Riprende da dove ha
lasciato la seconda stagione di Counterpart
(Starz) la serie spionistico-fantascientifica (ne ho parlato qui)
che vede due mondi che sono uno la copia dell’altro, il mondo Alpha e quello
Prime, in comunicazione fra loro attraverso intricate relazioni diplomatiche. C’è
forse stata più azione in questo arco,
ma il tono è rimasto quello di prima, cogitabondo e greve,
apparentemente lento, sebbene accada molto.
In questa stagione
assistiamo alla “origin story” della creazione dei due mondi, nella puntata
“Twin Cities” (2.06), scritta dall’ideatore Justin Marks qui anche al suo debutto
come regista. L’episodio si apre significativamente nella Berlino Est del 1987 (quindi prima della
caduta del muro che divide le due città “gemelle”, a cui fanno eco quelle della
fantasia della serie), quando per un errore tecnologico, a cui assiste Yanek
(James Cromwell), si creano due mondi che sono l’uno lo specchio dell’altro, e
a questo punto, dopo una parte involontaria, ne segue una volontaria.
ATTENZIONE SPOILER. I
due Yanek decidono di coinvolgere il proprio staff e portare avanti un
esperimento, da scienziati quali sono. Un gesto banalissimo - uno dei due
decide di acquistare una cassetta musicale alla figlia, l’altro no – diventa
esiziale. Questo infatti porterà delle conseguenze enormi nelle loro vite. In
una versione il figlio muore (la sorella, che sta ascoltando musica con gli
auricolari, non si accorge di quello che gli sta capitando), nell’altra no (la
sorella, che sta non sta ascoltando musica, si accorge e lo salvano).
E da questo evento più
stravolgente si instaura una terza fase, che nasce dal raffronto della propria
vita con quella dell’altro: insieme al dolore nasce l’invidia e il risentimento
e diventano Caino e Abele, e tradiscono se stessi e i principi dell’esperimento.
In quella che è una delle migliori puntate della stagione ci si interroga sulla
natura umana e su quello che è un tema portante, ovvero sul modo in cui le circostanze
ci rendono chi siamo.
Dice bene poi Scott
Tobias su Vulture quando afferma
che lo show “rende metafisica la lotta umana”, nel momento in cui le persone
non sono solo in conflitto gli uni con gli altri, ma con se stessi e le proprie
contraddizioni. E Counterpart è
esplicito esso stesso, per bocca dei propri personaggi, nel rivelare come
l’allotropia del reale porta una crisi esistenziale perché mette ciascun
“allotropo umano” di fronte all’interrogativo se il suo doppio sia migliore o
peggiore di sé, se abbia fatto delle scelte più o meno sagge: è meglio l’Howard
Silk (J.K. Simmons) che vede il mondo con chiarezza e distacco, che affronta la
moglie Emily (Olivia Williams) quando vede che lei gli mente con la successiva
dissoluzione del proprio matrimonio, o è meglio quello che guarda gli eventi
con empatia, e sceglie di non chiedere spiegazione alla moglie per i propri comportamenti
e costruisce un rapporto con lei che non è di totale condivisione come potrebbe
essere? In “In from the cold”, scritta da Erin Levy (2.08), che vede le due
coppie scambiate, si medita con grande pregnanza su questi temi e in fondo
anche sulla loro labilità. E sull’amore, in che cosa consista. Le due Emily
sono molto critiche l’una dell’altra, ma allo stesso tempo riescono ad
apprezzare i reciproci pregi. Ci piaceremmo se ci incontrassimo? Con il
personaggio di Claude Lambert (Guy Burnet), ambasciatore del mondo Prime in
quello Alpha, in “Something Borrowed” (2.03) si porta a tutto in nuovo livello
il termine “onanismo”.
Ciascuno viene messo
sotto i riflettori perché non può non interrogarsi su quali siano gli elementi che
fanno la differenza nella propria vita, se la realtà tutta non andrebbe in modo
diverso se noi stessi fossimo in primo luogo diversi, anche nelle piccole
scelte. Il doppelgänger di Peter Quayle (Harry Lloyd), un personaggio dominato
dalla paura, che nella versione copiata si trova in una sorta di carcere
costruito appositamente per rinchiudere personaggi di rilievo nell’altra parte di
cui si vogliono conoscere dettagli del passato, a un certo punto si chiede proprio se
sia lui a essere l’elemento che cambia la realtà (2.05). Ha importanza la
nostra vita? Che significato e peso hanno le nostre scelte, quello che facciano
e diciamo?
La crisi di Clare (Nazanin
Boniadi) in questo è particolarmente significativa: mette in dubbio il fatto di
essere lei l’eroina della vicenda. Se siamo gli uni lo specchio degli altri, se
vediamo la comune umanità, non ci sono noi e loro, questa è solo un’illusione:
loro sono noi e noi siamo loro, solo in circostanze diverse. Il personaggio
della donna, reclutata da piccolissima dalla scuola Indigo per venire nel
mondo Alpha come cellula dormiente, “Shadow” (Ombra), come viene chiamata, vede
crollare le proprie certezze e la propria identità nel rendersi conto che
probabilmente è vedo che è stata indottrinata. E di essere una fanatica, suo malgrado.
Ci sono echi di The Americans nel
riflettere sulla bontà della causa per cui si combatte, e la metafora della
divisione fra Germania Est e Ovest non è mai stata così forte come in questo
momento. La creazione di un virus contro l’altra parte e la mentalità del “se
lo pensiamo noi, lo pensano anche loro” è l’allegoria per la corsa agli
armamenti. Il rischio di una guerra batteriologica all’interno della diegesi
non può non far riflettere anche sulle politiche di relazioni internazionali contemporanee.
La via per la sopravvivenza, si ipotizza, non è quella di sradicare, ma
accettare l’altro noi.
Parentesi: ditemi che
non sono la sola ad aver pensato spesso, durate la visione, alle vicende personali
della Boniadi, che interpreta Clare - era stata “reclutata” da Scientology per
essere la compagna di Tom Cruise.
Oltre a scoprire come è
nato tutto e perché, in questa stagione si dà anche un volto per la prima vota
a coloro che tirano le fila di tutto. “Management”, i manager delle relazioni
fra i due mondi. Fino a questo momento erano una forza distante, invisibile,
potente, entità simili a dei nella arbitrarietà e imponderabilità delle proprie
decisioni. Nel dare loro il volto di quei primi scienziati, si riesce ad
umanizzarli, nel bene e nel male, a vedere le loro buone intenzioni, forse
anche la loro hubris iniziale, ma
sicuramente anche la loro buona fede.
Counterpart non è stata rinnovata per una terza stagione e ha
concluso la proprie vicende in modo forse scontato, forse inevitabile, ma
appagante nella misura in cui non lascia conti in sospeso, ma chiude la porta
che ha aperto.