Sull’americana HBO il 24 aprile è tornata, per la sua seconda stagione, la serie-gemma per ora inedita da noi, ideata da David Simon (The Wire) ed Eric Overmyer, Treme, ambientata nell’omonimo quartiere della New Orleans post-Katrina.
Si è ripreso, con una puntata intitolata “Accentuate the Positive”, dal primo novembre 2006, nel giorno di Ognissanti, a quattordici mesi dall’uragano e a circa sette mesi dagli eventi che hanno concluso la prima stagione, e il nucleo forte e l’estetica del programma non sono cambiati. I numerosi personaggi protagonisti sono legati da quello che costituisce l’identità del posto: la sua intensa scena musicale, la sua cucina, le sue tradizioni culturali - nella prima stagione, ad esempio, ci si è concentrati sul Mardi Gras e sulla “second line”, una caratteristica delle bande degli ottoni della città dove i musicisti sono affiancati da persone che ballano (anche con parasoli e fazzoletti) durante i cortei funebri. Gli eventi narrati sono minimi, spesso apparentemente insignificanti, quasi sbriciolati, con lunghi pezzi in cui a parlare è solo la musica. Dettagli e atmosfera, intensamente definiti. A volte sembra che non accada nulla, ma con l’accumulo delle puntate il senso degli eventi e delle vite è molto forte, e ti assorbe.
È una lettera d’amore alla città, e ritornano i temi che sono stati cari al programma in passato: l’uragano non è stato solamente un danno causato dalle forze della natura, ma anche dall’uomo, e New Orleans è una città indispensabile, la cui ricostruzione è necessaria ed essenziale, a meno di non rischiare di perdere qualcosa di inestimabile. E questo aspetto, e il senso di scoperta di qualcosa di unico, è incarnato da subito da un nuovo personaggio, Nelson Hidalgo (Jon Seda), un costruttore che vuole cominciare a fare affari qui e che viene subito affascinato dei luoghi.
Da quest’anno a scrivere le storie del telefilm partecipa anche Anthony Bourdain e il suo approccio alla cucina e al cibo si è notato da subito nelle scene con Jeanette Desautel (Kim Dickens), la cuoca che aveva dovuto chiudere il suo ristorante e lasciare la città perché ormai era in bolletta, e che si ritrova ora alle dipendenze di un esigente e mercuriale chef in un ristorante di New York.
Il momento più intenso della puntata d’apertura di questa seconda stagione, uno che confesso mi ha commossa, è stato quello della giovanissima Sofia che sembra aver ripreso il videoblog del padre, scomparso nella scorsa stagione (in quello che per me è stato uno degli eventi televisivamente più dolorosi e veri dello scorso anno) e di cui in questo modo tiene viva la rabbia e il ricordo. La madre, l’avvocato Toni Bernette (Melissa Leo) pure deve fare i conti con la perdita del marito, ed è preoccupata per la figlia, tanto da non volersi caricare di eccessivo lavoro, che comunque continuiamo a seguire. Il tenente Terry Colson (David Morse), già apparso brevemente lo scorso anno, pure torna e verrà sviluppato maggiormente. I brevi scambi fra lui e Toni sono stati preziosi e lasciano sperare in un approfondimento.
La violinista Annie (Lucia Micarelli) ora frequenta il DJ Davis McAlary (Steve Zahn), sempre uno dei personaggi più spassosi e divertenti della serie: le scene qui in cui fa le pulizie di casa per il ritorno di Annie che è stata in tour, buttando via i piatti sporchi e soffiando sul tavolo per togliere la polvere accumulata, sono davvero la sua quintessenza. Sonny (Michiel Huisman), l’ex-di Annie, c’è ancora, e sono curiosa di vedere come sviluppano la loro relazione. La moglie di Antoine Batiste (Wendell Pierce), il cuore jazz del programma, continua a pressarlo perché si trovi un vero lavoro e la sua ex LaDonna (Khandi Alexander) ha sempre l’attività del suo locale nonostante apparentemente non ci sia nulla a trattenerla a quei luoghi. Il “capo indiano” Albert Lambreaux (Clarke Peters) all’improvviso si ritrova senza un luogo dove vivere, mentre suo figlio Delmond (Rob Brown) riscopre le sue radici legate alla città proprio attraverso la musica che suona come trombettista.
La Treme che abbiamo imparato ad amare insomma c’è tutta e l’incipit del nuovo segmento non delude. Rinnovata è anche la sigla, che mantiene la magnifica canzone, ma cambia in numerose immagini.
Sopra, un promo.
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