lunedì 7 ottobre 2013

THE NEWSROOM: la seconda stagione

 
Attenzione: ci sono spoiler. È la grammatica la vera star della seconda stagione di The Newsroom, o più genericamente l’uso della lingua, visto che tutto l’arco è costruito su un “se”, o meglio sulla volontaria omissione di un “se”.
Le puntate sono 9. Dovevano essere 10, ma in corso di via, dopo che la prima e seconda puntata erano già state girate, Aaron Sorkin si è reso conto che non funzionavano, ha deciso di rigirarle in parte e di riscrivere la terza puntata. La HBO glielo ha lasciato fare, ma ragionevoli ragioni di budget hanno fatto sì che la stagione avesse una puntata intera in meno di quelle previste (fonte: The Hollywood Reporter).  In effetti era necessario anteporre parte delle conclusioni: consente una lettura completamente diversa a ciò che accade.

Come è evidente dalla nuova sigla (sotto), l’attenzione si è spostata dai giornalisti alle notizie. E una storia unica ha fatto da scheletro portante per tutte le puntate: la squadra di Will McAvoy segue una pista che fa loro credere – cosa falsa – che gli Stati Uniti nella “operazione Genoa” abbiano utilizzato il Sarin, un gas nervino, su un villaggio di civili per l’estrazione di alcuni militari americani in Pakistan nel 2009. Una cosa del genere è un crimine di guerra e per mesi ci vanno con i piedi di piombo, non volendo credere che sia vero e cercando ogni forma possibile per verificare la fondatezza della notizia. Alla fine, per colpa di un temporaneo produttore, Jerry Dantana (Hamish Linklater, The New Adventures of old Christine, The Crazy Ones),  che scientemente manipola un’intervista, si arrendono a quella che sembra l’evidenza, e riportano la notizia. Tutto avviene togliendo, appunto, un “se” e distorcendo così una citazione del generale Stanislaus Stomtonovich: “se abbiamo usato gas sarin, ecco come abbiamo fatto” diventa “abbiamo usato gas sarin, ecco come abbiamo fatto”. Sono costretti a ritrattare la notizia 48 ore dopo, cosa che mina la loro credibilità – il grande tema di questo blocco - e che li porta davanti agli avvocati a discutere la loro posizione, dato che Dantana, licenziato, fa loro causa.

La storia è basata su un vero scandalo del 1998, in cui la CNN e il TIME sono stati criticati per aver riportato una simile notizia rispetto alla guerra del Vietnam (operazione Tailwind). Ma è anche una storia che risuona con l’attualità. Guardare le puntate in tempo reale ha avuto infatti perfino un che di inquietante, per il fatto che, pur essendo state scritte e girate molti mesi prima, hanno fatto da eco molto forte a ciò che stava accadendo in Siria nel periodo della messa in onda.

Storie parallele vedono Neal occuparsi delle vicende di Occupy Wall Street, Jim farsi mandare a coprire il tour dell’autobus di Mitt Romney in campagna elettorale, e Maggie, dopo aver rotto con Don che scopre che in realtà era innamorata di Jim, farsi mandare in Africa in un orfanatrofio. La morte di un bambino rimane per lei uno shock da cui difficilmente si riprende. Temevo, devo dire, la facile abusata strada della violenza sessuale, ma invece i miei timori sono stati piacevolmente disattesi. Sorkin ha sempre avuto difficoltà, per sua stessa ammissione, a scrivere le donne, ma mi sembra che qui abbia fatto un lavoro migliore del passato.

La chiusura in due parti ha riguardato la rielezione del presidente Obama e il lieto fine romantico per McKenzie e Will. Quest’anno quest’ultimo è risultato più spocchioso del solito, ma Jeff Daniels si è ben meritato l’Emmy come miglior attore per questo ruolo.

Sulla prima stagione, si veda il mio saggio per OSSERVATORIO TV - 2013, scaricabile gratuitamente.
 

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