Attenzione: ci sono spoiler. È la grammatica la vera star della seconda
stagione di The Newsroom, o più
genericamente l’uso della lingua, visto che tutto l’arco è costruito su un “se”,
o meglio sulla volontaria omissione di un “se”.
Le puntate sono 9. Dovevano
essere 10, ma in corso di via, dopo che la prima e seconda puntata erano già
state girate, Aaron Sorkin si è reso conto che non funzionavano, ha deciso di rigirarle
in parte e di riscrivere la terza puntata. La HBO glielo ha lasciato fare, ma
ragionevoli ragioni di budget hanno fatto sì che la stagione avesse una puntata
intera in meno di quelle previste (fonte: The Hollywood
Reporter). In
effetti era necessario anteporre parte delle conclusioni: consente una lettura
completamente diversa a ciò che accade.
Come è evidente dalla nuova
sigla (sotto), l’attenzione si è spostata dai giornalisti alle notizie. E una
storia unica ha fatto da scheletro portante per tutte le puntate: la squadra di
Will McAvoy segue una pista che fa loro credere – cosa falsa – che gli Stati
Uniti nella “operazione Genoa” abbiano utilizzato il Sarin, un gas nervino, su
un villaggio di civili per l’estrazione di alcuni militari americani in Pakistan
nel 2009. Una cosa del genere è un crimine di guerra e per mesi ci vanno con i
piedi di piombo, non volendo credere che sia vero e cercando ogni forma
possibile per verificare la fondatezza della notizia. Alla fine, per colpa di
un temporaneo produttore, Jerry Dantana (Hamish Linklater, The New Adventures of old Christine, The Crazy Ones), che
scientemente manipola un’intervista, si arrendono a quella che sembra l’evidenza,
e riportano la notizia. Tutto avviene togliendo, appunto, un “se” e distorcendo
così una citazione del generale Stanislaus Stomtonovich: “se abbiamo usato gas
sarin, ecco come abbiamo fatto” diventa “abbiamo usato gas sarin, ecco come
abbiamo fatto”. Sono costretti a ritrattare la notizia 48 ore dopo, cosa che
mina la loro credibilità – il grande tema di questo blocco - e che li porta
davanti agli avvocati a discutere la loro posizione, dato che Dantana,
licenziato, fa loro causa.
La storia è basata su un
vero scandalo del 1998, in cui la CNN e il TIME sono stati criticati per aver riportato
una simile notizia rispetto alla guerra del Vietnam (operazione Tailwind). Ma è
anche una storia che risuona con l’attualità. Guardare le puntate in tempo
reale ha avuto infatti perfino un che di inquietante, per il fatto che, pur
essendo state scritte e girate molti mesi prima, hanno fatto da eco molto forte
a ciò che stava accadendo in Siria nel periodo della messa in onda.
Storie parallele vedono Neal
occuparsi delle vicende di Occupy Wall Street, Jim farsi mandare a coprire il
tour dell’autobus di Mitt Romney in campagna elettorale, e Maggie, dopo aver
rotto con Don che scopre che in realtà era innamorata di Jim, farsi mandare in
Africa in un orfanatrofio. La morte di un bambino rimane per lei uno shock da
cui difficilmente si riprende. Temevo, devo dire, la facile abusata strada
della violenza sessuale, ma invece i miei timori sono stati piacevolmente disattesi.
Sorkin ha sempre avuto difficoltà, per sua stessa ammissione, a scrivere le
donne, ma mi sembra che qui abbia fatto un lavoro migliore del passato.
La chiusura in due parti
ha riguardato la rielezione del presidente Obama e il lieto fine romantico per
McKenzie e Will. Quest’anno quest’ultimo è risultato più spocchioso del solito,
ma Jeff Daniels si è ben meritato l’Emmy come miglior attore per questo ruolo.
Sulla prima stagione, si
veda il mio saggio per OSSERVATORIO TV -
2013, scaricabile gratuitamente.
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