mercoledì 12 aprile 2023

INTERVISTA COL VAMPIRO: carnale e intensa

Rolin Jones, ideatore di Intervista col Vampiro (Interview with the Vampire. AMC, inedito in Italia), tratto dall’omonimo romanzo del 1976 della recentemente scomparsa Anne Rice, ha messo a fuoco in modo eccellente nello speciale di backstage della serie che cosa differenzia questa saga di vampiri dalle altre: l’attenzione non va ai poteri che hanno (che peraltro qui sono piuttosto classici), ma di sottofondo c’è il tema del fardello dell’esistenza e di come resistere, che cosa l’accumulo dei lutti e delle perdite e dei rimpianti provocano all’animo, e che cosa si fa per rialzarsi e per sopravvivere. L’autrice avrebbe scritto il romanzo in risposta alla morte della figlia, e gli autori hanno cercato di attenersi rigorosamente allo spirito del materiale ricreato, mostrando quello a cui i protagonisti rinunciano nella loro nuova vita e la solitudine e il vuoto che comporta anche quando sono in compagnia di qualcuno.

Siamo ai giorni nostri. Louis de Pointe du Lac (Jacob Anderson, Verme Grigio de Il Trono di Spade) si offre di essere intervistato, nel suo lussuoso appartamento di Dubai dove viene seguito dal suo assistente Rashid (Assad Zaman), da un giornalista che già aveva incontrato in passato e che aveva provato ad intervistarlo decine di anni prima, Daniel Molloy (Eric Bogosian), che ha una illustre carriera alle spalle, ma è ormai malato. Gli racconta di come negli anni ’10 del Ventesimo secolo abbia incontrato a New Orleans – un setting d’atmosfera che ha un ruolo di rilievo - il vampiro Lestat de Lioncourt (Sam Reid), arrogante, testardo, violento, snob, carismatico, manipolatorio, interessato solo a nutrire i propri molteplici appetiti. È stato “il mio assassino, il mio mentore, il amante, il mio creatore”, spiega, e insieme hanno formato una famiglia, anche poi con la giovane Claudia (Bailey Bass) che viene “trasformata” a soli 14 anni (crescendola così rispetto al libro) per salvarla da morte certa, una specie di figlia per loro. La lusinga della vita che spetta loro è una promessa che è in sè stessa anche una tragedia.

Per ricordare “Buffy”, il sottotesto è diventato rapidamente testo: alcune delle tematiche metaforiche classiche di queste narrazioni, segnatamente l’omosessualità, qui viene resa molto esplicita (ma era invece stata esclusa nella versione cinematografica con Tom Cruise e Brad Pitt) e non solo negli intrecci del plot, ma perfino dalle stesse parole del giornalista che vi vede il campo di interesse dei “queer theorists”; e in modo più pregnante di quanto non abbia visto altrove, si affronta in modo diretto l’argomento dell’abuso domestico, con tanto di trigger warning all’esordio di alcune puntate. E poi il razzismo, con un Louis nero che vive in un Sud di inizio del XX secolo, il potere, il fascino intossicante che ha, i limiti che ci si impone o autoimpone, l’amore, la seduzione, l’invecchiare rimanendo in un corpo che non muta, la cultura, i desideri (la mente umana si riduce a “voglio cibo, voglio sesso, voglio andare a casa”, come sostiene Lestat?) e l’appagamento (essere il killer di qualcuno è la soddisfazione di essere la fine della vita di qualcuno?), l’autodistruzione, la realizzazione dei sé, mortalità e immortalità,  i mores…

Pregnante è il tema del ricordo: “La memoria è un mostro. Noi dimentichiamo, lei no” (1.02). Qui, riportare a galla i ricordi è inteso come odissea, come viaggio, come “ricostruzione”. È una confessione, una performance quella che mette in atto Louis davanti a Daniel? Si tratta di un modo per arrivare alla verità? Che valore ha ricordare? Ricordare è giudicare, condannare o assolvere?

La serie è carnale, intensa, ferale anche (la caccia, le uccisioni). C’è il sangue, molto sangue. E nota acutamente The Daily Beast “(q)uesta Intervista è anche intelligente con il suo umorismo. È quasi come se la serie strizzasse l'occhio al nostro rapporto decennale con questi personaggi. La queerness di Louis e Lestat è presa sul serio, ma allo stesso tempo - e visto quanto a lungo molti fan hanno aspettato che la sessualità fosse così esplicita - ha un senso dell'umorismo anche per quanto riguarda la manifesta sensualità gay.

Il desiderio di essere "prosciugato", ad esempio, porta con sé certamente una nuova connotazione in questa serie. Quando Lestat converte Louis e lo porta per la prima volta nella sua bara, gli dice sfacciatamente: "Puoi stare sopra". E quale sottotesto più grande ci può essere dell'essere in the closet se non quello di essere nella bara?”

Non solo le performance sono di prim’ordine, ma la ricostruzione dei set (che evita i soliti stilemi del genere, ad esempio un ricorrere a rosso e nero), i costumi, i valori produttivi tutti sono ineccepibili. La season finale è un po’ sospesa, ma la serie è stata già rinnovata per una seconda stagione.  

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