Nel nuovo show della CW
intitolato Cult, Jeff Sefton (Matt
Davies, The Vampire Diaries), un giornalista
licenziato per aver fabbricato delle notizie con lo scopo di far finire in
carcere alcuni poliziotti corrotti, indaga sulla scomparsa del fratello Nate
(James Pizzinato) che poco prima di sparire si era rivolto a lui temendo il
peggio e, nell’evenienza che qualcosa di brutto potesse accadergli, lo aveva
messo sulla pista di un programma televisivo di cui lui e altri sono grandi
fan.
Il programma televisivo
all’interno dello show che raccoglie intorno a sé questo adorante pubblico si
chiama anche quello “Cult” e parla del leader di un cult, ovvero di una setta,
chiamato Billy Grimm, e interpretato dall’attor Roger Reeves (l’assolutamente perfetto Robert
Knepper, Prison Break) che risulta magnificamente
viscido e manipolatore. Nello show-all’interno-dello-show, una giovane
poliziotta, Kelly Collins, interpretata da Marti Gerritsen (Alona Tal), è una
ex-appartenente alla setta che ne è uscita e ora cerca di risolvere i misteri collegati
a Billy Grimm e di capire che fine abbia fatto la propria sorella.
Jeff decide di investigare
insieme a Skye Yarrow (Jessica Lucas), una ragazza che si è fatta assumere dal
programma per scoprire quanto è capitato al padre molti anni prima: ritengono
che “Cult” sia più di un programma
televisivo cult, ma che in qualche modo le attività della setta rappresentate
nella finzione trasbordino nella realtà. In Cult
perciò vediamo sia “Cult” che le investigazioni su “Cult”, pure in onda sulla
CW. Alle indagini partecipa anche una poliziotta, la detective Rosalind Sakelik
(Aisha Hinds, inusuale scelta di casting) che però ha lei stessa sul polso il
logo del programma e non è chiaro fino a che punto sia fan dello show.
Questo telefilm ideato
da Rockne S. O’Bannon (Farscape)
trasuda riferimenti meta-testuali, con un esplicito commento non solo sul
complesso fenomeno dei cult, ma anche sulle tecniche di televisione convergente
e di coinvolgimento trans-mediale del pubblico, sia su larga scala che nei
dettagli – l’ideatore di “Cult”, ad esempio, si chiama Steven Rae, che il nome del produttore
esecutivo, nonché sceneggiatore di Cult;
il cafè dove si ritrovano alcuni dei fan di “Cult” si chiama “Fan Domain”; vengono
pronunciate frasi come “nessuno sa si sicuro se nel programma ci siano dei
messaggi o no”.
Con un forte “effetto Droste” di base,
è
ambizioso e affascinante, ma sulla base
delle puntate iniziali anche complicato e con un potere di trazione limitato.
Il look è abbastanza oscuro e vagamente da B-movie, e la sceneggiatura è in
equilibrio fra momenti da sbadiglio e chicche, magari non eccezionali, ma potenzialmente
citabili, e non mancano i simboli, le frasi tormentone e gli oggetti carichi di
significati ulteriori (gli occhiali con lenti una rossa e una blu, una specie
di moneta d’oro, i DVD con sopra incisa una “M”, il disegno di una specie di
ruota a tre braccia uncinate, il logo dello show …)
Questa serie ha insomma
tutte le caratteristiche per diventare davvero un cult, quanto buono è ancora da
vedere. Per ora la parte più affascinante di Cult è “Cult”. È eccessivo scrivere, come
ha fatto Glenn Garvin per il Miami Herald,
che guardare il programma è come “cercare di leggere un romanzo di Kafka in
sanscrito. Da cieco. E ubriaco.”, perché è sicuramente molto più intellegibile di
quanto non sia stato ad esempio il re-make de Il Prigioniero,
ma decisamente si va verso un “trip mentale”. Ed è il tipo di storia in cui
davvero è necessario avere una fede incrollabile negli autori e nel fatto che
abbiano chiaro un piano. In più di un’occasione
si pensa a “Lost”, guardando le puntate, e alle tecniche con cui ha ingaggiato
gli spettatori, e si riflette molto
sulle modalità con cui la passione per un programma può trasformarsi in
ossessione per i “veri credenti”. A coglierlo, deliziosamente contorto. Che la
rete dopo la prima puntata ne abbia cambiato il giorno di messa in onda non è
un buon segno.
Per adesso lo sto guardando più che altro per il protagonista (il vecchio e caro Alaric; compagno di bevute di Damon) e per lo strano rapporto amore-odio tra Kelly e Bill.
RispondiEliminaLa serie mi piace e la segue, peccato che forse la vogliono cancellare, anche perché negli USA viene trasmessa dopo Hart Of Dixie nella The CW, un suicidio per questa povera serie :(
mah, insomma.
RispondiEliminaper me è un serie candidata al titolo di scult :)
Io a distanza non ho voglia di continuare a vederla, il che non è un buon segno. Peccato, l'idea mi piaceva molto.
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