È stato
un’ode alla gentilezza e un elogio alla mitezza “Counterpart”, il
thriller-spionistico-fantascientifico di Starz di cui è già prevista una
seconda stagione (dal 9 dicembre negli USA). Il ritmo di questa
creazione di Justin Marks è lento: è un po’ Rubicon,
la serie che ricorda di più stilisticamente, un po’ The Americans, con una spruzzata di Kieslowski, di Mr Robot (ma con più tenerezza), di 12 Monkeys (dove la variabile in gioco è
il luogo invece del tempo), di Wayward
Pines…
Howard Silk (uno
spettacoloso JK Simmons, vincitore di un Oscar per Whiplash, che merita di essere nominato all’Emmy alla prossima
occasione) è un funzionario di basso grado che da una vita lavora presso una
agenzia delle Nazioni Unite di base a Berlino, l’Ufficio di Interscambio,
ignaro di quello che è lo scopo del suo lavoro. Presto viene a scoprire che,
nel 1987, un gruppo di scienziati ha accidentalmente creato un mondo parallelo.
A partire da quella data, la realtà si è copiata in un doppione che sta ora
progressivamente divergendo, e c’è un passaggio che permette alle due realtà di
comunicare, e i rapporti fra le due parti sono segretamente gestite da autorità
diplomatiche a questo preposte. ATTENZIONE, SPOILER DI TRAMA NEL RESTO DI QUESTO
PARAGRAFO. L’altra parte (il mondo Prime), decimata da una letale influenza, ne
dà la colpa alla parte matrice (il mondo Alfa), e intende preparare attacchi
terroristici per ritorsione. E una scuola segreta addestra fin da piccoli i
bambini a diventare come i loro alter ego, per poi mandarli a rimpiazzarli in
qualità di spie. Howard è un uomo dolce e pacato che si reca tutti i giorni in
ospedale a far visita alla moglie Emily (Olivia Williams), in coma,
profondamente innamorato di lei. Presto incontrerà il suo corrispondente, che
al contrario di lui è tosto e ha fatto carriera, e, nonostante le resistenze del
direttore della strategia, Peter Quayle (Harry Lloyd), viene coinvolto nei
progetti del suo doppio, del suo “counterpart”, e si scoprirà altro della
moglie, che un’assassina, Baldwin (l’italiana Sara Serraiocco, Francesco) è stata mandata ad uccidere. Lo
stesso Peter scoprirà che la propria moglie, Clare (Nazanin Boniadi), non è chi
lui credeva di essere.
Che l’ambientazione sia
Berlino, un tempo divisa in due realtà diverse da un muro, non è casuale, ovviamente:
identità e doppio sono in primo piano, l’allegoria della Guerra Fredda è esplicita.
Il tono è vagamente filosofico, esistenzialista, di riflessione su che cosa ci
renda noi stessi e quanto le scelte che facciamo ci modellino, su quanto l’ambiente
in cui viviamo condizioni quello che diventiamo, sull’importanza di vivere per
se stessi e non a imitazione di altri, sulla sostanza verso l’apparenza, su
quali valori rendano una persona degna di ammirazione, sull’opacità dei
rapporti umani, sull’amore… e lo fa con
delicatezza, e con una modulazione apparentemente minima, dimessa, ma che
assorbe completamente l’attenzione dello spettatore. Il colore dominante si
direbbe il grigio.
Le due realtà, e in
particolare Howard, sono in un certo senso uno specchio distorto l’una dell’altra
e paradossalmente è proprio in questa distorsione che è possibile vedersi
meglio: esaminare se stessi e immaginare un’alternativa a quello che si è. Questo
è ciò che affascina gli autori in primo luogo ed il loro oggetto di interesse
principale. È la realtà psicologica il fulcro della narrazione, più che
non l’azione, ridotta all’essenziale.
Forse non per il palato
di tutti, ma una delle migliori serie del 2018. Ideale per il binge-watching.
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