Anne with and E, Chiamatemi
Anna in italiano (Netflix), è il più recente adattamento per il piccolo
schermo dell’amato romanzo di letteratura per l’infanzia di Lucy Maud
Montgomery Anna dai capelli rossi,
anche nota con il titolo originale di Anne
of Green Glables - Green Gables è il
nome della fattoria dove va a vivere la protagonista, così chiamata perché l’elemento architettonico del timpano (“gable”
in inglese) è colorato di verde (“green”).
Nella serie siamo alla
fine dell’Ottocento, sull’isola di Prince Edwards, in Canada, in un ambiente
naturalisticamente stupendo. Marilla (Geraldine James) e Matthew Cuthbert (R.H.
Thomson) sono una sorella e un fratello che, ormai in età matura, decidono di
adottare un bambino nella prospettiva che li aiuti nei lavori della proprietà,
perché il giovane lavorante che hanno assunto, Jerry (Aymeric Jett Montaz), non
basta. L’orfanatrofio, invece di mandar loro un maschio, come avevano chiesto, invia
Anne Shirley (AmyBeth McNulty, scelta fra oltre 1800 contendenti), che priva di
legami significativi, agogna una famiglia tutta sua. La giovane, che nella sua vita
ha subito angherie e bullismo perché orfana, ed è abituata a lavorar sodo nelle
famiglie dove di solito la impiegavano, ha un fervidissima immaginazione, e la
usa per far risplendere la realtà che la circonda di magia gravida di
possibilità. È vivace, sveglia, entusiasta, meravigliata dalla bellezza
della natura e piena di trasporti emotivi, e ha un linguaggio forbito e una
notevole parlantina. Conquista immediatamente Matthew e poi anche la severa Marilla,
e decidono di farla diventare parte della loro famiglia, nonostante le
perplessità dei vicini, in particolare della più cara amica di Marilla, la
signora Rachel Lynde (Korinne Kolso). Anne lega presto con Diana Barry (Dalila
Bela), che diventa la sua migliore amica, e frequenta la scuola, dove conosce
Gilbert Blythe (Lucas Jade Zumann), il più bravo della classe, con il quale c’è
un reciproco rispetto e una nascente mutua attrazione.
Ideata da Moira
Walley-Beckett (Flesh
and Bone, con la quale si può notare qualche contatto tematico, e Breaking Bad), la vicenda televisiva
scava nel passato della protagonista creando una backstory che nelle vicende
originali non c’era, a quanto pare (io non ho letto il libro). Sebbene qualcuno
lo abbia criticato perché appesantirebbe le sue vicende biografiche, in realtà
funziona alla perfezione spiegando molto della psicologia del personaggio,
della sua voglia di casa e delle necessità di creare mondi alternativi con la
sua fantasia. In generale, in consonanza anche con tanta letteratura dell’infanzia
(specie di un tempo, ma in realtà si pensi anche ad Harry Potter), ci sia tiene
ben in equilibrio fra quegli elementi tetri delle ingiustizie subite perché
inermi e impossibilitati a difendersi e il riscatto che si ha dalla
realizzazione di desideri insperati. Qui un classico esempio di questo tipo c’è
quando Marilla perde la sua spilla e accusa Anne di averla rubata, la manda via
sebbene lei neghi il furto, per poi doverla richiamare indietro e scusarsi,
quando la ritrova; oppure quando la madre di Diana le impedisce di frequentare
la figlia perché la ritiene una cattiva influenza, e poi deve ricredersi quando
Anne salva la vita della sorella minore di Diana che sarebbe diversamente
morta, perché il medico non sarebbe arrivato in tempo e solo Anne sapeva come
agire prontamente. Sono situazioni da classica fantasia infantile, in cui si ha
il riscatto voluto diventando le eroine del momento. Si riesce ad utilizzare
questa dinamica con molto garbo.
I personaggi, sia i
ragazzi che gli adulti, sono tridimensionali. Se all’inizio la pettegola
signora Lynde sembra la guastafeste di turno, ci sia accorge presto che è più
di così. E degli stessi Marilla e Matthew si spiegano le vite, gli errori, le
scelte (per entrambi un fratello maggiore morto troppo presto e la necessità di
dedicarsi alla casa e alla famiglia che aveva bisogno di loro, e per entrambi
un amore a cui hanno rinunciato). C’è molta sensibilità nel realizzarlo, quasi
un pudore verrebbe da dire, che in parte io associo anche all’epoca ritratta. E
gli attori sono spettacolosi. AmyBeth McNulty in particolare incarna a pieno Anne
e stupisce perfino che a soli 15 anni dimostri una tale maturità interpretativa.
Non avevo familiarità
con versioni precedenti della vicenda, nemmeno con il popolare cartone animato andato
in onda quando io ero bimba, ma non si fatica a vedere l’attualità del
messaggio che trasmette che pone sulla scena una giovane donna coraggiosa,
piena di idee e senza timore di esprimerle. E si riesce a introdurre in modo realistico
un femminismo ante litteram, parlando di educazione delle donne - un gruppo di mamme, ad esempio, invita
Marilla a unirsi a loro perché sono convinte che anche per le femmine sia
necessaria un’istruzione e come una novità viene proprio pronunciata la parola “femminismo”
- e di ruolo sociale da scegliere: non solo mogli, ma con varie opzioni a
seconda delle proprie capacità e desideri. Si è anche stati molto scaltri a presentare
un personaggio lesbico, l’anziana zia di Diana che ha appena perso la compagna
di una vita, senza definirlo tale, in consonanza con l’epoca. Noi al giorno d’oggi
capiamo, ed è sufficiente.
Proprio una serie
luminosa. Spiritualmente luminosa.
Sulla poetica sigla,
basata su quadri di Brad Kunkle, che rappresentano il passaggio delle stagioni
e l’evoluzione di Anne, ed incorporano vari elementi simbolici (il passero
senza occhi, i rami di legno con incise frasi dal libro da cui è tratta la
serie, la volpe, il gufo, il colibrì…), si legga qui.
Nessun commento:
Posta un commento