È
stata un’inaspettata bella sorpresa Harlots
(Meretrici), la serie di ITV Encore / Hulu ambientata nel 1763,
nell’Inghilterra georgiana che vedeva gli uomini imparruccarsi e imbellettarsi
come e più delle donne, e basata sul libro del 2005 The Covent Garden Ladies della storica Hallie Rubenhold, che analizza
la guida alle prostitute di Londra conosciuta come “Harris’s List”, pubblicata
fra il 1757 e il 1759. La serie esordisce proprio scrivendo in apertura un
fatto per noi sorprendente: un quinto delle donne dell’epoca lavoravano come
prostitute.
Mi aspettavo qualcosa
sulla scia di Maison Close (ne ho
parlato qui), E invece Moira Buffini ed Alison Newman sono
riuscite a stupire con un programma vibrante, esplicitamente più ispirato a The Wire, The Sopranos e Braking Bad
che ai drammi in costume: hanno preso a modello quei titoli “e altri drama sulla società contemporanea, e sul
crimine e i fuorilegge nella società contemporanea. Abbiamo pensato che quello
era ciò che le nostre donne sono. Sono fuorilegge”. (Bustle)
Margaret Wells (Samantha
Morton) e Lydia Quigley (Lesley Manville) sono a capo di due bordelli rivali.
La prima, che gestisce quello più modesto ed è stata in precedenza alle
dipendenze della seconda, ha due figlie: la più grande, Charlotte (Jessica
Brown Findlay, la Lady Sybil di Downton Abbey), è diventa l’amante fissa
di sir George Howard, follemente invaghito di lei e pronto a soddisfare ogni
suo capriccio a patto che lei non si conceda ad altri; la più giovane, Lucy
(Eloise Smyth) è ancora vergine quando la conosciamo, e anche quando viene
avviata alla carriera non dimostra alcun talento per la professione. Margaret
vive con uno dei rari uomini neri nati liberi, William (Danny Sapani). Lydia ha
un bordello d’alta classe, che gestisce con il vago aiuto del figlio, Charles
(Douggie McMeekin), in realtà spesso più un ostacolo che altro, che perde
presto la testa per Emily Lacey (Holli Dempsey), che diserta Margaret andando
da lei in cerca di migliori prospettive. Lydia cerca di fare di tutto per
mettere i bastoni fra le ruote di Margaret, compreso cercare di aizzarle
contro una donna cieca e molto religiosa, Florence Scanwell (Dorothy Atkinson), che si sgola contro i peccati di queste
donne, che ha una figlia, Amelia (Jordon
Stevens), che si prende cura di lei ed è un’anima buona che presto comincia a
provare attrazione per una delle cortigiane.
La novità qui non è solo
che si trattano i personaggi come scaltre imprenditrici, ma anche che, forse
complice il fatto che è una della rare produzioni completamente scritta e
girata da persone di sesso femminile, pure sullo schermo le donne non sono
manipolate dagli uomini e oggetto del famigerato male gaze (lo sguardo maschile). Il punto di vista è proprio quello
delle “puttane”.
Uno dei temi fondanti è
quello del denaro e del pericolo che comporta non avere libertà economica. Charlotte
amaramente ritiene che la lezione fondamentale che la madre le ha insegnato sia
che “Il denaro è il solo potere di una donna a questo mondo” (1.08) Un altro è
quello del diritto che ciascuna donna ha al proprio corpo, e questo è
affrontato attraverso numerosi personaggi (Charlotte, Lucy, Emily). La serie
non si tira indietro da chiamare uno stupro come tale (tanto che viene da
chiedersi anche se sia realistico per l’epoca). E una delle storyline migliori
è quella di Lucy. Troppo spesso si vede l’ingenua di turno che, brutalizzata dalla
situazione che deve vivere, diventa scaltra e più brava delle altre nelle sue
acrobazie sotto le lenzuola. Non qui. Lucy vive come un’aggressione il sesso
per cui non è pronta e continua a vivere con disagio e difficoltà successivi
incontri, e rimane terribilmente imbranata e inadeguata nel lavoro che le viene
richiesto. Il rapporto madre/prole, il perbenismo, la connivenza fra potere e criminalità,
l’attrazione, il ruolo sociale, l’amicizia, abolizionismo, l’industria del
sesso, ambizione, potere…i temi che si intrecciano sono molti e le osservazioni rilevanti ora come allora.
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