure avuto un arco significativo
che è stato di crescita e di scoperta di che cosa è importante per lei.
E poi ci sono state le
vicende degli adulti, Micheal Groff (Alistair Petrie), padre di Adam ed ex-preside
della scuola, che ha voluto riscoprire se stesso e riconquistare la moglie da cui era separato, e Jean Milburn (Gillian Anderson), la madre di Otis, che è stata vista
meno nel suo ruolo di sessuologa in questo caso e più in quella di donna
gravida ormai matura che deve capire che tipo di rapporto costruire con Jakob (Mikael
Persbrandt) e la figlia di lui Ola (Patricia Allison). Tante clavette lanciate in aria che
acrobaticamente hanno volteggiato tutte in perfetta sincronia.
La forza del programma sta sicuramente nel fornire anche così en passant tante informazioni accurate in campo di sessuologia, di cui si parla sempre poco, ma anche nel non limitarsi ad asettiche informazioni di biologia, ma lavorando anche su un piano che possiamo ben definire psico-affettivo. Lo fa con onestà e rispetto, senza falsi pudori. E lo fa con verve e leggerezza, e coinvolgimento, facendoti sentire genuinamente investito nel destino dei personaggi. Le performance sono tutte convincenti, brillanti, dalla prima all’ultima. L’annunciato rinnovo per una quarta stagione è più che meritato e gradito.
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