Mi rammarico di non aver mai
scritto prima su For All Mankind
(AppleTV+), anche perché la quarta stagione di cui mi accingo a parlare
è quella che di tutte finora mi è piaciuta meno, pur comunque nell’alto livello
di apprezzamento.
ATTENZIONE SPOILER PER LA QUARTA
STAGIONE
Questa non è la fantascienza in
cui si indossano tutine aderenti e si incontrano alieni antropomorfi ma è,
semmai di fantascienza vogliano parlare, quella in cui ci si muove scafandrati
su una superficie arida e ostile e si cercano disperatamente molecole di
potenziali esseri viventi. Si tratta di un’ucronia in cui sono stati i
sovietici i primi ad allunare e la quarta stagione parte nel 2003 iniziando con
“Glasnost” (4.01) e finendo con “Perestrojka” (4.10). Fulcro dell’azione è in questo
caso Marte, dove la base "Happy Valley" si è molto ampliata, e salvo
un piccolo avamposto nordcoreano, è
gestita all’unisono da americani e russi, con Danielle Poole (Krys Marshall) richiamata
dal pensionamento per comandarla al posto di Edward Baldwin (Joel Kinnaman).
Come sempre, questa serie, ideata
Ronald D. Moore (Battlestar Galactica, Outlander), Matt Wolpert e
Ben Nedivi, con questi ultimi due responsabili di buona parte della
sceneggiatura, è meticolosamente costruita verso una season finale che porta
molta suspense. In questo caso, se nel sottofinale (“Brazil”, 4.09) arriva come
un fulmine a ciel sereno l’assassinio di Sergei (Piotr Adamczyk, Karol, un
uomo diventato papa), un personaggio molto amato (anche se narrativamente
non ci si è non potuti chiedere che fine avesse fatto in ultimo la moglie), la
conclusione ha tenuto con il fiato sospeso al pari delle stagioni precedenti
con un asteroide chiamato Goldilocks/Riccioli d’oro, ricco di prezioso iridio,
che NASA, con l’amministratore Eli Hobson (Daniel Stern), e ROSCOSMOS, con a capo Irina Morozova (Svetlana Efremova),
vogliono portare in orbita verso la terra e HELIOS (un’agenzia privata) che invece
intende sabotare il loro progetto e dirottarlo perché rimanga nell’orbita di
Marte assicurando così continui investimenti e ricerca nel pianeta rosso che
diversamente verrebbe abbandonato al proprio destino. Si testano così punti di
vista e si creano alleanze inaspettate. E
l’inaspettato ruolo di Dev Ayesa (Edi Gathegi) in tutto questo è stato coerente
con quello che il personaggio è per come è stato presentato dall’inizio.
Parte del motivo per cui mi è
piaciuta meno questa stagione è che ci si è tanto concentrati sul malcontento e
le rivendicazioni operaie, in particolare capeggiate da Samantha Massey (Tyner
Rushing) e Miles Dale (Toby Kebbell, Servant), ex lavorante di
piattaforma petrolifera diventato contrabbandiere, che in chiusura diventano
inaspettatamente eroi della situazione. In realtà ho apprezzato molto però come
siano riusciti a mostrare le ragioni di entrambe le parti. Tutti avevano
regione e allo stesso tempo nessuno aveva ragione, se è vero che quelli dei
“piani bassi” sono stati imbrogliati e si trovavano in una situazione più
disagiata dei “piani alti”, è vero altrettanto che spesso non è colpa di questi
ultimi che cercano di fare il possibile e spesso hanno le mani altrettanto
legate, e che sappiamo bene dalle stagioni precedenti che in un certo senso eventuali
piccoli privilegi se li sono anche guadagnati, con molti anni vissuti in
condizioni ben più restrittive e di sacrificio di quelli degli attuali “piani
bassi”. La capacità di mostrare più prospettive è uno dei punti di forza del
programma, così come la capacità di dimostrare che non è tutto bianco o nero,
come ben illustra l’emblematica storyline di Margo Madison (Wrenn
Schmidt), creduta morta e passata ai russi e, ma poi rivelatasi viva, con
grande sorpresa in particolare di Aleida Rosales (Coral Peña), che peraltro ha
stretto un magnifico rapporto professional-amicale con Kelly Baldwin (Cynthy Wu),
mostrando una volta in più che non si ha timore di mettere in primo piano donne
competenti. I comportamenti e compromessi che ha fatto Margo, a cui noi abbiamo
potuto assistere passo passo, ma che non vengono accettati da Aleida, sono una
vera gemma perché pur nella loro problematicità, difficilmente non verrebbero
compresi dallo spettatore che facilmente avrebbe fatto scelte simili,
incastrato dagli eventi. Margo in questa stagione richiama alla memoria un
evento passato in cui lei era stata profondamente accusatoria nei confronti di
un suo mentore Wernher von Braun, quando aveva scoperto che aveva lavorato per
i nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale, pur consapevole del trattamento
dei prigionieri che costruivano il razzo V-2. Si domanda se, mutatis
mutandis, non abbia fatto scelte ugualmente biasimevoli. È stata una finezza da parte degli autori riprendere
con la memoria un evento della prima stagione e una citazione di una
riflessione che questi le aveva fatto, “Il progresso non è mai gratuito, Margo.
C’è sempre un costo” (1.02), che dimostra una volta in più con quanta cura sia
stato pensato questo arco. Mantenere i personaggi moralmente in bilico nell’impossibilità
di riuscire a stabilire in via definitiva qualche sia la scelta più giusta
nelle specifiche circostanze, da cui ci si sente costretti, e far sì che si
tifi comunque per loro, non è abilità da poco.
Proprio all’ingegnera prima donna
del Controllo Missione della NASA passata all’Unione Sovietiva viene affidato il
pensiero conclusivo della stagione, recitato in voice-over, per una serie che
deve il proprio titolo alla placca commemorativa lasciata sulla Luna
dall'equipaggio dell'Apollo 11, che riporta la scritta «We came in peace for
all mankind» (Siamo venuti in pace per tutta l'umanità): “i nostri sentimenti
possono non essere convenienti, possono anche rallentare il nostro progresso,
ma sono anche il solo modo per cominciare davvero a comprendere il mondo
intorno a noi, e i nuovi mondi che ci attendono” (traduzione mia). Insomma gli
esseri umani che agiscono “per tutta l’umanità” sono esseri imprevedibili e
contraddittori e dobbiamo riconoscere la preziosità di questa caratteristica.
Rimane un certo idealismo – Danielle parlando con casa menziona Star Trek, e ci sono fugaci momenti in cui c’è la sensazione che ci sia in nuce quel tipo di futuro. La confermata quinta stagione partirà, come già si è visto dalla chiusura di questa, nel 2012nella diegesi, vista l’abitudine di For All Mankind di fare dei salti temporali fra un arco e l’altro. Vista anche l’età, su alcuni dei personaggi storici (Danielle, Margo, Edward) è probabile che cali il sipario, ma già è stato annunciato l’arrivo di Celia Boyd, membro della Forza di Sicurezza Pacificatrice sulla colonia di Marte, con il volto di Mireille Enos (The Killing). E se non si escludono possibili stagioni 6 e 7, con il rinnovo per la quinta si è intanto anche annunciato lo spin-off “Star City”, in cui si tornerà all'inizio della linea temporale alternativa stabilita da "For All Mankind", ma questa volta dalla prospettiva sovietica.
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